Non voleva più vivere con lui: il compagno la uccide, ergastolo

L'uomo si era costituito dopo l'omicidio spiegando di avere ucciso la donna con un colpo di fucile al viso mentre questa dormiva

Milano
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Femminicidio nel Milanese: ergastolo anche in appello

 In appello e' caduta la premeditazione ma e' rimasta la pena dell'ergastolo per Antonio Vena, il 48enne a processo per l'omicidio volontario pluriaggravato di Alessandra Cità' nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2020 nell'abitazione di lei a Truccazzano (MI). E' la pronuncia della corte d'assise di appello in parziale riforma della sentenza dei giudici di primo grado che avevano riconosciuto l'aggravante. 

Era stato lo stesso Vena, difeso dall'avvocato Paolo Tosoni, a far scoprire l'omicidio costituendosi alla caserma dei Carabinieri di Cassano d'Adda (Mi) la domenica mattina del 19 aprile 2020, in pieno lockdown, spiegando ai militari di avere ucciso la donna con un colpo di fucile al viso mentre questa dormiva. Un racconto confermato anche durante il suo esame nel corso del processo.

Truccazzano, uccisa mentre dormiva

"Sono sceso nel seminterrato dove dormiva e ho preso dall'armadietto due fucili e un caricatore. E poi ho fatto quello che non avrei dovuto fare", aveva detto Vena in aula. La coppia conviveva da due settimane a casa di Cità, tranviera dell'Atm, a causa delle restrizioni previste dalle norme sul contenimento sul coronavirus. Durante la convivenza forzata la donna avrebbe piu' volte manifestato a Vena, prima dell'emergenza sanitaria impiegato come guardia venatoria a Bressanone (Bolzano), la volonta' di interrompere la loro relazione. Il pm Giovanni Tarzia aveva contestato l'aggravante della premeditazione che pero' non ha retto nel giudizio di secondo grado. 

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