La scrittrice Hilary Mantel racconta il dramma dell’endometriosi
L’autrice della nota trilogia sui Tudor parla per la prima volta di sé, dall’infanzia alla malattia. Fazi pubblica “I fantasmi di una vita”
“Ci arrivi a un certo punto, a metà della vita. Non sai nemmeno che strada hai fatto, ma all’improvviso stai guardando in faccia i tuoi cinquant’anni. Quando ti volti indietro, intravedi i fantasmi di altre vite che avresti potuto fare. Ogni tua casa è infestata dalla persona che potevi essere e che non sei stata”.
Hilary Mantel è nota al grande pubblico grazie ai suoi romanzi storici, che hanno avuto un successo mondiale, specialmente la trilogia sulla dinastia Tudor pubblicata da Fazi Editore. Vincitrice del Man Booker Prize sia per Wolf Hall che per Anna Bolena. Una questione di famiglia, a cui ha fatto seguito di recente il terzo volume della serie Lo specchio e la luce, ci è sempre apparsa come una donna di successo, evidentemente felice e quindi da prendere a modello. Eppure, è lei stessa la prima a metterci in guardia: le cose non stanno mai come sembrano o come gli altri vogliono farci vedere; per trovare la verità occorre scavare e spesso ciò che si scopre non è poi così piacevole.
"La verità non è graziosa e non rende graziose le persone impegnate nella sua ricerca. La verità non è elegante; crederlo è un sentimentalismo degno di un matematico. La verità è squallida e piena di chiazze, e la trovi solo accumulando le macerie coperte di polvere dei fatti, nelle cantine e nelle fogne della mente umana. La storia è quello che gli altri cercano di tenerti nascosto, non quello che vogliono mostrarti. Bisogna rovistarci dentro esattamente come quando si passa al setaccio un terrapieno: per scoprire che cosa la gente ci ha voluto seppellire”.
Così Hilary Mantel ha deciso che è venuto il momento di alzare il sipario sulla propria vita, perché a ben vedere quest’ultima potrebbe essere persino più interessante delle saghe storiche finora date alle stampe. I fantasmi di una vita, da poco uscito sempre per Fazi Editore, è un libricino che – nonostante le appena 234 pagine – raccoglie un groviglio di episodi, gioie, dolori, sofferenze, ambientazioni, età, ostacoli e poi case, molte case. La Mantel inizia a raccontare dalla sua infanzia, nelle fredde terre dell’Inghilterra, dove mancavano persino gli agi essenziali; le comunità erano ancora piuttosto bigotte e la sua famiglia sfidò le convenzioni sociali, ritrovandosi al centro dell’attenzione generale: sua madre portò infatti in casa l’amante fisso, il quale visse per un periodo di tempo con il marito della donna e i suoi figli, fino a quando la nuova coppia – seguita da Hilary e i due fratelli più piccoli – traslocò, consegnando alle nebbie dell’oblio la figura paterna.
L’imbarazzante situazione familiare non fu però l’unica nota dolente nell’infanzia di una bambina sensibile e alquanto bizzarra: sin da allora la salute non sembrò essere il suo forte, con febbri improvvise, dolori alle ossa, incapacità di prendere peso, emicranie frequenti, che si trasformavano spesso in episodi terrificanti, pullulati di spettri. Ma i fantasmi di cui la scrittrice parla in questo libro, rendendolo universale e facendoci riconoscere un po’ tutti nelle sue parole, non sono quelli dei libri e della magia nera, bensì le numerose vite che abbiamo lasciato in sospeso o che non abbiamo potuto o voluto vivere. La nostalgia è allora il sentimento principale che pervade questo racconto intenso e profondo: nostalgia di ciò che non è stato ma sarebbe potuto essere e di ciò che non siamo diventati ma che forse saremmo potuti diventare.
Come sempre, la scrittura della Mantel è talmente ironica, pungente e brillante da non scadere mai nella noia o nella difficoltà di lettura. Al contrario, questa storia di una bimba che a poco a poco diventa adolescente e poi donna si legge con empatia e facilità, sebbene i temi trattati siano alquanto spinosi. Il principale è ovviamente quello della malattia, che ha segnato l’intera vita della scrittrice e l’ha portata a non riconoscersi più nella sua stessa pelle: affetta da endometriosi, Hilary Mantel ha dovuto lottare per anni contro atroci dolori, incomprensioni, cure sbagliate, invalidanti effetti collaterali, e neppure il tanto atteso intervento al St George’s Hospital di Londra riuscì a risolvere la situazione, perché dopo appena un anno la malattia si ripresentò.
Di certo, quell’operazione di cui le avevano spiegato molto poco e a proposito della quale i medici stessi apparivano piuttosto scettici, la lasciò senza più l’utero, le ovaie e l’intero apparato riproduttivo, togliendole per sempre, ancora giovanissima, la possibilità di diventare madre. Quello fu il momento in cui i fantasmi divennero concreti, dolorosi e spietati, a cominciare dall’immaginaria figlia Catriona, che a vent’anni aveva desiderato insieme al marito (sposato ben due volte). Poi la carriera, gli studi di legge e le vicende del difficoltoso matrimonio l’avevano portata a rimandare la scelta della maternità, a metterla da parte e ad esserne sempre meno convinta, ma un conto è poter decidere del proprio futuro, un altro vederselo strappare da un giorno all’altro.
“Ci sono momenti nella vita in cui il più ovvio, logico e chiaro degli sviluppi possibili sembra semplicemente precluso”.
I fantasmi di una vita è un bellissimo libro che tutti dovrebbero leggere, pieno di spunti di riflessione, di humor, di esempi su come imparare ad accettare a poco a poco il proprio destino, nonostante le ombre dei desideri incompiuti resteranno per sempre nel cuore di ognuno di noi, che si tratti di un lutto, di una decisione sbagliata, di un’opportunità persa o magari soltanto di aver lasciato trascorrere troppo tempo. L’approccio con cui la Mantel si avvicina alle moltissime sofferenze subìte non è mai vittimistico e in ciò risiede la grande forza di questo racconto: saper fare un’analisi lucida e talvolta con un sorriso sulle labbra, senza rabbia, senza rimpianti, con un velo onnipresente di nostalgia ma lo sguardo rivolto al futuro, con una visione critica e realistica dei genitori moderni, senza che però traspaia alcuna invidia o risentimento. Non solo il dietro le quinte di una talentuosa scrittrice, quindi, ma un manualetto su come sopravvivere ai cambiamenti non preventivati, senza mai dimenticare la forza delle passioni e l’importanza di restare connessi con noi stessi, qualunque cosa accada.