La Stampa, denuncia dai russi: "Vogliono uccidere il presidente Putin"

L'ambasciatore russo Razov fa un esposto alla Procura di Roma in seguito all'articolo della Stampa del 22 marzo. Immediata la risposta del direttore

Massimo Giannini e Sergey Razov
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Ucraina, l'ambasciatore russo Razov presenta querela a La Stampa: "Istigazioni all'omicidio di Vladimir Putin"

L'ambiasciatore russo Sergey Razov querela il quotidiano di Massimo Giannini. "Lavoro da otto anni in Italia. Ho lavorato con i governi Letta, Gentiloni, Conte e ora con Draghi. In questi anni abbiamo fatto di tutto per costruire ponti e sviluppare e rafforzare collaborazione sui fronti dell'economia, della cultura e in molti altri". Così l'ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, parlando con i giornalisti in piazzale Clodio, a Roma, dopo aver presentato querela contro il quotidiano La Stampa.

"Con rammarico devo constatare che tutto questo è ora rivoltato”, aggiunge, “ma nell'opinione pubblica italiana, come sempre, c'è desiderio di rapporti buoni con la Russia. Le crisi vanno e vengono e andrà via anche questa, ma gli interessi nazionali restano. "Normali rapporti" tra Roma e Mosca, "sono interesse del popolo italiano e di quello russo e noi lavoriamo per questo", prosegue.

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Ucraina, Giannini (La Stampa): "No lezioni da Razov, siamo liberi"

"Solo nel mondo alla rovescia di Santa Madre Russia, quella che piace a Vladimir Putin, può accadere che l'ambasciatore di un Paese che ha decretato la più sporca guerra contro la democrazia liberale come l'Ucraina possa intentare una causa contro un giornale responsabile solo di raccontare quello che sta succedendo in quel Paese".

Così il direttore de La Stampa Massimo Giannini in un videomessaggio di replica all'iniziativa dell'ambasciatore russo Sergey Razov che ha presentato un esposto in procura, a Roma, per istigazione a delinquere e apologia di reato in relazione a un articolo pubblicato il 22 marzo.

L'ambasciatore oggi attacca l'informazione italiana e in particolare il nostro giornale”, spiega Giannini, “per istigazione a delinquere, per aver aizzato a uccidere Putin, l'esatto contrario di quello che abbiamo scritto. Amiamo la libertà e continueremo a difenderla nonostante tutte le minacce e tutte le intimidazioni perché sappiamo di stare dalla parte giusta della Storia".

 

Italia-Russia, un'acredine iniziata nell'era Covid

Il direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, Alexei Paramonov, ha di recente minacciato l'Italia, nell’ambito del conflitto russo-ucraino, annunciando che ci potrebbero essere conseguenze per il nostro Paese se verranno introdotte sanzioni economiche contro la Russia. Ha, inoltre, puntato il dito contro il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, accusandolo di essere un “falco” antirusso e sottolineato che l’Italia ha “dimenticato gli aiuti ricevuti”. 

Ma sembra che l’attacco del funzionario russo abbia altre radici, come riportato dal “Corriere della Sera”, secondo cui nel marzo 2020 Vladimir Putin propose al presidente del consiglio dell’epoca, Giuseppe Conte, l’invio dalla Russia e per l’Italia di un contingente di circa 400 persone tra specialisti, medici ed infermieri per un’operazione di contrasto all’epidemia da coronavirus. E fu lo stesso ministro Guerini ad opporsi, chiedendo di “ridimensionare il numero di uomini e mezzi”.

Come scrive SkyTg24, in quel marzo di due anni fa, Guerini ed il ministro della Difesa russo, Sergej Shoygu ebbero un contatto. In Italia il numero di contagiati Covid stava aumentando ma il Paese era privo di strumentazioni quali mascherine o guanti. Gli ospedali stavano arrancando, specie in Lombardia e da diversi governi mondiali erano giunte offerte di aiuto. Shoygu, in base alle ricostruzioni, chiama Guerini per offrire materiale utile alla lotta contro la pandemia, tra cui lotti di mascherine, ed il ministro italiano propone l’invio di un aereo che possa recuperarle a Mosca.

Nel frattempo, Putin chiama Conte, che riferisce a poca distanza a Guerini che il premier russo vuole inviare centinaia di unità, tra militari e medici per affiancare il personale italiano nella lotta al coronavirus. Guerini ritiene però che la missione russa sia troppo ingente nei numeri e ne nasce una trattativa serrata. Alla fine, i due Paesi stabiliscono l’arrivo di cento persone in tutto.

Poi la sorpresa. All’aeroporto militare di Pratica di Mare, vicino Roma, atterrano 17 aerei ed un numero non sufficiente di materiale, sorprendendo le autorità italiane. I russi, tra l’altro, chiedono la possibilità di poter sanificare e bonificare diversi enti pubblici, con l’Italia che permette l’accesso solo ad ospedali ed Rsa. L’intervento prevedeva l’acquisizione di dati e informazioni “sensibili” che il governo italiano, adesso, teme la Russia possa utilizzare contro il nostro Paese.

 

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