Fukushima, tonno contaminato? Tutta la verità sul pesce che arriva in tavola

In Giappone assicurano che le acque radioattive rilasciate in mare non rappresentano un pericolo, ma c'è un modo per sapere se quello che mangiamo viene da lì

di Redazione Food
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Fukushima, tonno contaminato? Cosa bisogna sapere sul pesce che arriva dal Giappone

Il 23 agosto scorso è cominciato in Giappone il rilascio controllato in mare dell’acqua di raffreddamento dello stabilimento nucleare di Fukushima. Così è cominciato in tutto il mondo, Europa e Italia comprese, l'allarme per le possibili conseguenze sull’ecosistema marino e in particolare sul pesce e i crostacei che arriveranno nei nostri supermercati. Il pensiero dei consumatori va immediatamente al pesce che in quelle acque vive e in particolare ai tonni che finiscono nelle scatolette di consumo quotidiano.

Ciononostante il governo giapponese ha comunicato sin da subito la non pericolosità del liquido, che non comporterebbe rischi nè per l'ambiente nè per la salute umana. In Italia, anche lodice Alessandro Dodaro, direttore del Dipartimento Fusione e Tecnologie per la Sicurezza Nucleare dell'Enea, condivide la posizione già espressa all'unanimità dalla comunità scientifica internazionale, nonchè dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica. Ma vediamo di capire meglio. 

Secondo quanto riporta una ricerca del Gambero Rosso, attualmente l’Europa non è tra i mercati di riferimento per i prodotti ittici giapponesi le cui specie più esportate sono lo sgombro e i molluschi destinati ad altri paesi asiatici. Quando si parla di Giappone quasi immediatamente viene in mente il tonno, o meglio il tonno rosso, la specie per loro più pregiata della famiglia sgombridae. Questa specie vive anche nel nostro mare e anche per noi italiani ed europei è considerata la specie di tonno di maggior valore. Al momento il tonno rosso rientra tra i primi 10 principali prodotti ittici di allevamento in Europa per valore e per volumi grazie a tre paesi europei protagonisti: Croazia, Malta e Spagna rispettivamente per il 57% della produzione fornita da Malta, il 30% dalla Spagna con e il 13% dalla Croazia.

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Per quanto riguarda il tonno in scatola, ossia le conserve di tonno, anche questo può comprendere varie specie della famiglia scombridae. In questo caso per legge non è obbligatorio indicare né la specie specifica e neppure l’origine del pesce anche se la maggioranza dei produttori lo fa. Da questo punto di vista, sulle etichette di pesce venduto nella grande distribuzione non esiste un numero che identifica la zona di Fukushima, tuttavia la zona oceanica giapponese è contrassegnata dal numero 61.

Per il mercato delle conserve nel nostro Paese non è il tonno rosso il protagonista. In Italia consumiamo prevalentemente conserve della specie tonno a pinne gialle. Quest’ultimo non vive nel Mar Mediterraneo, per cui viene prevalentemente catturato e sbarcato dalle flotte spagnole e francesi in località nei pressi delle zone di pesca di Ecuador, Cina, El Salvador, Guatemala, Seychelles, Papua Nuova Guinea, Costa d’Avorio e Ghana, dove subisce processi di lavorazione e trasformazione per poi essere reimportato nell’Ue sotto forma di prodotti preparati e conservati. L’Italia è il secondo produttore europeo di conserve di tonno dopo la Spagna: questo significa che si trasforma nel nostro Paese il tonno (in particolare tonno a pinne gialle) di importazione, ovvero che proviene da altri paesi.

E i ristoranti giapponesi in Italia? "Si approvvigionano sui mercati italiani", fanno sapere dall’Osservatorio di Italmercati, che riunisce tutti i principali mercati all’ingrosso del nostro Paese. Spulciando nella banca dati dell’associazione, non risulta alcuna importazione di pesce dal Giappone. Chi dunque compra pesce fresco può dormire sonni tranquilli: in Italia non troverà prodotto proveniente dalle aree dell’Oceano Pacifico.

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