Tecnologia, migranti, Cina, virus: Biden è come Trump, ma non si può dire

Protezionismo tecnologico, stop all'immigrazione, scontro commerciale e ideologico con Pechino e virus creato in laboratorio: si scrive Joe, si legge Donald

di Lorenzo Lamperti
Esteri
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Un maxi piano dell'innovazione per contenere la Cina e promuovere l'autarchia tecnologica. "Non venite, non venite" rivolto agli aspiranti migranti dell'America centrale. L'indagine e le nuove (per ora solo presunte) prove sul coronavirus che ha causato la pandemia da Covid-19 creato in laboratorio. Chi fosse stato su un altro pianeta negli ultimi otto mesi, leggendo queste azioni in riferimento al presidente degli Stati Uniti, darebbe per scontato che a vincere le elezioni dello scorso 3 novembre sia stato Donald Trump.

Biden resta anti cinese, come e più di Trump

E invece no. Quel mix di protezionismo, chiusura all'immigrazione, ideologia anti cinese e complottismo sull'origine del virus deriva da Joe Biden. Proprio lui, il candidato e poi presidente democratico presentato da molti come l'alfiere della vera America e fautore del suo ritorno alla "civiltà" dopo gli anni "into the wild" di Trump e del suo "America first". 

Nulla di tutto questo. Biden sta seguendo la linea Trump su diversi dossier, escluso quello legato all'Iran. E, certo, ha cambiato i modi di porsi nei confronti di alleati e partner. Il neo presidente ha mostrato la volontà di essere più inclusivo nei confronti di Unione europea e partner asiatici, a partire dal Giappone e dalla Corea del sud, in ottica anti cinese. 

Biden revoca i decreti di Trump su TikTok e WeChat, ma solo per un intervento più ampio

Non tragga in inganno l'ultima mossa, vale a dire la revoca dei decreti presidenziali di Trump contro TikTok e WeChat. L'intenzione di Biden non è quella di accendere il semaforo verde alle app cinesi, bensì di approntare un intervento più ampio e strutturato. Tanto è vero che la decisione della Casa Bianca è accompagnata dalla richiesta al dipartimento del Commercio di valutare le app collegate a "un paese avversario e di "agire in modo appropriato". La valutazione sarà necessaria su tutte le app "che sono sviluppate, prodotte o fornite, di proprietà, controllate o soggette alla giurisdizione di un avversario, compresa la Repubblica popolare cinese, che possano presentare un rischio eccessivo o inappropriato per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e degli americani". I decreti di Trump contro TikTok e WeChat erano peraltro stati già bloccati in tribunale. Quindi piuttosto che un passo indietro quello di Biden è un cambio di gioco per avere un intervento più strutturato.

Il maxi piano bipartisan sulla tecnologia: protezionismo anti cinese

Ma, nei fatti, gli obiettivi di Biden restano gli stessi di quelli di Trump. Partiamo dal lato commerciale, e in particolare tecnologico. La Casa Bianca democratica ha seguito in pieno quanto fatto dala Casa Bianca repubblicana. L'obiettivo è rafforzare la competitività interna e implementare catene di approvvigionamento che possano fare a meno della Cina. E' qui il vero terreno del cosiddetto decoupling, il celeberrimo disaccoppiamento delle economie globali di difficile, se non impossibile, realizzazione tout court vista la profonda interdipendenza della Cina con il resto delle economie mondiali.

In questo senso va letta la novità della scorsa notte, quando il Senato Usa ha votato un disegno di legge che prevede investimenti per quasi 250 miliardi di dollari nel settore della scienza e tecnologia. Si tratta di un testo che è stato presentato come "storico" e, soprattutto, si tratta di una misura bipartisan, condivisa da maggioranza e opposizione. Vengono stanziati circa 190 miliardi di dollari per il rafforzamento della tecnologia e della ricerca made in Usa e prevede separatamente l'approvazione di una spesa di circa 50 miliardi di dollari per aumentare la produzione e la ricerca degli Stati Uniti in semiconduttori e apparecchiature per le telecomunicazioni, che ora sono principalmente prodotti in Asia. 

L'obiettivo, ovviamente, è sempre quello: contenere la cosiddetta "minaccia cinese", con Pechino che negli scorsi anni ha accumulato un importante vantaggio competitivo in alcuni settori tecnologici o comunque legati all'innovazione, come quello delle auto elettriche o a guida autonoma. Semiconduttori, intelligenza artificiale e scienza quantistica, così come il futuro sviluppo della rete 6G, sono tutti settori nei quali Washington non intende lasciare la leadership a Pechino, ormai indissolubilmente un rivale sia con Biden sia con Trump.

Biden rilancia l'ipotesi del virus creato in laboratorio. Ma non è più complottismo

Nessun rilassamento dell'approccio trumpiano dunque in riferimento ai rapporti con la Cina. Anzi, Biden insiste sulle alleanze internazionali e i forum di dialogo come il Quad (che riunisce Usa, Giappone, India e Australia) cercando di trasformarle in piattaforme di cooperazione digitale, tecnologica e militare, con l'obiettivo di aumentare la forza deterrente nei confronti di Pechino. 

Vero che Biden non chiama il coronavirus "Chinese virus" come faceva Trump, ma dietro lo schermo del politically correct si muove nei fatti nella stessa maniera. La differenza è la percezione e la narrazione che si fa delle sue azioni. Mentre l'ipotesi del virus fuoriuscito dal laboratorio di Wuhan veniva bollata come "teoria del complotto" quando a esporla erano Trump e Pompeo, ora improvvisamente che anche Fauci non la esclude più acquisisce una certa validità e diventa una pista degna e anzi necessaria da approfondire con indagini serie e indipendenti. 

Biden e Harris ai migranti: "Non venite"

Persino sull'immigrazione i cambiamenti da Trump a Biden sono stati inferiori alle attese. Eppure, l'inizio era stato nel segno della discontinuità, con l'abolizione del muslim ban, l'innalzamento della soglia di profughi legali a 65 mila annui, il blocco alla costruzione del muro al confine con il Messico. Ma questo non significa che Biden abbia spalancato le porte ai migranti dell'America centrale. Anzi. E nei fatti solo poche decine degli oltre cinquemila bambini separati ai loro genitori dopo l'ingresso negli Usa sono stati riuniti alle famiglie. Poco.

Dimostrazione plastica di ciò la visita della vicepresidente Kamala Harris in America Centrale. Durante il suo primo viaggio all'estero, Harris ha esortato i migranti del Guatemala e degli altri paesi dell'area a non cercare di entrare illegalmente negli Stati Uniti. "Voglio sottolineare che l’obiettivo del nostro lavoro è aiutare i guatemaltechi a trovare la speranza a casa" ha detto Harris dal Guatemala. "Allo stesso tempo, voglio essere chiara con le persone in questa regione che stanno pensando di fare quel pericoloso viaggio: Non venite, non venite. Gli Stati Uniti continueranno a far rispettare le leggi e a proteggere i nostri confini. Se verrete al nostro confine, verrete rimandati indietro".

Posizioni simili a quelle già espresse da Biden qualche mese fa, quando il presidente aveva detto in un'intervista: "Non venite, non lasciate la vostra casa o comunità". Posizioni criticate all'interno dello stesso Partito democratico, in particolare dall'ala sinistra rappresentata da Alexandria Ocasio-Cortez, che considera le posizioni sui migranti di Biden e Harris semplicemente una versione più morbida di quella estrema di Trump. 

Insomma, Biden si sta muovendo sul solco di Trump. Con modi diversi, certo, ma nei fatti resta spesso e volentieri sulla stessa linea. Quello che cambia, talvolta, è il modo in cui le sue azioni vengono raccontate.