“Baci all’inferno”: un viaggio toccante nella genitorialità malata
Torna l’autrice del bestseller “Ammazzati amore mio” con un nuovo, intenso romanzo dedicato ai rapporti tra madri e figli
Baci all’inferno, appena pubblicato da Ponte alle Grazie, contiene due romanzi brevi firmati da Ariana Harwicz: La debole di mente e Precoce. Una raccolta che segna il grande ritorno della contestata e pluripremiata autrice di Ammazzati amore mio.
L’avevamo conosciuta per essere riuscita a imporsi sulla scena editoriale con il suo romanzo d’esordio, Ammazzati amore mio, la storia di una madre che non si riconosce nel ruolo di moglie, nuora e genitore, andando incontro a una veloce caduta nella depressione, fino alla nevrosi. Se quel primo libro era sembrato alla critica tanto crudo quanto affascinante, tanto contestabile quanto innovativo e liberatorio, la raccolta Baci all’inferno edita di recente da Ponte alle Grazie vi lascerà ancora più scossi e pieni di riflessioni.
Il primo racconto lungo, La debole di mente, indaga un rapporto malsano tra una madre e una figlia: l’uno specchio dell’altra, deragliano insieme dalla “normalità” per finire dentro una spirale di dipendenza dal sesso, sottomissione totale nei confronti delle figure maschili, bipolarismo, attaccamento morboso, fino alla degradazione totale di sé stesse. Ciò che lega le due donne è un rapporto di amore e al contempo di odio, di repulsione fusa all’attrazione; se la madre vede nella figlia l’identificazione di colei che potrà riscattare i suoi fallimenti e la inizia ai piaceri sessuali perversi sin da ragazzina, la figlia vede invece nella madre una figura scomoda, incostante, fonte di preoccupazioni, ma allo stesso tempo l’unico punto di riferimento che conosce, considerata l’assenza del padre. Scritto in prima persona dal punto di vista della figlia, la quale intrattiene una relazione insana con un uomo impegnato che porterà a un epilogo inatteso e sconvolgente, La debole di mente non è una lettura semplice da affrontare. I temi sono forti, crudi, disturbanti; al contempo il linguaggio scelto dalla Harwicz è volutamente esplicito, senza filtri, frammentario, con salti avanti e indietro nel tempo, così da costringere il lettore a concentrarsi completamente sul libro e a seguirla nei suoi movimenti a scatti, deliranti come la mente delle protagoniste.
Il secondo romanzo breve vede invece affaccendarsi nelle difficoltà della vita una madre e un figlio maschio, adolescente. Il titolo del racconto è Precoce, con molti aspetti in comune rispetto al primo scritto: la mancanza di una figura maschile di riferimento, l’instabilità mentale dell’unico genitore presente, le ripercussioni negative sulla crescita del ragazzo e sulla sua maturazione. Anche in questo caso, inoltre, lo stretto legame che unisce i due sfocia in qualcosa di malato che va oltre l’amore, fino a sfiorare l’incesto; l’ossessione, la gelosia, la morbosità si scontrano tuttavia con l’odio, l’aggressività, la rabbia da parte di entrambi. Se, infatti, la donna percepisce spesso suo figlio come un fastidio che le toglie spazio e tempo per coltivare le sue attività senza freni con uomini poco affidabili, il figlio rifiuta di crescere e resta un eterno bambino, sebbene senta la necessità di proteggere una figura materna che percepisce debole e in pericolo.
In questo libro davvero molto intenso, a cui bisogna arrivare preparati, escono sconfitti non soltanto i personaggi femminili, ma anche quelli maschili: uomini che intrattengono relazioni parallele, che promettono e non mantengono, che scappano di fronte alle responsabilità, che stuprano, aggrediscono e fanno uso della violenza, che di fronte alla malattia mentale si allontanano cercando qualcosa di ben più semplice e gestibile. Uomini, in alcuni casi, che non hanno neppure riconosciuto i propri figli, cresciuti senza un padre, talvolta in totale povertà.
Sconsigliato a chi ama toni romantici e lieto fine, a chi predilige la narrativa di intrattenimento e viene disturbato dalle scene forti; consigliato a chi è in cerca di innovazione, sperimentalismo, verità nuda e cruda, situazioni estreme aggravate dalla chiusura mentale della società di provincia, la quale non prova mai a comprendere, ma è sempre pronta a puntare il dito e giudicare. Adatto, insomma, ai rivoluzionari.