Politica

Cgil, compagni coltelli

Di Giuseppe Vatinno

La sinistra e il la CGIL non si smentiscono mai. Fanno l’esatto contrario di quello che predicano. Ecco che cosa è successo

Gibelli: Landini blatera sui “padroni” e poi licenzia, la solita vecchia storia. Purga rossa in CGIL

La sinistra e il la CGIL non si smentiscono mai. Fanno l’esatto contrario di quello che predicano. E così è nuovamente successo. Aveva iniziato Fausto Bertinotti ai tempi di Liberazione. Lavoratori di qua, lavoratori di là e poi li aveva spediti in cassa integrazione ed infine licenziati con un insolente marameo ideologico. Maurizio Landini ha invece licenziato il suo portavoce ufficiale del sindacato, Massimo Gibelli, grazie proprio al Jobs Act, la legge fatta da Matteo Renzi e che è sempre stata il pallino fisso da attaccare di Landini e della CGIL stessa (Il Pd non può farlo perché la legge l’hanno fatta incredibilmente loro).

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Landini ha definito il Jobs Act “una follia”, un attacco patronale che va “cancellato” immediatamente, anzi ha annunciato pure un referendum per abrogarlo. Tuttavia, appena gli è servito, non si è fatto scrupolo di utilizzarlo contro il portavoce storico del suo sindacato, nella migliore tradizione delle purghe staliniste. Dopo tutto la legge fatta dal Partito democratico era passata senza colpo ferire della CGIL stessa.

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Che il gatto si sia mangiato il topo e che abbia la coscienza sporca anzi sporchissima lo dimostra in maniera inequivocabile un fatto e cioè che Landini non ha risposto sul tema alle domande dei giornalisti. Gli inviati di “Quarta Repubblica” (Rete 4) lo inseguono, lo braccano, lo raggiungono ed infine lo stoppano: "Segretario, a quanto ci risulta il 4 luglio la Cgil ha licenziato lo storico portavoce del sindacato, Massimo Gibelli. Ne è a conoscenza?".