L'importanza sempre crescente del turismo enogastronomico in Italia
Tra i segreti del successo del nostro paese c'è di sicuro la cucina che vuole cambiare, senza tradire la tradizione
Tra i segreti del successo del turismo italiano, comprovato dai dati record del 2024 diffusi dall'Istat con i 458 milioni di turisti, c'è anche l'enogastronomia dove, certo, la tradizione la fa da padrone ma questo non significa che all'interno di questo mondo non ci siamo cambiamenti e riflessioni in corso.
Che il mondo intero sia in evoluzione è sotto gli occhi di tutti e con esso lo è certamente anche il comparto enogastronomico e quello dell’hospitality. L’Italia in quanto a cibo rimane tra i leader per proposta, qualità. Semplicemente per storia e tradizione nonostante l’insorgere di tante difficoltà e qualche timore. Ci sono sfide economiche, ambientali e culturali da vincere, magari con l’innovazione, andando oltre le ricette. Ci sono i giovani ai quali dovremmo provare a garantire un futuro sostenibile anche solo a livello mentale oltre che economico. E poi ci sono i numeri. Il “Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano” curato da Roberta Garibaldi, docente all’Università di Bergamo e presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico parla chiaro: “C’è una specifica categoria che continua a crescere e lo fa a doppia cifra: si tratta del turismo enogastronomico”. I dati certificano che si è consolidato il legame tra gli italiani e il viaggio alla ricerca di cibo, vino, olio e tutte le altre tipicità agroalimentari del territorio italiano. Ma quanto vale il turismo enogastronomico? L’impatto economico e sociale è significativo, contribuendo a oltre 40 miliardi di euro all’economia italiana nel 2023 – di cui 9,2 diretti, 17,2 indiretti e 13,7 di indotto –, con un rapporto benefici/costi pari a 6,9, confermandosi importante per l’economia italiana, con un forte potenziale di crescita. Sono numeri importanti che meritano di essere in qualche modo approfonditi.
Abbiamo raccolto le testimonianze di Claudio Ceroni e Paolo Marchi, ideatori del Congresso che più di qualsiasi altro appuntamento è stato in grado di restituire una cartina tornasole dettagliata di dove sta andando il mondo della ristorazione e dell’ospitalità, oggi, in Italia.
CLAUDIO CERONI, FONDATORE DI IDENTITÀ GOLOSE E PRESIDENTE MAGENTABUREAU
L’edizione 2025 del Congresso ha evidenziato la necessità di adattarsi a scenari in mutamento. In che direzione sta andando il mondo della ristorazione e dell’ospitalità?
"Descrivere il futuro della ristorazione è la missione di Identità Golose ma parlare di evoluzione della cucina in Italia e nel mondo non significa più parlare di ricette. Vuol dire considerare i nuovi format della ristorazione, le realtà ristorative all'interno dell'hospitality, vedere come il mondo della mixology e quello della cucina si intrecciano. Anche la definizione di finedining credo sia non, come dicono in tanti, in crisi ma in evoluzione: molti chef dell'alta ristorazione alimentano una filiera anziché limitarsi a gestire un ristorante gastronomico, oppure danno il loro contributo con consulenze importanti nell'hospitality.
Il panorama attuale è complesso ma anche molto interessante. Non è un caso che sotto i riflettori al Congresso sia finito un grande gruppo mondiale come quello creato dalla fusione tra Autogrill e Youfree, chiamato Volta, che rappresenta una fucina di nuovi progetti negli hub aeroportuali. Hanno riconosciuto come loro interlocutori molti protagonisti della cucina stellata o d'autore a livello globale, questo è un dato significativo".
Parliamo di sfide economiche, ambientali e culturali. Come tenere testa a tutto?
"Con l'innovazione, non c'è altra via d'uscita valida per la gastronomia ma è un approccio che vale anche per tanti altri ambiti. Ci sono settori che sono entrati in crisi come mai prima d’ora; pensate alle difficoltà del settore automobilistico o del lusso. In ognuno di questi mondi ci si sente obbligati ad innovare sia per affrontare difficoltà legate ai costi, sia perché si è capito che limitarsi ad aumentare i prezzi non ha portato risultati positivi. Poi c'è la tematica dei giovani e delle loro condizioni di lavoro: le loro aspettative sono cambiate enormemente dopo gli anni del Covid, portando a cambiamenti significativi nella mentalità e nelle strutture organizzative".
Un'altra riflessione riguarda le nuove dinamiche nel mondo dell'accoglienza; sembra essere diventato strategico nel settore alberghiero il comparto food and beverage.
"Negli ultimi anni, 5 non di più, abbiamo assistito ad una clamorosa affermazione dell'importanza degli elementi gastronomici nei luxury hotel. Avere un'offerta gastronomica articolata diventa fondamentale poiché genera fatturati significativi. Non basta più avere un semplice ristorante gastronomico, è essenziale offrire esperienze culinarie. Studi recenti mostrano che tra il 20-30% dei ricavi degli hotel di lusso proviene proprio dal comparto F&B".
Sembra però ancora difficile convincere l’italianoad andare a cena in un hotel.
"A Milano questa tendenza sta cambiando drasticamente: esempi come il Ristorante 10_11 all’interno del Portrait dei Ferragamo dimostrano successi clamorosi senza flessioni né crisi con 300-400 coperti al giorno. Sono tanti gli alberghi che sono al centro dell'interesse cittadino, il Park Hyatt con Paternollo, per non parlare di Antonio Guida al Mandarin, che credo sia stata un po' una tappa fissa per molti milanesi".
Mi ha fatto un assist, per la prossima domanda. Come sta Milano? Le parole di alcuni cuochi (Felix Lo Basso, ndr) non hanno restituito una bella immagine del capoluogo lombardo
"Una singola rondine non ha mai fatto primavera. Dopodiché la vita è dura per tutti, non solo a Milano, città che ha conosciuto l'esplosione del 2023 dovuta al turismo e dopo il Covid ha faticato. Nel 2024 la storia è stata diversa e nel 2025 sono sopraggiunte tante incognite. Guerra e inflazione hanno toccato duro e la gente sta diventando più attenta quando esce, a come spende i suoi soldi. Milano rimane quello che è sempre stato: se fai un lavoro duro, onesto e di qualità alla fine ti premia. Le scorciatoie qui non funzionano per nessuno".
Una risposta simile l’ho ricevuta da Carlo Cracco giorni fa...
"Mi fa molto piacere. Ricordo prima del Covid, era il 2018, le uniche due realtà ad aver fatto investimenti davvero seri – anche rischiosi, oggi lo possiamo dire – furono la nostra e la sua. Quanti altri hanno aperto solo bistrò o ristoranti cercando l'incasso in una Milano che sembrava poter premiare qualsiasi cosa? Molti si sono avventurati, a sproposito, nelle food court dei centri commerciali senza considerare il rispetto necessario verso il settore. Quando vedi grandissimi nomi pluristellati, faccio eccezione solo per la Locanda Perbellini, arrivare a Milano con ristorazioni facili fatte solo per incassare ti girano le scatole".
Turismo responsabile. Riusciremo a salvare città come Venezia dall’overtourism?
"Non ci sono formule magiche; è un lavoro complicato perché spesso i residenti vedono solo gli inconvenienti della vita quotidiana senza rendersi conto della fortuna di vivere in determinati luoghi. Oggi sicuramente il problema dell’overtourism è reale ma fino a quando si sfrutteranno soltanto i numeri anziché puntare sulla qualità dell’offerta turistica si raccoglierà ciò che si semina. Venezia già viveva questa situazione, quando permetteva l’ingresso alle grandi navi con migliaia di turisti croceristi, figli di un tutto compreso, che sbarcavano in città senza spendere nulla nei negozi locali. Recentemente ho sentito interviste su Roma dove alcuni ristoratori lamentavano l'affluenza di turisti per il Giubileo. Purtroppo, questi arrivi di massa spaventano chi cerca esperienze autentiche nei territori. È simile alla dinamica vissuta durante le Olimpiadi parigine dove chi amava Parigi evitava di andarci in quel periodo. Penso al Carnevale di Venezia, saranno vent'anni che lo evito, credo sia uno dei modi peggiori per viverla".
PAOLO MARCHI, FONDATORE E CURATORE DI IDENTITÀ GOLOSE
Il Congresso quest’anno si è concentrato sul tema delle Identità Future. Come vede il futuro del comparto?
"Dipende. È un brutto momento, pesante, a livello economico internazionale. Però per chi lavora bene, chi ha sempre pagato le tasse ed è sempre stato in regola, parliamo di uno che “governa” un'azienda sana, le preoccupazioni sono legate “solo” al momento politico e sociale attuale. Se uno è sempre stato borderline o a rischio perché ha scelto scorciatoie o si è avvalso di dipendenti non in regola, la situazione diventa pericolosa per lui e per il suo futuro".
Come vede il nostro futuro?
"Pieno di incognite e in queste situazioni più uno è intelligente e accorto, meglio riesce a soddisfare le esigenze… anche dei dipendenti".
Come si innova senza perdere di vista la propria identità?
"Quando si parla tanto della tradizione significa che la gente ha la testa piena di pensieri e ha bisogno di rassicurazione, anche nei piatti. Oggi pensare di poter essere spensierati è quasi fuori dalla realtà. O sei un fuoriclasse assoluto, per cui vale la pena stare 3 ore a tavola oppure meglio puntare su una cucina semplice e buona che ti isola dai problemi di tutti i giorni. Abolirei le pinzette in cucina, come anche le foglioline, tutte cose che 10/15 anni fa erano bellissime".
E poi…
"E poi… la qualità degli ingredienti deve essere alta. In Valtellina mi aspetto di mangiare dei pizzoccheri con un gran formaggio, e un grano saraceno certificato, possibilmente italiano. Evitare poi concetti superati può aiutare ad affrontare meglio le sfide attuali nella ristorazione moderna. Spazio ai percorsi omakase in cui si lascia fare al cuoco, spesso anche il servizio. Oldani in questo fu un precursore, e ai suoi tempi non c’era mica la crisi di personale che stiamo vivendo oggi. Considerate l'importanza poi della trasparenza. Diffido sempre dei ristoranti con le cucine nascoste, in America o a Londra sono sotterranee e sei lì a chiederti cosa succeda là sotto. Vedere i cuochi lavorare, con la divisa pulita, può creare una connessione migliore tra cliente e ristorante. Infine, bisogna ricordarsi sempre che il cliente è un volontario, nel senso che nessuno lo obbliga ad andare in un ristorante piuttosto che in un altro. Ci va perché cerca qualcosa di specifico e ha fiducia nell'offerta proposta, ecco perché va rispettato".
La ristorazione come volano del business alberghiero. Un trend che passerà o ci si può ragionare in modo più profondo?
"Due anni fa, in occasione dell’uscita della Guida Michelin mi resi conto che tantissimi ristoranti stellati erano in strutture alberghiere. Li contai, erano circa 150, in pratica quasi un terzo. Gli italiani erano scettici riguardo ai ristoranti d'albergo perché sembravano sempre una scelta di ripiego, si pensava che la loro offerta culinaria fosse buona ma priva di emozioni vere. Adesso però le cose stanno cambiando e ci sono tante eccezioni come la Pergola di Heinz Beck, *** Stelle Michelin. Oggi gli alberghi permettono ai ristoranti di dedicarsi con impegno e passione alla cucina, anche perché il costo della gestione del ristorante viene assorbito dall'intera struttura dell'albergo".
Calano i consumi del vino per via del nuovo codice della strada. È solo uno spauracchio?
Facciamo un passo indietro per vedere il quadro nella sua interezza. Negli ultimi dieci anni abbiamo visto emergere valide alternative al vino tradizionale come la kombucha e le estrazioni di frutta o verdura. Queste nuove opzioni hanno contribuito a diversificare l'offerta nei pasti; prima c'era solo vino, alcolico, mentre ora ci sono molte possibilità da abbinare al cibo, anche perchè l'aumento delle multe legate alla guida in stato d'ebbrezza sta realmente influenzando i consumi di vino. Tutto giusto per carità, mi infastidisce vedere il vino trattato come un nemico; gli eccessi non fanno bene in nessun caso ed è importante educare su un consumo consapevole piuttosto che demonizzare alcune bevande alcoliche. È fondamentale comprendere le problematiche psicologiche sottostanti senza stigmatizzare chi beve moderatamente durante le occasioni sociali".