“L’ultimo atto del signor Beckett” di Maylis Besserie in libreria per Voland

La scrittrice immagina gli ultimi giorni del drammaturgo e scrittore irlandese Samuel Beckett

di Chiara Giacobelli
Libri & Editori
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Il romanzo d’esordio della scrittrice francese Maylis Besserie ha vinto il prestigioso premio Goncourt 2020 opera prima.

Maylis Besserie è una scrittrice e produttrice radiofonica francese. Il suo romanzo d’esordio Le Tiers-temps, pubblicato in Francia con Gallimard e vincitore del Prix Goncourt 2020 du premier roman, viene proposto al pubblico italiano da Voland con il titolo L’ultimo atto del signor Beckett. La casa editrice continua il proprio impegno nell’offrire finestre su culture diverse e affascinanti, proponendo opere letterarie di rilevanza e valore, ma ancora poco conosciute al pubblico o negligentemente trascurate.

Besserie immagina e racconta l’ultimo periodo di vita di Samuel Beckett, trascorso effettivamente nella casa di riposo di Tiers-temps a Parigi, dove questi morì nel 1989. Beckett è stato un personaggio di primissimo piano nel panorama intellettuale del Novecento: scrittore, drammaturgo, poeta, sceneggiatore nonché Premio Nobel per la Letteratura nel 1969. L'autrice si dimostra audace nel confrontarsi non solo con uno dei più grandi letterati dell’ultimo secolo, ma soprattutto con un uomo difficile da decifrare, vuoi per la natura solitaria e refrattaria alle interviste e alla celebrità, vuoi anche per l’intima consapevolezza del dramma insito nell’esistenza, percezione che anima tutta la sua opera. Questo libro non è però soltanto una biografia: l’idea che sta dietro a L’ultimo atto del signor Beckett è molto più sottile e ingegnosa. In esso si prova infatti a immaginare il finale della vita dello scrittore che più di ogni altro è stato ossessionato proprio dal finale della vita. Tutti i lavori di Beckett, infatti, da Aspettando Godot a Finale di partita, dalle poesie ai romanzi fino alle lettere, trattano proprio della finitezza del corpo, della mancanza di una spiegazione all’esistenza, dell’attesa per questo inevitabile e ingiustificabile finale che è la morte.

Oltre che per l’originalità dell’idea che sta dietro al romanzo, Besserie è particolarmente abile nell’utilizzare continui cambi di prospettiva, raccontando le vicende prima dal punto di vista di Beckett, poi da quello di personaggi quali dottori, infermiere, visitatori che si avvicendano attorno all’anziano scrittore. In questo modo l’autrice evidenzia il progressivo e inesorabile collasso della realtà attorno al protagonista: Beckett è vecchio e malandato, il suo corpo non risponde più ai comandi e ai desideri di una mente ancora lucida; la sua dimensione diventa sempre più ristretta, scomoda, opprimente via via che gli risulta impossibile passeggiare, curarsi autonomamente della propria igiene, scrivere o allacciarsi le scarpe da solo. In contrapposizione il mondo interiore si espande a dismisura: il tempo si dissolve e con esso la struttura che sorregge e distingue i ricordi. La mente di Beckett inizia a popolarsi dei fantasmi di una vita: James Joyce, maestro, amico, ma anche ossessione letteraria per sfuggire alla quale dovette abbandonare la lingua madre e iniziare a scrivere in francese; la mamma May, donna dispotica, mai davvero amata e ai suoi occhi colpevole soprattutto di averlo messo al mondo; i personaggi dei suoi libri; l’Irlanda da cui ha sentito l’esigenza di fuggire, e così via. Cosa resta dunque, alla fine? L’assoluto silenzio da una parte e il fantasmagorico mondo della lingua e dei simboli dall’altra, un chiaro richiamo al romanzo L’innominabile, uno dei capolavori scritti dall’autore irlandese.

Pensare che questa sia soltanto la storia di Beckett è un errore prospettico: benché ogni finale sia a suo modo unico, le modalità sono sempre le medesime; l’esistenza pone a tutti le stesse domande, con le quali ognuno di noi è tenuto prima o tardi a confrontarsi. È quindi la storia di ogni finale, di ogni uomo o donna che si trovi ad affrontare la vita, la vecchiaia e la propria inequivocabile finitezza.