E così Savoini finì come Jonghi Lavarini. Il commento

E ovviamente è finito in nulla dopo anni e qualche milione di articoli sui giornali

di Fabio Massa
Gianluca Savoini (Lapresse)
Milano

E così Savoini finì come Jonghi Lavarini. Il commento

Per Savoini è finita come per Jonghi Lavarini. In niente. Niente processo. Archiviazione richiesta - dice la Verità - dalla Procura di Milano dopo aver indagato per anni. Eppure hanno capito tutto. Hanno capito chi c'era seduto al tavolo dell'Hotel Metropol, dove - secondo la ricostruzione iniziale - si sarebbe dovuta realizzare l'ideazione della tangente più colossale della storia.

E ovviamente è finito in nulla dopo anni e qualche milione di articoli sui giornali

Ora, chiunque conosca Gianluca Savoini (e a Milano nel giro della politica e della stampa lo conoscono tutti, proprio come tutti conoscono Jonghi Lavarini), sa che risulta alquanto improbabile come mente geniale e oscura e ideatore di un piano criminale internazionale. Ma poi una tangente miliardaria, che viene ideata nel bar di un hotel, che coinvolge una società dello stato che ovviamente non è presente e che non ne sa nulla, con gente che non ha mezzo ruolo pubblico, davvero può essere credibile? Ovviamente no. E ovviamente tutto è finito in nulla. E ovviamente è finito in nulla dopo anni e qualche milione di articoli sui giornali. Perché? Perché quella storia era funzionale a una narrazione politica, a un meccanismo politico. Questo vuol dire che quanto è successo è commendevole, che dobbiamo fargli una statua a Savoini e a tutti gli altri? Ovviamente no, perché il giudizio morale è ben diverso dal giudizio dei Tribunali. Ma come al solito questo va spiegato alla politica e al giornalismo: lasciate stare i tribunali. Quelli facciano il loro lavoro. Ogni intreccio non è altro che una forzatura, non è altro che una umiliazione per chi crede che la democrazia si deve basare sulle idee e sulla partecipazione e non sugli avvisi di garanzia.

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