Don Giovanni: alla Scala torna lo straordinario spettacolo di Robert Carsen
A Milano il Don Giovanni di Robert Carsen, una delle più significative regie di teatro musicale dell'ultimo decennio
Don Giovanni: alla Scala torna lo straordinario spettacolo di Robert Carsen
Il Don Giovanni di Robert Carsen è uno dei più straordinari spettacoli di teatro musicale apparsi sulle scene mondiali nell'ultimo decennio. Da collocare - questa è una valutazione del tutto personale e comunque molto parziale – accanto ai Dialogues des Carmélites di Poulenc sempre sotto la sua regia alla Scala nel 2004, al Falstaff e a La vedova allegra di Damiano Michieletto, a Bohème, Eugene Onegin e Ascesa e caduta della città di Mahagonny di Weill-Brecht reinventati da Graham Vick (troppo prematuramente scomparso), tra le “grandi regie” del nostro secolo. Così si capisce subito da che parte sta chi scrive in tema di estetica operistica.
Visto alla Scala nella stagione 2011-12, rivisto nel 2017 con direttori e cast diversi, resta la straordinaria modernità dell'idea registica, in completa fusione con scene (Michael Levine), costumi (Brigitte Reiffenstuel) e luci (lo stesso Robert Carsen insieme a Peter van Praet). E, ovviamente, con la musica.
Il Don Giovanni di Carsen: Teatro con la T maiuscola
Dalla prima scena (il sipario che cade tirato giù da Don Giovanni durante l'ouverture e rivela lo specchio ondeggiante su cui si riflettono il teatro, la platea, i palchi, tutti noi che ci siamo dentro) all'ultima (Don Giovanni che beffardamente ritorna sul palcoscenico salutando con la manina i “buoni” che vengono inghiottiti dall'inferno) siamo di fronte a una cosa che si può chiamare solo in un modo, e con la maiuscola: Teatro.
Altri momenti: Donna Anna che getta a terra le sedie mentre racconta a Don Ottavio la sua aggressione e l'uccisione del padre. Le tre maschere che cantano in platea, in mezzo al pubblico, prima di entrare alla festa. Don Giovanni che si mette provocatoriamente in testa al corteo funebre del Commendatore. Don Giovanni e Leporello che si spogliano accanto al palco di proscenio e si rivestono scambiandosi gli abiti. La scena breve (ahimè, troppo breve...) in cui la cameriera di Donna Elvira, spogliata da Don Giovanni mentre insieme assistono alla scena come spettatori, seduti con le spalle al pubblico, esce verso le quinte come mammeta l'ha fatta, seguita dal licenzioso cavaliere che già pregusta il piccante seguito.
“Deh vieni alla finestra”: Don Giovanni lo canta rivolto non verso una finestra di scena, come accade sempre, ma verso i palchi del teatro illuminati a metà, con effetto di grande suggestione.
E poi tutti gli interpreti recitano bene, stramaledettamente bene: i movimenti, le posture, i gesti che accompagnano la parola – sia quella recitata sia quella cantata - , le espressioni del viso, la dizione. La mano di Dio, cioè di Carsen, si vede non solo nell'idea generale dello spettacolo, ma in tutti i minimi particolari attoriali.
Don Giovanni: una scenografia essenziale
In scena non c' alcun oggetto, tranne qualche sedia e il tavolo lungo stile Putin del banchetto finale. La scena è fatta dal teatro stesso, dalle sue quinte naturali e da quelle finte replicate all'infinito, oltre che dal già ricordato grande specchio oscillante. E dalle luci, light design come si dice oggi. Il che conferma che non è necessario riempire i palcoscenici di paccottiglia e umanità varia per rendere uno spettacolo d'opera appassionante.
Pablo Heras-Casado, direttore musicale barocco
E veniamo alla parte musicale. Il direttore spagnolo Pablo Heras-Casado, debuttante alla Scala, esprime chiaramente il suo dna “barocco” facendo sentire con grande nitidezza il disegno strutturale dei bassi (violoncelli e contrabbassi) che fa da fondamenta al grande palazzo musicale. L'orchestra ha un suono caldo e denso, diverso dal camerismo rarefatto di Barenboim nel 2011. Ritmi sostenuti, in certi punti forse un po' troppo veloci; ma siamo pur sempre di fronte a un'interpretazione di notevole personalità musicale.
La compagnia di canto è eccellente, sono tutti bravi, con delle punte. Innanzi tutto Zerlina (l'americana Andrea Carroll) e Masetto (Fabio Capitanucci) sono un miracolo di freschezza e luminosità. Donna Anna, la tedesca Hanna-Elizabeth Muller che aveva già interpretato il ruolo nel 2017, ha voce energica e insieme flessuosa, ma forza un po' troppo gli acuti. Lo svizzero Bernard Richter, tenore leggero mozartiano con voce chiara e il fiato necessario per i lunghi pipponi a cui Wolfgang sottopone il personaggio, ci rende quasi simpatico quello scialbo pirla di Don Ottavio. Il Commendatore è l'austriaco Gunther Groissbock: permettersi un numero uno di tale livello per una parte così “corta” in termini di minutaggio è un lusso che solo pochi teatri al mondo possono permettersi. Alex Esposito È Leporello (ieri sera la sua 151^recita in questo ruolo), anche se nel registro centrale si è avvertito qualche momento di opacità.
Don Giovanni: bene Maltman, ma la stella è Emily D'Angelo
Don Giovanni è l'inglese Christopher Maltman: voce bella, piena, calda, morbida, elegante, da eccellente liederista. Gli manca solo il carisma perfido, tagliente e seducente di Peter Mattei, protagonista con Baremboim nel 2011 (quando Donna Anna era una strepitosa Anna Netrebko). In pratica, come dire che il limite di Roberto Baggio è stato quello di non essere Maradona...
Infine quella che a parere di chi scrive è stata l'autentica stella della serata: il giovane (28 anni) mezzosoprano canadese Emily D'Angelo, una Donna Elvira aggressiva, ossessiva, possessiva e insieme malinconica e nevrotica come richiede il personaggio. Voce salda, potente, ricca di armonici, equilibrata in tutti i registri. “Mi tradì quell'alma ingrata” perfetta. Poi c'è stato il tocco aggiuntivo di regista e costumista: Elvira compare in scena quasi sempre in sottoveste di seta nera, e il suo corpo atletico aggiunge seduzione fisica alla seduzione vocale e attoriale. Un grande futuro davanti a lei. Il giorno che interpreterà – perché questo dovrà per forza accadere – Octavian nel Rosenkavalier, io sarò in teatro, dovunque sia.