Rai, è tornato Damilano il gesuita: botte a Meloni, ma dopo l'ok al programma

Dopo l'addio del trio di mostri sacri Fazio, Annunziata, Berlinguer, Damilano rimane l'ultimo baluardo della sinistra all'interno della Rai

Di Giuseppe Vatinno
Marco Damilano 
MediaTech

Damilano critica Meloni sui migranti, ma la sua striscia informativa non gliela tocca nessuno. È lui l'ultimo baluardo del Pd in Rai

Marco Damilano è giornalista non scaltro, ma scaltrissimo. L’aspersorio è sempre garanzia di metodicità d’azione, unità di intenti e possesso di carte rivelatrici in grado di dispiegare la complessità della sociologia politica. È stato, di fatto, l’unico superstite rilevante dell’allegra brigata di sinistra in Rai. L’unico che si è tenuto il programma in fascia “riccioli d’oro” (la serale, la più ambita) su Rai 3, “Il Cavallo e la Torre”, che lautamente pagato lo fa campare dopo che è ha smobilitato da l’Espresso per supposta nuova gestione.

Damilano paragona la sua striscia informativa di 10 minuti a quella di Enzo Biagi o Andrea Barbato, paragone francamente eccessivo. Il Soccorso Rosso Rai non si è fatto attendere e il barbuto, sebbene incanutito, giornalista catto – comunista, è rimbalzato prontamente in groppa al cavallo di viale Mazzini con una traiettoria mirata da far invidia ad un artigliere provetto. Cose che agli altri, ovviamente, non riescono, ci vuole dote naturale, quello che San Paolo chiamava i carismi, in senso greco di doni naturali.

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Lui ce li ha e li sfrutta evangelicamente tutti. Non si risparmia. Qualche malizioso dice che mentre Berlinguer e Fazio se ne sono andati dall’Ente pubblico facendo la sceneggiata per poi finire a guadagnare il triplo coi privati a lui non l’hanno voluto. Lucia Annunziata risulta ancora non pervenuta, dopo le voci smentite di sue euro-candidature. Ma in realtà Damilano ha giocato proprio sul fatto che una sorta di rappresentanza democratica simbolica c’è sempre nei spoils system e ha brigato fin dall’inizio perché fosse lui l’unico rappresentante della sinistra e c’è riuscito.

Infatti i suoi avversari erano allora interni e non il centrodestra, a cui schiacciava malizioso l’occhietto. Si tratta di una nicchia ecologica che Damilano si è conquistato e difende con le unghie e i denti. Marcuse, ne “L’uomo ad una dimensione”, diceva che lo stesso Sistema produce i suoi anticorpi in una sorta di gioco in cui tutti hanno i propri vantaggi. Ma il giornalista ha preso un po’ troppo alla lettera il suo ruolo di “anticorpo istituzionale”, se così lo possiamo chiamare, e ha cominciato a sparare ad alzo zero contro il governo soprattutto per quanto riguarda la politica dei migranti.

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Lo ha fatto, ripetiamo, solo quando ha potuto e cioè quando le nomine Rai sono state formalizzate e i palinsesti svelati. Ieri sera ha detto che il numero degli sbarchi è enormemente aumentato con il governo Meloni, ma questo è effetto proprio delle ONG marittime di cui è “amico” Damilano e soci e non delle politiche governative. Si scambia la causa con l’effetto.

Pur nella sua funzione di scaltro anticorpo Damilano è pagato con denaro pubblico mentre lui supporta una attenta azione politica perché il suo mestiere lo sa indubbiamente fare bene. C’è una strategia, c’è un metodo, nella scaletta delle sue puntate. C’è una linea di fondo che persegue gesuiticamente e ci sono poi delle deviazioni più puramente tattiche dovute alla risposta immediata ai fatti contingenti del giorno. Damilano è ancora e sempre più il baluardo del Partito democratico dentro la Rai. Ed il fatto che sia un anticorpo istituzionale non significa dovergli lasciare completa via libera, perché così non si fa né il bene della democrazia né quello dei cittadini che pagano il canone per trovarsi ancora davanti chi fa politica e non solo informazione.

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