Corsica, le proteste infiammano l'isola ma ai mass media interessa ben poco

Sull'isola francese si scatena una pioggia di proteste senza fine dopo il tentato omicidio di Yvan Colonna

di M. Alessandra Filippi
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Corsica, sull'isola esplodono le proteste per l'indipendenza: ma i mass media non se ne preoccupano più di tanto...

Non ne parla nessuno, nemmeno la rassegna stampa estera di Radio3 Rai, ormai da anni affetta dalla subdola sindrome "notizia unica", eppure, dall’inizio di marzo, nelle principali città della Corsica, sono in corso massicce proteste popolari. Anche lì, di fronte a casa nostra, si lotta per l’indipendenza. Su #Corsicanews, il quotidiano locale più popolare fra i corsi, si legge che la prima imponente manifestazione si è svolta il 6 marzo a Corte, sede dell’unica Università dell’isola, alla quale hanno partecipato molti studenti.

Nei giorni seguenti altre proteste si sono svolte a Bastia, Porto Vecchio e Ajaccio. Sebbene nate come proteste pacifiche, molto partecipate dai giovani, hanno tuttavia visto l’infiltrazione di gruppi violenti che si sono resi protagonisti di danneggiamenti, incendi e scontri con la polizia. La miccia che ha innescato lo scoppio è stata l’aggressione subita da Yvan Colonna, il 2 marzo, nel carcere di Arles. Nazionalista e indipendentista corso, Colonna è stato giudicato, malgrado la sua costante professione di innocenza, esecutore materiale dell’omicidio del Prefetto Claude Érignac, avvenuto ad Ajaccio il 6 febbraio del 1998 e dal 2011 sta scontando l’ergastolo.

Le proteste lamentano soprattutto la mancata protezione in carcere di Colonna e, in alcuni casi, si spingono ad attribuire allo Stato una corresponsabilità. L’aggressione di Colonna, ridotto in fin di vita e ora in coma in un ospedale di Marsiglia, è opera di un detenuto camerunense, Franck Elong Abé, combattente jihadista in Afghanistan, condannato per questo a 9 anni di reclusione. L’omicidio del Prefetto Érignac, simbolo e rappresentante dello Stato francese in Corsica, portò a una dura repressione che non fece che deteriore i già precari equilibri e fragili rapporti fra l’isola e il Governo, compromettendo, e di fatto escludendo, qualunque ulteriore passo in avanti nei confronti dell’autonomia speciale da sempre richiesta dalla Corsica.

Altri due indipendentisti, Pierre Alessandri e Alain Ferrandi, giudicati colpevoli per lo stesso omicidio, stanno scontando, nella Francia continentale, la pena dell’ergastolo. Colonna, Alessandri e Ferrandi, sono detenuti in regime DPS (Détenu Particulièrement Signalé) un regime carcerario che impone molte limitazioni ai detenuti in termini di sorveglianza, isolamento, possibilità di muoversi nel carcere e che, spesso, porta anche a numerosi cambi di luoghi di detenzione.

Da diversi anni gli avvocati dei tre condannati, fra i quali, il difensore di Colonna, l'avvocato e attivista Gilles Simeoni, attuale Presidente della Regione corsa e fiero autonomista, chiedono la revoca del DPS e la possibilità di trasferire il luogo di detenzione in Corsica. Tali appelli sono stati sempre rifiutati dal Governo francese ma, dopo l’aggressione a Colonna e in seguito alle proteste popolari, il Governo ha annunciato di aver revocato il DPS per Colonna, Alessandri e Ferrandi.

E in questi giorni è stato inviato in Corsica dal Presidente Macron e dal Primo Ministro Jean Castex, il Ministro dell’Interno Gérald Darmanin, con l’incarico specifico di garantire la sicurezza in Corsica e iniziare le trattative per l’autonomia. Si spera dunque, che a valle di un atto di violenza, si possa finalmente discutere delle istanze decennali della Corsica e che il dialogo e il confronto portino a delle soluzioni che mettano d'accordo tutti. Per non farci mancar nulla, ieri, a Strepy-Bracquegnies, in Belgio, 70 persone sono state travolte da un'auto in corsa. Il bilancio delle vittime è di 6 persone, fra le quali 3 italiani, e una ventina di feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni. Al momento l'autorità belga non esclude la pista terroristica ma nemmeno la privilegiano.

E visto che ogni giorno ci ricordano quanti civili vengono uccisi in Ucraina, ne approfitto per ricordare che la guerra in Siria, dall'inizio del 2022 ha già ucciso più di 1.000 civili; quella in Iraq 267; e nello Yemen, dove la strage degli innocenti continua nell'indifferenza di tutto il mondo, noi compresi: dall'inizio del 2022 i morti sono già 5.099, numero spaventoso, un vero e proprio sterminio di massa. Si può definire guerra anche quella che devasta la Birmania, dove dall’inizio dell’anno ci sono state 3.846 vittime. L’Afghanistan è in guerra dagli anni Settanta, con milioni di vittime, e negli ultimi mesi ha visto crescere il numero di rifugiati (si parla di decine di migliaia) mentre la carestia minaccia cinque milioni di bambini.

Non dimentichiamo poi le guerre cosiddette  “a bassa intensità”, come il conflitto tra Pakistan e India per la regione del Kashmir (575 vittime nel 2021 e 25 dall’inizio dell’anno) o quello in Sudan (1.364 morti nel 2021, 97 nel 2022). E ancora: Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Mozambico, Israele e Palestina... L’indipendenza, anche nell’informazione, come la verità, è un’isola rocciosa senza spiagge. Oggi è il primo giorno di #primavera: chi può vuol esser lieto sia, del doman, mai come oggi, non v'è certezza.

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