ANBI: registrate temperature due gradi sopra la norma nel Mar Mediterraneo, allarme eventi estremi sulle coste

Vincenzi (ANBI): “Nell’analizzare la nuova situazione climatica va ricordato l’incremento della popolazione lungo le coste aumentando la fragilità dei territori”

di Redazione Corporate
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ANBI, 36 eventi estremi in tre giorni: il Mediterraneo sempre più caldo e l’esodo demografico sulle coste, mette a rischio le coste italiane

Tra il 13 e il 16 febbraio, lungo le coste italiane si sono verificati ben 36 eventi meteorologici estremi, tra nubifragi, tornado e grandinate. Questo scenario, segnalato dall'Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, evidenzia una realtà allarmante: il riscaldamento del Mar Mediterraneo, che ha registrato temperature fino a due gradi superiori alla norma, sta trasformandosi in un pericolo costante per le comunità costiere.

Uno degli episodi più critici si è verificato a Portoferraio, sull’isola d’Elba, dove in meno di quattro ore sono caduti oltre 120 millimetri di pioggia, con un picco di 65 millimetri in un’ora. Il nubifragio ha travolto il comune più popoloso dell’isola con un fiume di fango e detriti, mettendo a rischio la popolazione, colta alla sprovvista dalla rapidità e violenza dell’evento. Un fenomeno simile si è registrato in Abruzzo, dove le precipitazioni hanno provocato l’innalzamento dei livelli idrometrici dei fiumi Sinello e Alento, mentre il fiume Sangro ha subito un calo della portata. La costa meridionale è stata particolarmente colpita, con accumuli di pioggia impressionanti: 198 millimetri in nove ore e mezzo a Ortona e 144,3 millimetri in poco più di sei ore a Vasto.

In Campania, violenti tornado hanno colpito i comuni marittimi delle province di Napoli e Salerno, mentre il Salento e la Sicilia sud-orientale sono stati bersagliati da grandinate con chicchi fino a tre centimetri di diametro. Anche il Lazio e il Salernitano hanno sperimentato eventi simili, confermando un’intensificazione della crisi climatica. Oltre alle sfide climatiche, il fenomeno dell’abbandono delle aree interne aggrava ulteriormente la vulnerabilità delle coste.

Nell’analizzare la nuova situazione climatica, che va delineandosi sull’Italia, non va dimenticato il trend demografico, che vede incrementare la popolazione lungo le coste, aumentando la pressione antropica e contestualmente la fragilità dei territori", sottolinea Francesco Vincenzi, Presidente dell’ANBI.

È questa un’ulteriore valutazione che, accanto agli interventi per aumentare la resilienza delle aree litoranee, deve incentivare l’avvio di politiche per mantenere la presenza delle comunità nelle aree interne del Paese, il cui abbandono aumenta i rischi nei territori a valle, accompagnandosi all’estremizzazione degli eventi meteo” aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

Le intense piogge degli ultimi giorni hanno parzialmente migliorato la situazione idrica in alcune regioni, ma il deficit accumulato resta elevato. In Sicilia, ad esempio, nonostante l’afflusso di oltre 116 milioni di metri cubi d’acqua nei bacini, i livelli rimangono critici con gli invasi riempiti solo al 42% della loro capacità autorizzata. Una condizione simile si registra in Basilicata, dove il deficit idrico del 2024 è ancora significativo, con una carenza di oltre 45 milioni di metri cubi d’acqua.

Anche la Puglia e la Calabria continuano a soffrire di una grave siccità. In Campania, nonostante un lieve aumento delle disponibilità idriche, il gap accumulato a causa della siccità resta enorme, con volumi d’acqua trattenuti dalle dighe che non superano il 22,3% della capacità totale. Il problema si riflette sul settore agricolo, dove l’insufficienza delle risorse idriche minaccia coltivazioni e raccolti.

Situazioni simili si osservano in Campania, Molise, Sardegna e nel Lazio, dove i laghi vulcanici della provincia di Roma stanno lentamente recuperando, ma restano lontani dai livelli medi storici. In Umbria, il lago Trasimeno ha registrato un lieve aumento del livello dell’acqua, ma si trova ancora a -1,43 metri rispetto alla media stagionale.

Il quadro delle risorse idriche mostra forti disparità territoriali. Mentre i fiumi della Toscana, come l’Arno e il Sieve, registrano una crescita della portata grazie alle piogge, in Liguria le altezze idrometriche dei corsi d’acqua principali sono in calo. In Emilia-Romagna, il fiume Savio ha visto un’impennata del flusso, passando da 2,52 a 15,20 metri cubi al secondo, mentre il Reno soffre una riduzione del 71,7% rispetto alla media.

In Lombardia, nonostante l’aumento degli accumuli nevosi, le riserve idriche restano inferiori del 21,6% rispetto alla media, mentre in Piemonte il fiume Tanaro ha visto un calo dei flussi del 32% in una sola settimana. La Valle d’Aosta mantiene invece livelli stabili, ma con accumuli nevosi inferiori alle medie stagionali.

Il fiume Po, che solo due anni fa registrava una delle peggiori siccità della sua storia recente, ha ora una portata di 1.585,26 metri cubi al secondo, quasi il triplo rispetto ai 531,84 metri cubi registrati nello stesso periodo del 2023. Tuttavia, i flussi restano generalmente in calo e inferiori ai valori medi di febbraio.

Gli eventi estremi che hanno colpito l’Italia nei giorni scorsi rappresentano un chiaro segnale dell’urgenza di adottare strategie efficaci per contrastare la crisi climatica. L’aumento della frequenza e dell’intensità di questi fenomeni non solo mette a rischio le comunità costiere, ma rende evidente la necessità di politiche mirate a ridurre la vulnerabilità del territorio. La protezione delle aree interne, l’adattamento ai cambiamenti climatici e una gestione più efficiente delle risorse idriche diventano priorità imprescindibili per evitare scenari sempre più critici nei prossimi anni.

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