Premio Strega, vince Ada d'Adamo: il premio postumo con “Come d’aria”

L'opera si è imposta nella 77esima edizione con 185 voti. La scrittrice è scomparsa lo scorso aprile a 53 anni

di redazione libri ed editori
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Ada D'Adamo
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Premio Strega 2023, vince Ada D'Adamo con "Come d'aria"

"Come d'aria" di Ada D'Adamo (edito da Elliot) ha vinto la 77esima edizione del Premio Strega 2023 con 185 voti. Nella cornice del giardino del Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma, la presentatrice Geppi Cucciari ha consegnato il premio postumo (la scrittrice è scomparsa dopo una lunga malattia prima ancora di sapere di essere finita nella cinquina) per la 12esima vincitrice donna nella storia del prestigioso riconoscimento letterario che viene assegnato ogni anno a un libro pubblicato in Italia.

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La cinquina degli autori finalisti era composta anche da Maria Grazia Calandrone con "Dove non mi hai portata" (Einaudi), Andrea Canobbio con "La traversata notturna" (La nave di Teseo), Romana Petri con "Rubare la notte" (Mondadori) e Rosella Postorino con "Mi limitavo ad amare te" (Feltrinelli).

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Premio Strega 2023, vince Ada D'Adamo. Ecco chi era la scrittrice

Non era una scrittrice “di professione”, D’Adamo, ma un’artista. Nata a Ortona, nel 1967 ha vissuto e lavorato a Roma, dove si è diplomata all’Accademia Nazionale di Danza e laureata in Discipline dello Spettacolo. Ha trascorso molto tempo a osservare il corpo e le sue declinazioni sulla scena contemporanea, e lo ha scritto in diversi saggi sulla danza e il teatro. A portarla alla scrittura è stata l’esperienza personale di madre di una bambina nata, nel 2005, con una rara forma di malformazione cerebrale. Sul nome della bambina, Daria, si gioca il titolo del memoir, che come un sussurro suggerisce che la ragazza nata con disabilità è per chi la ama fatta “Come d’aria”. 

Premio Strega 2023, vice Ada D'Adamo con la storia di "Come d'aria"

Ada D’Adamo in “Come d’aria” racconta la nascita e i primi anni della figlia Daria, affetta da una grave malattia congenita. Quando Ada stessa scopre nel 2017 di avere a sua volta un tumore e di doversi sottoporre a cure molto pesanti la sua paura principale è quella di perdere il contatto fisico con Daria, che è parte fondamentale della comunicazione con un figlio che ha delle fragilità così importanti. “Avere un figlio invalido - scrive D’Adamo nel suo memoir - significa essere soli. Irrimediabilmente, definitivamente soli. Indietro non si torna. Uguale a prima non sarà più. È come se dentro di te si fosse accomodato il punteruolo delle palme che rosicchia la pianta dall'interno piano piano, la trasforma in un involucro pieno di segatura. La superficie resta uguale, ma sotto i bordi, sotto la pelle, non resta più niente. La solitudine è fatta di puntini piccoli, uno vicino all'altro. Non te ne accorgi”.

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