Vice Media a un passo dalla bancarotta, editoria Usa nel caos

Dopo il caso di BuzzFeed, il colosso canadese del giornalismo online vira verso il fallimento

di Lorenzo Goj
MediaTech

Vice a un passo dal fallimento

Vice sull’orlo del baratro. La media-company canadese specializzata nel giornalismo digitale, secondo quanto riporta il New York Times, starebbe per presentare istanza di fallimento. Per la società non è ancora giunta la fine, in quanto diversi compratori si sono fatti avanti per trattare l’acquisizione, ma sembra che non sia ancora stato trovato un accordo.

Le possibilità di venire “salvati” dalla bancarotta si fanno sempre più scarse e il fondo Fortress Investment Group, il più grande e vecchio creditore di Vice, è sempre più vicino per diventare il nuovo proprietario della media-company.

A corredare questa terribile situazione economica ci sono anche gli addii di pezzi da novanta come l’Amministratore delegato Nancy Dubic e del responsabile del dipartimento News & Entertainment Jesse Angelo. Ma il caso di Vice non è isolato. Poco tempo fa, infatti, un altro colosso del giornalismo online, BuzzFeed, ha annunciato la chiusura del dipartimento news e del conseguente licenziamento di circa 60 persone.

Coincidenze? Assolutamente no. È ormai infatti una certezza che il mondo dell’informazione e del giornalismo online siano in crisi nera. Tra i motivi più significativi, lo spietato strapotere dei social network Facebook, Instagram e Twitter (per citarne solo alcuni) per la diffusione di notizie e il forte calo delle spese fatte dagli inserzionisti. Ma non è tutto. Sembra anche certo che a non stuzzicare più come prima sia il tipo di “racconto”.

“Fare cose stupide in maniera intelligente e cose intelligenti in modo stupido”. Vice, infatti, per citare uno dei suoi fondatori (Gavin McInnes), ha fatto di questo concetto la propria chiave di volta. Nella stessa bacheca, infatti, si possono ancora trovare (non in Italia, nel nostro Paese la pubblicazione si è congelata il 28 marzo), notizie che parlano della guerra in Ucraina e, immediatamente a fianco, di una guida su “come fare la cacca”. Il tutto, confezionato utilizzando toni provocatori, linguaggio scurrile, immagini violente e foto a sfondo sessuale per attirare il più possibile il lettore.

Secondo il presidente (nonché tra i fondatori) di Vice Media, Shane Smith, la “storia” perfetta deve essere “semplice, avere un aggancio e avere un pugno in faccia”. Secondo Ryan Duffy, tra i più rinomati inviati della testata canadese, le storie di Vice devono superare una sorta di test: “La racconteresti a un tuo amico mentre state bevendo qualcosa al bar? Se sì, allora è la storia che stiamo cercando”.

Ebbene, per quanto questo tipo di giornalismo accompagnato dal digitale abbia dato vita a una vera e propria epoca, sembra che ormai non tiri più come una volta. Invece, seppur criticati e sminuiti per questioni come il “paywall”, colossi esistenti da centinaia di anni come il New York Times, esponenti del giornalismo “classico”, rimangono, seppur con qualche difficoltà, sempre in piedi.

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