Antinori, i giudici: "Abusi sessuali? No, manovre terapeutiche"

Le motivazioni con cui il tribunale di Milano ha assolto il ginecologo dall'accusa di violenza sessuale avanzata da due giovani pazienti

Severino Antinori
Milano

Antinori, i giudici: "Abusi sessuali? No, manovre terapeutiche"

Assolto perchè "il fatto non sussiste": è la decisione del Tribunale di Milano nei confronti di Severino Antinori. Non ci sono prove del fatto che il medico abbia commesso violenze sessuali su due pazienti, ma risulta, invece, che abbia agito "strettamente" in ambito "terapeutico-diagnostico" visitando le due giovani. L'assoluzione risale al 25 ottobre scorso. Il  ginecologo e discusso pioniere della fecondazione assistita, assistito dagli avvocati Gabriele Maria Vitiello e Tommaso Pietrocarlo. Antinori è stato prosciolto anche per un'altra serie di imputazioni dalla nona sezione penale (presidente del collegio Mariolina Panasiti).

Antinori, la condanna per la rapina di ovociti e le anomale accuse di violenza sessuale

Riguardo ai presunti abusi nel dicembre 2015 sulle due giovani pazienti, i giudici chiariscono che le loro dichiarazioni "non possono costituire valido paradigma probatorio univocamente convergente nel senso della realizzazione da parte dell'imputato di manovre" con "finalità e connotazioni sessuali piuttosto che strettamente terapeutiche-diagnostiche". Tra l'altro, il Tribunale manifesta "perplessità" sul fatto che le due giovani andarono a denunciare al Nas dei carabinieri, nucleo specializzato che stava conducendo la nota inchiesta su Antinori sulla rapina di ovociti, invece che in una caserma o in un commissariato. Una "scelta che desta perplessità - si legge - in ordine alla spontaneità della stessa".

Un elemento che, scrivono ancora i giudici, "necessiterebbe accurati accertamenti". Il medico, condannato in via definitiva nel 2020 a 6 anni e 6 mesi per il noto caso della 'rapina di ovuli', era già stato assolto in altri procedimenti, tra cui uno sempre per abusi sessuali nel capoluogo lombardo. Il Tribunale di Sorveglianza milanese dopo la condanna definitiva, accogliendo la richiesta dei difensori, aveva stabilito che il 77enne poteva scontare la pena in detenzione domiciliare e non in carcere per motivi di salute.

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