"Metodo Mieli” per recensire i libri. Il "Vangelo" secondo Filippo Facci

Quando Paolo Mieli impallinò Berlusconi al G7 di Napoli

Di Giuseppe Vatinno
Filippo Facci e Paolo Mieli
MediaTech

Nel Vangelo secondo Filippo (Facci) è riportata una chicca gustosa come una gonfia anguria estiva

 

Non sappiamo se Paolo Mieli abbia particolarmente infierito su Filippo Facci, fresco di esclusione Rai per arditezze erotiche non opportune e quali siano i rapporti tra i due colleghi, tuttavia in questo clima torrido una piccola folata di garrulità giunge salvifica dalla penna avvelenata del secondo che racconta su Libero quotidiano un episodio pungente, ripreso poi da Dagospia e frullato nell’etere mediatico.

Si tratta di come Mieli –a dire di Facci- recensisca i numerosi libri che sempre maneggia con sorniona competenza e con occhi da stegosauro ammaliatore.

Nel Vangelo secondo Filippo è riportata una chicca gustosa come una gonfia anguria estiva.

Si era nell’anno domini 2015, a Perugia, fuori dall’Hotel Brufani, dove il Maestro insegnava la gioia della prassi e della pragmatica dell’umano comportamento a dei giornalisti.

Facci –sembra di capire- era allievo ancorché “straccione”, come lui stesso si definisce.

Fu allora che Il Mahatma della parola insufflata rivelò l’orribile segreto che riguardava l’arte della presentazione dei libri.

“Devi giungere alla presentazione col libro rigorosamente mai aperto, o preferibilmente ancora avvolto dal cellophan, quindi sederti coi relatori e spacchettare il volume di nascosto; ergo, giunto il tuo turno, appoggiare il libro sul tavolo, aprirlo assolutamente a caso e puntare il dito altrettanto a caso su un punto qualsiasi di una pagina, prima di dire seriosamente alla platea: «Mi ha colpito particolarmente questo passaggio, dove vedo scritto che…”.

Gli allievi –racconta Facci- andarono in visibilio.

Paolo Mieli, colui il quale era raccontato dalle bibbie giornalistiche come il Gran Sapiente, il Visir della Cultura, l’alto sacerdote di un basso culto, il Maestro dell’Essere e dell’Apparire, il Kundera di via Solferino, si era rivelato a loro, ipostatizzato nell’umiltà francescana dell’Umbria.

Aveva dato loro un metodo, una prassi, aveva indicato un sentiero per fare bella anzi bellissima figura senza il minimo sforzo, non leggendo nulla degli innumerevoli libri palla che un popolo di grafomani ombellicocentrici sforna ogni minuto. E così conclude magicamente questo Merlino della parola:

“[…] Il risultato […] era comunque assicurato: se avevi individuato un passaggio rilevante, tutto a posto, e se il dito invece ti era caduto su una pagina insignificante, […] beh, meglio ancora, perché l’autore lo traduceva in una […] dovizia di lettura tale da aver notato dei dettagli sfuggiti ai più e non alla portata di tutti”.

Un mito crolla?

Mieli, il buon nonno della Cultura è come tutti gli altri, anzi peggio perché c’ha pure un gusto sadico per la beffa perculante?

Non deve meravigliare.

Mieli è un fenomeno mediatico che dovrebbe essere stato studiato da Umberto Eco.

Apparentemente docile, bonaccione, buonista, sorrisista professionista, discetta da decenni di Storia in Rai, raccontandoci intrighi e cattiverie del mondo.

E poi dà la linea mattutina ad un popolo ancora assonnato che non sa come lasciare il porto di Morfeo per dirigersi verso le isole della Conoscenza.

Ma Mieli è un giano bifronte. Basta ricordare il clamoroso pacco che tirò al povero Silvio Berlusconi dalla prima pagina del Corriere della Sera quando nel 1994 aprì il giornale con la notizia che il Cavaliere doveva comparire in Tribunale a Milano.

La notizia deflagrò proprio mentre Berlusconi apriva il G7 a Napoli e contribuì alla caduta del governo da lui presieduto.

In seguito Mieli si lamentò con Enrico Mentana su La7 di non essere stato mai interrogato sulla vicenda: “Questa mancata indagine mi ha sempre insospettito…è un conto che non torna, qualcosa non andava e prima o poi lo scoprirò”.

Beh, alla luce di quanto ci racconta Facci sul “metodo Mieli” per recensire i libri, se tanto ci dà tanto, qualche sospetto su quello che successe veramente ce lo possiamo avere pure noi.

 

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