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Mercato illecito delle sigarette: Scordamaglia racconta il modello italiano

Mercato illecito delle sigarette: Luigi Scordamaglia (Filiera Italia) sulla situazione in Italia: "Siamo riusciti a invertire la rotta sull'illecito nel nostro Paese, ma occorre non abbassare la guardia"

Philip Morris International ha lanciato l'allarme sui crescenti tassi di consumo illecito di sigarette nell’Unione Europea: grazie al rapporto annuale KPMG 2022, presentato qualche settimana fa, è stato infatti possibile delineare l’attuale fotografia della situazione europea, rivelando che solo nell'UE sono stati consumati 35,8 miliardi di sigarette illecite, causando ai governi una perdita stimata di 11,3 miliardi di euro di entrate fiscali, l'8,5% in più rispetto al 2021. La ricerca ha incluso, oltre i Paesi dell’Unione Europea, anche Regno Unito, Norvegia, Svizzera, Moldavia e Ucraina. I dati principali emersi sottolineano una situazione particolarmente difficile in Francia, che da sola comprende quasi la metà del consumo illecito, contrapponendosi invece all’Italia che si conferma “best practice”, con una quota di illecito sostanzialmente invariata al 2.3% del consumo nazionale.

A tal proposito, Luigi Scordamaglia, Managing Director Filiera Italia e direttore relazioni internazionali di Coldiretti, spiega nel dettaglio la situazione, evidenziando gli strumenti messi in campo per raggiungere questo risultato: “I dati dello studio KPMG ci mostrano buone notizie per il nostro Paese, che si rivela essere una best practice a livello europeo con una quota di illecito intorno al 2%, mentre in Europa si registra ancora una media dell’8%. Tuttavia il mio consiglio è di non dimenticarsi mai del passato: ci tengo a ricordare infatti che la situazione che viviamo oggi in Italia non è la stessa degli anni novanta, e se siamo riusciti a invertire la rotta è solo grazie a una serie di strategie messe in campo, all’eccellente lavoro svolto dalle forze dell’ordine sul territorio, alle sviluppo di nuove tecnologie all’evoluzione del quadro normativo e fiscale, tutto questo unito ad una maggiore consapevolezza sociale che comprare sigarette illecite è un modo per finanziare la criminalità organizzata. L’Italia ha vinto la battaglia contro l’illecito ma non deve mai abbassare la guardia”.

Di contro, Paesi come il Belgio, la Danimarca, la Francia e la Germania stanno assistendo a un aumento dei sequestri di sigarette e delle ispezioni che coinvolgono operazioni di produzione clandestina. “È evidente che nei Paesi che hanno raggiunto un equilibro tra azione politica e applicazione efficace della legge si registra un calo del consumo di sigarette illecite, in altri Paesi, invece, si assiste allo spostamento del mercato legale verso quello illecito. Se andiamo ad analizzare i dati, il problema delle sigarette illecite si concentra in quei Paesi dove non sono state adottate strategie innovative: le tradizionali politiche di controllo del tabacco, come politiche fiscali aggressive e un approccio basato solo sul proibizionismo, in paesi come la Francia e il Belgio, hanno favorito il mercato nero”, spiega ancora Scordamaglia.

“L’Italia è riuscita a combattere il commercio illecito soprattutto grazie alla grande collaborazione tra aziende private e settore pubblico. Ne è un esempio il Tavolo M.A.C.I.S.T.E. (Monitoraggio Agromafie Contrasto Illecito Settori Tabacchi e E-cig) che ogni anno coinvolge i principali protagonisti del settore a livello nazionale per restituire un quadro esaustivo del fenomeno criminale nel settore del tabacco. I governi e le imprese possono collaborare attivamente insieme agli altri attori del settore, a livello nazionale e soprattutto europeo, nella convinzione che l’approccio a un fenomeno di portata mondiale richiede l’adozione di misure coordinate e integrate”.

Il rapporto KPMG sottolinea inoltre il ruolo strategico che riveste la stretta sinergia tra pubblico e privato: le dimensioni del fenomeno infatti e sua continua mutazione non ne facilitano il contrasto ma una svolta decisiva, riflette Luigi Scordamaglia, avverrà quando tutti gli attori coinvolti, governi, industria e società civile, metteranno a fattor comune le proprie competenze e risorse per raggiungere insieme un obiettivo comune. “Dal mio punto di vista questa non può che essere una strategia vincente soprattutto negli ambiti più controversi. Tuttavia a livello internazionale non è sempre facile costruire questo tipo di sinergie".

"La Convenzione quadro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sul controllo del tabacco, che ha stilato un Protocollo in risposta al crescente commercio illecito internazionale di prodotti del tabacco", prosegue, "invita le Parti a proteggere la politica del tabacco dagli interessi dei privati, ostacolando in questo modo quella collaborazione e quel coordinamento che invece faciliterebbero la risoluzione del fenomeno, riducendo il numero di consumatori, oggi milioni, che si affidano al mercato nero per continuare a fumare. In quadro come quello attuale, in cui assistiamo a un interesse crescente dei consumatori verso prodotti innovativi alternatici al fumo tradizionale, la collaborazione con le aziende assume invece un ruolo essenziale anche per avere un quadro costantemente aggiornato sui nuovi trend, le abitudini di consumo, e le caratteristiche dei nuovi prodotti. Approcci diversi, semplicistici, coercitivi non sono efficaci ed anzi allontanano il raggiungimento degli obiettivi”.

Viene dunque posta al centro l’educazione alla base rivolta al consumatore, che può avvenire solo riorientando le scelte di consumo attraverso un dialogo partecipativo e creando una coscienza collettiva: “Abbiamo visto qualcosa di analogo con il nutriscore, il sistema semaforico che alcuni vogliono rendere obbligatorio sulle etichette degli alimenti pensando che un segnale rosso fuoco su un’etichetta impressioni il consumatore. In realtà rinunciando ad educare e provando solo ad influenzare o suggestionare si raggiungono risultati opposti se si considera tra l’altro che sotto la pressione di pesanti lobby e Paesi il rosso dissuasivo lo si voleva mettere su prodotti di qualità della nostra tradizione. Vedo una forte similitudine in questo con il settore del tabacco dove il tentativo di non cambiare e di non evolvere attraverso il dialogo è portato avanti da Paesi soprattutto del Far East primi produttori globali interessanti a mantenere l’attuale status quo. Questo approccio va invece contrastato”.

Il futuro delle sigarette, e in particolare dei prodotti senza combustione, è tuttora tema di dibattito. L’OMS, tramite la COP dell’FCTC (Convenzione quadro per il controllo del tabacco) prevista a Panama City entro la fine dell’anno, si prepara a discutere delle misure internazionali in tema di controllo della filiera del tabacco e della sua conseguente attuazione a livello nazionale. Queste decisioni potrebbero inevitabilmente intralciare le direzioni già intraprese nei diversi Paesi e potenzialmente riflettersi negativamente sull’Europa, e in particolare sull’Italia.

Ne abbiamo parlato con Luigi Scordamaglia, Managing Director Filiera Italia e direttore relazioni internazionali di Coldiretti, che spiega: “Il rischio è alto: il futuro delle filiere si decide spesso in consessi internazionali, senza che Governi e Parlamento Europeo abbiamo la possibilità di garantire un processo realmente basato sulla democrazia e sulle evidenze. È un tema non soltanto per il tabacco ma per intere filiere dell’agroalimentare italiano, che ha giustamente suscitato accesi dibattiti in ambiti quali il vino o la carne. La conferenza delle parti in programma quest’anno a Panama rischia di avere un impatto pesante per decine di migliaia di persone che in Italia stanno lavorando, ormai da anni, alla trasformazione del settore verso i prodotti senza combustione e per oltre 10 milioni di fumatori italiani che potrebbero vedersi negare il diritto di un’informazione accurata sulle alternative alle sigarette”. 

“Si tratta, in questo come in molti altri casi, di un’eccellenza italiana che va preservata e che l’Europa dovrebbe stare attenta a non delegare a oscure piattaforme internazionali i cui processi mancano di totale trasparenza. Al contrario il dialogo tra le diverse fasi della filiera, i commitment di lungo termine, la formazione, l’educazione, l’innovazione sono gli elementi che fanno del modello italiano un modello che deve diventare sempre più riferimento globale”, conclude.

 

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