Osservatorio ANBI: crescono le preoccupazioni sui prossimi scenari idrici del Paese

Vincenzi (ANBI): "Le emergenze idro-climatiche e le richieste dello stato di calamità naturale stanno diventando una drammatica consuetudine"

di redazione
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Osservatorio ANBI: continua il racconto delle "due Italie" e aumentano le preoccupazioni per il futuro metereologico del Paese

Le tragedie lasciano tracce irreversibili nel cuore e nella mente delle persone, nei luoghi. Dopo una catastrofe nulla è più come prima”: a ricordarlo è stato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del trentesimo anniversario dell’alluvione, che colpì Alessandria ed altri comuni piemontesi.

I report settimanali dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche continuano intanto a raccontare due Italie: una è quella, che vede le Alpi imbiancate dalla neve, pur in un quadro di decrescita generalizzata nei livelli idrometrici di fiumi e laghi; l’altra è quella, che “muore dalla sete”.

Che siano per gli oltre 1600 nubifragi finora abbattutisi sulla Penisola dall’inizio dell’anno o per la siccità estrema, che dalla fine del 2023 affligge il Mezzogiorno annichilendo l’economia dei territori e pregiudicando la coesione sociale, ma le emergenze idro-climatiche e le richieste dello stato di calamità naturale stanno diventando una drammatica consuetudine”, commenta Francesco Vincenzi, Presidente ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e della Acque Irrigue).

Non sarà facile per il Sud uscire da questa emergenza, considerando che, quando è iniziata (Autunno 2023), le riserve idriche erano enormemente superiori alle attuali, consentendo, nonostante i rilevanti deficit pluviometrici, di dissetare la popolazione almeno fino a metà 2024. “Ora c’è da chiedersi: quanta acqua dovrebbe cadere dal cielo nelle prossime settimane per pareggiare i conti quantomeno con il 2023 e poi comunque ritrovarsi già a primavera ad affrontare una nuova emergenza idrica?”, aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

Il raffronto con l’anno scorso è impietoso: in Sardegna mancano oltre 210 milioni di metri cubi d’acqua; in Sicilia, dopo mesi di turnazioni, l’ammanco è di oltre 143 milioni; in Basilicata, il deficit idrico di oltre 153 milioni di metri cubi; nel Nord della Puglia si registra -mln. mc. 95 . “Dovrebbe essere superfluo ricordare, ma non lo è, il forte rischio idrogeologico, cui sono paradossalmente sottoposti i territori inariditi”, aggiunge Gargano.

Siamo orgogliosi delle prove offerte dal nostro sistema di Protezione Civile, non a caso preso ad esempio anche in altre nazioni. Ma il tema non può ridursi alla capacità, alla rapidità, all’efficacia dell’intervento durante le calamità. Bisogna guardare alla prevenzione dei rischi, con una visione di lungo periodo, analoga a quella dell’andamento dell’evoluzione degli eventi naturali”, ribadisce il Presidente Mattarella.

Intanto, altre criticità si riscontrano in Molise, dove vigono ancora turnazioni ed interruzioni nelle erogazioni d’acqua in diversi comuni, così come nell’Abruzzo caratterizzato da bacini vuoti e che faticano a ricaricarsi (Penne) a causa delle esigue portate fluviali; non va meglio alle province calabresi di Reggio e di Crotone, dove gli invasi, in alcuni casi, trattengono ormai solo tra il 10% ed il 20% della capacità (addirittura il 4% nel bacino del Menta), mentre nella campana Irpinia, l’invaso di Conza trattiene poco più del 25% dell’ acqua invasabile, mentre nel resto della regione calano i livelli dei fiumi Volturno, Sele e Garigliano.

In Sicilia rimangono a disposizione circa 52 milioni di metri cubi d’acqua utilizzabile (fonte: Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia): ciò significa che tra circa 3 mesi, salvo un drastico cambiamento meteorologico, almeno 27 dei 30 invasi attivi saranno vuoti o prossimi all’esaurimento. In Basilicata oltre alle dighe Camastra e Basentello, ormai praticamente svuotate, l’importante invaso di Monte Cotugno raccoglie appena il 13% dell’acqua invasabile (fonte: Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale).

Tra la Puglia ed il Molise, la grande diga di Occhito trattiene solo 28,34 milioni di metri cubi, corrispondenti all’11% del volume autorizzato di riempimento (mln. mc.250); nel complesso, in Capitanata, restano risorse disponibili pari a mln.mc. 33,91. Lo scorso anno erano 129 milioni. Nel Lazio, complice un’ulteriore riduzione di portata verificatasi nella scorsa settimana, i flussi nel fiume Tevere risultano deficitari di circa il 60%, rispetto alla media; in crescita sono invece Aniene e Fiora. Il lago di Nemi, pur in crescita di 2 centimetri, è ancora mezzo metro più basso rispetto alla quota rilevata lo scorso anno nello stesso periodo.

In Umbria i livelli dei fiumi registrano una sostanziale invarianza rispetto alla settimana scorsa, così come il lago Trasimeno, la cui ripresa di livello appare sempre più complicata con gravi ripercussioni sull’ecosistema lacustre. Nelle Marche crescono leggermente le altezze idrometriche dei fiumi Esino e Potenza, che continuano comunque a segnare valori molto inferiori a quelli dello scorso quinquennio; invariate le condizioni di Nera, Tronto e Sentino.

Nel Nord della Toscana, grazie ad abbondanti apporti pluviali, i flussi idrici nei fiumi segnano incrementi notevoli, che riportano i valori di portata sui livelli tipici del periodo e, nel caso della Sieve, li superano. In Garfagnana le cumulate della settimana arrivano a toccare mm. 300, grazie anche alla neve caduta sull’Appennino. A Pracchia, nel Pistoiese, si sono addirittura raggiunti mm. 427,6. In diverse località pratesi e delle province di Firenze e Pistoia si sono superati i 100 millimetri di pioggia in 7 giorni (Fonte: Centro Funzionale Regionale Toscana).

All’opposto, sulla costa meridionale così come nelle zone interne a Sud della regione ed in particolar modo sul Grossetano, si registrano cumulate irrisorie ed in alcuni casi quasi nulle, tanto che le portate dell’Ombrone sono decrescenti e fortemente sotto media (-89% circa rispetto alla media del recente ventennio). In Liguria, soprattutto nelle zone interne di Levante sono state registrate cumulate pluviometriche significative fino ad oltre mm. 90; in crescita sono i livelli dei fiumi Magra, Argentina e Vara, mentre calano quelli dell’Entella.

In Emilia-Romagna risultano in crescita, pur rimanendo nettamente deficitarie rispetto alla media, le portate dei fiumi Secchia, Enza e Taro; calano invece i livelli della Trebbia ed in maniera più significativa quelli del Savio. In Veneto, decrescenti e sotto media sono i flussi dei fiumi Muson dei Sassi (-62%), Brenta (-46%), Bacchiglione (-37%), Piave (-38%). Livenza (-17%). Tra i grandi laghi, Benaco e Verbano mantengono altezze superiori alla media; il livello del Sebino cala di circa 25 centimetri in una settimana, mentre il Lario scende di cm.18.

In Lombardia le riserve idriche, stoccate nei bacini lacustri, ammontano complessivamente a quasi 1728 milioni di metri cubi: il 4,7% più del normale, ma il 13% meno dello scorso anno (Fonte: Arpa Lombardia). In Piemonte le portate fluviali sono ridotte rispetto alle medie del periodo, fatta eccezione per la Stura di Demonte: il flusso idrico nel Tanaro è il 32% rispetto al consueto, mentre nella Stura di Lanzo scende al 23% e nella Toce è più che dimezzato.

In Valle d’Aosta calano sia le portate della Dora Baltea che del torrente Lys. Infine decrescono, lungo tutta l’asta, i livelli idrometrici del fiume Po, le cui portate, in linea con l’andamento delle recenti settimane, rimangono al di sotto dei valori medi storici: nell’Alessandrino -48% ed a Pontelagoscuro -30%.

La salvaguardia degli assetti idro-geologici e la tutela ambientale sono alleate. Sono amiche delle persone. Quando l’eco degli avvenimenti drammatici scompare dalle cronache non vi devono essere pause o intervalli nel porre in sicurezza i territori e così garantire fiducia e serenità alle popolazioni, per sospingere la ripresa della vita. Appare poco previdente evocare ogni volta la straordinarietà degli eventi, che tendono invece prepotentemente a riprodursi, per giustificare in quel modo noncuranza verso una visione adeguata e verso progetti di lungo periodo”, conclude il Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

Grazie, Presidente”: è il commento finale di Francesco Vincenzi a nome delle migliaia di lavoratori e lavoratrici negli oltre 140 Consorzi di bonifica ed irrigazione operanti quotidianamente nel Paese.

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