ANBI: il turismo estivo è compromesso dalla crisi climatica

Vincenzi (ANBI): "Il futuro del turismo estivo è a rischio, schiacciato fra temperature spesso insopportabili e scarsa disponibilità di acqua"

di redazione corporate ​​​​​
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ANBI: Il futuro del turismo estivo è pregiudicato dalle temperature elevate e dalla scarsa disponibilità di acqua

Il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche registra temperature elevate e scarsa disponibilità di acqua in molte aree italiane e del Mediterraneo. La crisi climatica, quindi, pregiudica il futuro del turismo estivo.

Il nostro Paese”, afferma Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI, “è spaccato in due dal clima, tra rischio alluvionale al Nord e regioni drammaticamente assetate nel Centro-Sud. È una situazione, conseguenza dell’estremizzazione degli eventi atmosferici, cui bisogna rispondere con politiche di adattamento, aumentando la resilienza dei territori. In questo, un aiuto importante deve arrivare dall’innovazione: mercoledì prossimo, a Roma, presenteremo alcune sperimentazioni in atto con il mondo universitario e diventate casi di studio europei. È un nostro contributo alla cultura scientifica per la ricerca di una nuova normalità idrica, evitando di vivere in emergenza continua”.

L’anomala temperatura del mar Mediterraneo - 30°, 3 gradi sopra il consueto - eguaglia ormai quella del mar dei Caraibi con evidenti conseguenze sugli ecosistemi marini e sul clima di Europa, Medio Oriente e Nord Africa. L’emergenza climatica ha riflessi diretti sull’economia del Sud del Vecchio Continente e del Maghreb, dove un asset fondamentale come il turismo sta risentendo dell’estremizzazione meteorologica, ovvero ondate di calore, fenomeni violenti e mancanza d’acqua.

In Grecia, dove il fabbisogno idrico arriva d’estate ad aumentare di 100 volte, manca l’acqua sulle isole dello Ionio, del Dodecaneso e sulle Cicladi, dove lo sviluppo del turismo di massa ha messo in crisi le infrastrutture idrauliche dopo aver relegato l’agricoltura a piccoli orti familiari, cancellando, in molti casi, antichissime produzioni vitivinicole. Nell’Attica è piovuto meno della metà del consueto e le ondate di calore, con temperature superiori ai 40 gradi, si susseguono da oltre un mese con grave perdita di produzioni orticole, nonché di grano (-7,5% sulla media decennale).

In Turchia, a Istanbul, i serbatoi, che forniscono acqua a 15 milioni e mezzo di abitanti, trattengono meno del 29% di risorsa. La Tunisia, dopo 6 anni di siccità estrema, è diventata il quinto Paese più vulnerabile alla scarsità idrica nel mondo. In Marocco, la siccità è la causa principale del più alto aumento mai registrato nel tasso di disoccupazione: +0,8%. Ovviamente tra i settori più penalizzati c’è l’agricoltura (-206.000 posti di lavoro), seguita dal terziario (-63.000 posti).

L’Italia Meridionale, a cominciare dalla Sicilia, è sfiancata dalla mancanza di pioggia e dal caldo torrido, assistendo impotente al prosciugamento delle residue riserve idriche che, a meno di un’inversione drastica della tendenza meteorologica, non saranno sufficienti nemmeno a soddisfare i bisogni primari della popolazione locale. Nell’assetata isola, dove si cercano affannosamente nuove fonti di approvvigionamento idrico, scatterà nei prossimi giorni un piano di razionamento dell’acqua persino a Palermo, capoluogo della regione.

Gli invasi, in soli 24 giorni e nonostante restrizioni all’uso per centinaia di migliaia di abitanti, sono calati di ben 21 milioni di metri cubi d’acqua. Sei bacini su 29 sono a secco (nel serbatoio di Fanaco, la cui capacità è di ben 110 milioni di metri cubi, non c’è più acqua disponibile), altri 6 hanno meno di un milione di metri cubi d’acqua utilizzabile, in 4 la disponibilità è inferiore ai 2 milioni di metri cubi. Visto quanto accaduto nello scorso triennio, ancor più preoccupante sull’Isola come nel resto del Meridione è la prospettiva che il manifestarsi del clima autunnale avvenga in ritardo, con prolungamento della stagione calda e secca fino a ottobre inoltrato. Nel frattempo, la produzione di grano duro si è ridotta del 60% e quella di frumento dell’80%.

In Puglia, nella sola Capitanata, ogni settimana le riserve idriche calano di oltre 2 milioni di metri cubi d’acqua, tra quella utilizzata e quella evaporata; ne restano meno di 111 milioni, mentre lo scorso anno ve ne erano quasi 280 milioni.

Gli invasi della Basilicata trattengono attualmente 250 milioni di metri cubi d’acqua: in una settimana i volumi hanno subito una contrazione di 12 milioni (1,7 milioni al giorno), mentre lo scorso anno c’era l’83% di acqua in più. Nel Materano è stato chiesto lo stato di calamità. In Calabria, la diga del Menta trattiene meno del 47% dell’acqua invasabile; nel Crotonese, le sorgenti hanno avuto un calo del 46%.

In Abruzzo, esauritasi la disponibilità idrica dal bacino di Penne con le inevitabili ripercussioni sull’agricoltura del comprensorio, l’attenzione si sposta su altri territori: la valle Peligna da settimane è alle prese con turnazioni e interruzioni programmate nell’erogazione dell’acqua agricola per consentire la ricarica delle vasche d’accumulo, che faticano a riempirsi a causa delle esigue portate fluviali; la molisana diga di Chiauci, che serve però il Chietino, trattiene solamente il 46% dei volumi invasabili ed eroga 1000 litri d’acqua al secondo per i vari utilizzi (irriguo, potabile, industriale); i fiumi Sangro, Orta e Vomano hanno livelli idrometrici inferiori di circa 10 centimetri rispetto allo scorso anno.

In Campania, le dighe cilentane trattengono volumi idrici pari a 13,65 milioni di mc, circa il 50% in meno di acqua invasata rispetto a luglio 2023, mentre i fiumi registrano riduzioni di portata, evidenti soprattutto nel bacino del Garigliano.

Preoccupa la condizione di molti laghi dell’Italia centrale ed anche del principale bacino fluviale dell’Appennino Centrale. Nel Lazio, il lago di Bracciano si è abbassato di 21 centimetri in un anno; il livello del bacino lacustre di Nemi si sta ora riducendo di 1 centimetro al giorno, perdendo 57 cm in un anno e 163 cm in un triennio. A Roma, il fiume Tevere ha una portata quasi dimezzata (mc/s 76,70), rispetto al consueto; alla foce, i livelli idrometrici particolarmente bassi agevolano l’intrusione salina, che oggi risale per 10 chilometri dallo sbocco a mare con il rischio di compromettere l’utilizzo irriguo dell’acqua; in calo sono anche le portate di Aniene e Velino.

In Umbria, cresce la portata del fiume Topino, mentre si riduce ulteriormente l’altezza del lago Trasimeno (ora a -m.1,43), che si allontana sempre più dal livello minimo vitale (-m.1,20), nonché dai valori medi storici (-m.0,61). Le Marche possono contare ancora su abbondanti riserve idriche, stoccate nei bacini artificiali (mln. mc. 49,59), nonostante i livelli idrometrici dei fiumi marchigiani siano, in alcuni casi, inferiori a quelli dell’idrologicamente disastrosa annata 2021: è così per Potenza, Esino e Tronto. In Toscana, aumenta il flusso idrico nell’alveo del fiume Serchio, la cui portata supera attualmente quella media del periodo; portate sopra la media anche per Sieve ed Arno, mentre va male per l’Ombrone, che nel Grossetano ha portata inferiore al deflusso minimo vitale, fissato in mc/s 2.

In Sardegna, i serbatoi dell’Alto Cixerri sono al 13,59% dei volumi invasabili, mentre la quasi totalità degli altri bacini artificiali è ad un livello di allerta. È buono, invece, lo stato di salute degli invasi della Liguria, ancora ricchi d’acqua seppur con portate fluviali calanti ma, tranne che per la Magra, superiori alla media.

Nel resto del Nord Italia si registra una situazione di sovrabbondanza idrica. Infatti, si chiedono i danni per i nubifragi, che hanno compromesso i raccolti (ad esempio, nell’Alessandrino) e le previsioni meteo promettono ancora precipitazioni consistenti su Alpi e Prealpi.

I laghi settentrionali devono smaltire velocemente il surplus d’acqua in previsione di nuovi nubifragi, che potrebbero provocare non pochi problemi, così il Maggiore cala di 7 centimetri (riempimento: 102,3%), il Lario è al 78,8% e il Benaco al 95,7%; sale ancora il livello del bacino d’Iseo (riempimento: 97,9%) ormai a pochissimi centimetri dal massimo storico.

In Valle d’Aosta, è ancora molto abbondante la portata della Dora Baltea, che registra un surplus di quasi il 157% rispetto al consueto; anche il torrente Lys, grazie alla fusione nivale in quota, mantiene il ragguardevole flusso di mc/s 8 (negli anni scorsi, in questo periodo, si raggiungevano al massimo mc/s 3). In Piemonte, sopra la media sono le portate dei fiumi Tanaro, Toce, Stura di Lanzo e Stura di Demonte.

Il fiume Po si stabilizza dalla sorgente fino a Cremona, mantenendo portate fortemente superiori alla media (nell’Alessandrino +96%); avvicinandoci al delta, i flussi registrano un incremento fino ad arrivare a Pontelagoscuro a mc/s 2055,91, quando la media mensile indicherebbe invece mc/s 1140 (+80%).

In Lombardia, rispetto alla media dei 6 anni precedenti, il fiume Adda (portata attuale: mc/s. 527) ha una sovrabbondanza idrica pari al 105%. A differenza di quanto accade normalmente, il 2024 vede ancora, ad inizio luglio, abbondante neve in quota (indice Snow Water Equivalent: mln. mc. 601,6). Nel complesso, le riserve idriche regionali (mln. mc. 2780) segnano +55,3% sulla media storica.

Infine, nel Veneto, lo scioglimento della neve fa aumentare il flusso in alveo del fiume Adige, che ha raggiunto mc/s 592, quando la media sarebbe mc/s 268 (+121%); qui, come sui bacini di Brenta, Piave e Po, nel mese di giugno si sono registrati i massimi apporti da ben 30 anni.

Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI, commenta: “Gli eventi dimostrano che ormai anche il futuro del turismo estivo è a rischio, schiacciato fra temperature spesso insopportabili e la crescente insofferenza dei residenti, che si sentono minacciati anche nella disponibilità di un bene primario quale l’acqua. Ciò che è accaduto nell’iberica Catalogna, dove gli abitanti hanno già attuato azioni dimostrative e manifestazioni, è solo la punta di un malessere diffuso: quando la coperta è troppo corta, emergono prevedibili egoismi”.

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