Osservatorio ANBI: torna il pericolo Dana, ma stavolta è previsto

Vincenzi (ANBI): "Disponibilità di big data e Intelligenza Artificiale sono determinanti per quella scienza predittiva, fondamentale per adattarci ai nuovi scenari climatici"

di redazione green
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Osservatorio ANBI: la Dana torna su Spagna e Italia, ma stavolta il rischio è previsto

Il fenomeno Dana si è ripetuto sia sulla Spagna che sull’Italia, ma questa volta senza il drammatico effetto sorpresa. Complice un bacino mediterraneo con temperature oltre i 3 gradi e un mare che oscilla tra i 22° ed i 24° a Sud della Sicilia. Questa condizione favorisce infatti il verificarsi di quegli eventi estremi, causati dall’incontro/scontro fra correnti calde e fredde, già causa delle emergenze, che hanno ripetutamente colpito la Penisola e devastato la Provincia Valenciana in questo turbolento autunno 2024. Gli oltre 510 millimetri di pioggia che il 13 novembre, in poco più di 8 ore, hanno allagato il comune di Giarre, nel Catanese, corrispondono all’incirca all’80% degli accumuli pluviometrici annuali nella provincia di Catania.

"Disponibilità di big data e Intelligenza Artificiale sono determinanti per quella scienza predittiva, fondamentale per adattarci ai nuovi scenari climatici", commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). "Per questo ci appelliamo all’Unione Europea per un grande sforzo comune, finalizzato a contrastare le conseguenze dell’estremizzazione degli eventi meteo, che sta accomunando il continente". 

"Quanto sta accadendo è la conferma di scenari, che diverranno familiari, nonchè fautori di un bilancio idrico nazionale potenzialmente in crescita, ma caratterizzato da piogge violente, concentrate in archi temporali più brevi e per questo pericolosissime, se non adeguatamente gestite", aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI. "Non solo: tale condizione permetterà la presenza, a breve distanza, di aree flagellate dagli eventi meteo e minacciate dalla siccità".

È quanto sta accadendo in Sicilia, dove i volumi stoccati negli invasi diminuiscono, attestandosi a 54 milioni di metri cubi d’acqua utilizzabile (7,70% della capacità complessiva), seppur non siano mancate precipitazioni abbondanti e localmente anche estreme tra la seconda e la terza decade di ottobre. Nonostante il ripetersi di fenomeni anche alluvionali resta quindi preoccupante la situazione idrica in ampie zone dell’Isola, dove stanno esaurendosi le ultime, esigue riserve d’acqua, nonostante le turnazioni delle erogazioni: è il caso della diga Ancipa, che raccoglie le acque dei monti Nebrodi e che, salvo piogge provvidenziali, fornirà acqua solo ai 5 comuni, per cui è l’unica fonte di approvvigionamento idrico, prima di esaurirsi completamente entro 80 giorni con pesantissimi riflessi sull’ecosistema locale.

Altrettanto grave è la situazione in Sardegna dove, dopo l’allarme siccità per Baronia, Medio Campidano e Chilivani-Ozieri, la “grande sete” è arrivata anche nel Nord-Ovest dell’isola. La situazione è grave, perché i bacini Temo e Cuga sono all’asciutto per la quota riservata all’irrigazione: la Regione ha chiuso la diga e questo significa che il comparto agricolo non potrà programmare la stagione irrigua 2025.

Non solo l’Italia insulare, ma è l’intero Meridione a continuare a soffrire per la carenza idrica. In Puglia, dei 332 milioni di metri cubi d’acqua invasabili rimangono riserve pari solamente a mln. mc. 35,57 (poco più del 10%); il lago di Occhito, un bacino da 250 milioni di metri cubi, ne trattiene appena 30 e si sta “raschiando il barile”, sfruttando anche il “volume morto”, di cui tecnicamente si sconsiglia l’utilizzo. In Basilicata, i bacini trattengono solo il 14% del volume disponibile ed ancora oggi, nell’autunno generalmente deputato all’accumulo delle riserve, erogano quotidianamente 600.000 metri cubi a campagne assetate. Nell’invaso della diga di monte Cotugno, la più grande d’Europa in terra battuta, resta meno del 6% della capacità, mancando all’appello ben 440 milioni di metri cubi d’acqua.

In Calabria, si riducono i flussi nel fiume Coscile, benché quelli del Lao registrino un incremento; in Campania sono in calo le portate dei fiumi Volturno, Sele e Garigliano. Nel resto d’Italia, complici temperature anomale e due settimane di stabilità meteorologica, i corpi idrici registrano generalmente cali di livello. Nel Lazio, il livello del lago di Nemi continua a scendere e si dimezza la portata del fiume Tevere, pari ora quasi ad un quarto di quella media del periodo, mentre restano sostanzialmente invariati i flussi negli alvei di Aniene, Fiora e Velino.

In Umbria, il lago Trasimeno guadagna 1 centimetro dalla scorsa settimana, ma resta 80 centimetri sotto la media, lontano non solo dalla normalità, ma anche dal livello minimo, indicato per la sopravvivenza biologica; restano stabili le portate dei fiumi Chiascio, Paglia e Topino. Nelle Marche, il fiume Potenza ha attualmente un’altezza idrometrica tra le più basse del periodo nel recente decennio; scendono anche i livelli di Esino, Sentino, Tronto e Nera. In Toscana scendono sotto media le portate dei fiumi: Ombrone è al 15% e l’Arno al 24% del consueto. Se in Liguria le altezze idrometriche dei fiumi Magra, Entella, Vara e Argentina sono in calo, in Emilia-Romagna si abbassano i livelli dei fiumi appenninici.

Il fiume Po registra una netta riduzione di portata pressoché lungo tutta l’asta e quasi ovunque i flussi scendono al di sotto dei valori medi del periodo. In Piemonte a scendere sotto media sono i fiumi Tanaro, Stura di Lanzo e Toce. In Lombardia, le riserve idriche registrano ancora un surplus del 21,3%, mentre sono decrescenti le altezze idrometriche dei “Grandi Laghi” con l’eccezione del Maggiore, che è al 105,3% di riempimento: il Lario è al 50%, Benaco al 73,6%, Sebino 72,9%. Si riducono le portate anche nei corsi d’acqua del Veneto, dove solamente il flusso della Livenza rimane superiore al consueto. A ottobre sulla regione è caduta il 134% di pioggia in più della norma e, su alcuni territori vicentini e bellunesi, le cumulate mensili hanno superato i 700 millimetri; nella terza decade del mese si sono registrate temperature superiori di 3,7° alla media.

Infine va segnalata la singolarità della Valle d’Aosta, dove crescono i flussi nella Dora Baltea in conseguenza anche di temperature anomale, che hanno fuso la poca neve caduta in quota nella prima metà di ottobre.

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