Report, l'inchiesta sul prosecco. Uva pugliese e non veneta: costa molto meno

La trasmissione di Ranucci svela l'intreccio tra produttori e controllori. Le falle nel sistema, manca una banca dati attendibile

di Redazione Mediatech
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Report, il caso del prosecco contraffatto. Ci sono voluti 7 anni per scoprire che...

La trasmissione Report svela un caso di contraffazione del prosecco, il celebre vino veneto verrebbe fatto in alcuni casi con uva pugliese. Il motivo? Costa meno. L'inchiesta riguarda una casa importante, Luigino Benotto di Valdobbiadene (Treviso), che però - si legge su Il Fatto Quotidiano - ha terreni anche ad Acquaviva delle Fonti (Bari). L'ha scoperto un concorrente, Luigi Forlin della Società agricola Minos di Treviso, colpito severamente nel 2016 dall’ufficio Repressione Frodi della Regione Veneto nella cosiddetta operazione Pinocchio e assolto lo scorso giugno dal Tribunale di Venezia. Perché il fatto non sussiste. "Ci sono voluti però 7 anni, che hanno portato le aziende sull'orlo del fallimento", spiega Sigfrido Ranucci In quei sette anni Forlin ha avuto il tempo di scoprire una circostanza inquietante: "Uno dei funzionari della Repressione Frodi del Veneto, Gianluca Bin, che ha condotto l'operazione Pinocchio, dopo l’inchiesta ha lasciato la repressione frodi ed è stato assunto dalla ditta concorrente Luigino Benotto". Gliel’ha spiegato uno della Coldiretti: le sue aziende, gli ha detto, "stanno sul cazzo a uno grosso di Valdobbiadene".

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Report racconta diversi casi di alterazioni e sofistificazioni, alcune peraltro sono furbate del tutto legali. Per esempio - prosegue Il Fatto - bisogna saper distinguere quando l’etichetta dice solo "imbottigliato da" o "imbottigliato all’origine da", perché nel primo caso l'indicazione è imprecisa. Se l’uva o il suo contenuto zuccherino non si usa, c’è chi aggiunge mosto concentrato rettificato anche in vini di un certo pregio (e prezzo). "Ogni atomo, ogni molecola ha degli isotopi che sono diversi da luogo a luogo, da vitigno a vitigno, da annata ad annata. Ma per poter fare questa impronta digitale io devo avere una serie storica di dati", spiega Attilio Scienza, professore di Viticoltura all’Università Statale di Milano. C’è una banca dati al ministero dell’Agricoltura, che però è secretata. Ma soprattutto "non è sufficiente, per avere una banca dati attendibile è indispensabile un'analisi molto dettaglia di un territorio" e “non abbiamo un numero sufficiente di valori", chiarisce il professor Scienza. Così agli stessi dati è possibile far dire una cosa e il suo contrario.

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