"Informazione tra diffamazione e libertà": il confronto a Milano

Fondazione Stelline ha ospitato il primo di sei approfondimenti con ITALIASTATODIRITTO. Rossomando, Sorrentino, Gomez e Camera sulla riforma Cartabia

di Alessia Liparoti
Milano

"Informazione tra diffamazione e libertà": il confronto a Milano

Grande successo questa mattina per l’evento “Informazione tra diffamazione e libertà”, il primo di sei appuntamenti di approfondimento che Fondazione Stelline organizza nella sede di Corso Magenta 61 a Milano insieme all'Associazione ITALIASTATODIDIRITTO. Al centro dell’incontro, patrocinato dall’Ordine dei Giornalisti lombardo, lo stato dell’arte della professione giornalistica e le ricadute della riforma Cartabia, soprattutto in materia di presunzione di innocenza. Ne hanno discusso Anna Rossomando, responsabile Giustizia e Diritti del Partito Democratico, Riccardo Sorrentino, presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia e Peter Gomez, direttore de ilfattoquotidiano.it insieme a Fabio Massa, Presidente della Fondazione Stelline e Guido Camera, Presidente di ITALIASTATODIDIRITTO.

Sorrentino: "La riforma Cartabia non va bene per i giornalisti"

“Purtroppo la riforma Cartabia non va bene per i giornalisti” ha dichiarato Riccardo Sorrentino aprendo il dibattito. “Basti vedere quanto accaduto in Emilia Romagna a diversi giornalisti. Anche se in quel caso la sanzione a livello pecuniario è stata piccola e poco più che simbolica, il sistema così non funziona. E il rischio che questo istituto troverà ampia applicazione è molto alto”. Secondo il Presidente dell’Odg lombardo non è una questione di verità: il destino della libertà di espressione arriverà a scontrarsi sempre di più con ciò che viene definito, in maniera più larga, un abuso dell’esercizio della stessa.

Camera: "Riforma Cartabia, i rischi per la libertà d'espressione"

“D’altronde le difficoltà in cui versa il mondo del giornalismo sono note” ha proseguito Guido Camera, citando due recenti sentenze della corte costituzionale proprio rispetto al sistema sanzionatorio. “Bisogna infatti considerare quanto l’intervento giurisprudenziale che limita la libertà d’espressione, che è un cardine della democrazia, nel momento in cui assume la funzione di censura diventa incostituzionale. Gli unici casi in cui, secondo queste due sentenze, è possibile irrogare una sanzione afflittiva, sia di natura detentiva sia in termini di salate multe economiche, che spesso hanno una funzione più deterrente, sono i casi di fake news e di manipolazioni dolose delle notizie con finalità di disinformazione”.

Nel frattempo la Corte ha invitato il Parlamento ad adottare un sistema omogeneo di riforme, in particolare degli aspetti legati al sistema sanzonatorio per reati tipici del giornalista che ha avuto una serie di passaggi, ma non è arrivato a un prodotto legislativo definito. “Intanto – ha aggiunto il Presidente di ITALIASTODIDIRITTO. - c’è stato il decreto legislativo 188 del 2021 che ha recepito la direttiva in materia di presunzione di innocenza che il mondo del giornalismo vive come un soffocamento delle proprie prerogative perché attribuisce la funzione di mediazione intellettuale non più al giornalista, ma a chi redige, per conto della procura della Repubblica, il comunicato”.

E se i giornalisti avessero esagerato con le inchieste?

A fornire  ulteriori spunti è stato Fabio Massa. Il Presidente della Fondazione Stelline ha sollevato un quesito provocatorio. “Tra i criteri deontologici della professione giornalistica c’è l’interesse pubblico della notizia. Ma pensiamo ad alcune recenti inchieste giornalistiche che hanno investito la sfera politica. Visto l’esito elettorale, pare che queste inchieste non interessino poi molto o comunque non abbiano determinato effetti o cambiamenti. Non è che forse la categoria ne ha un po’ abusato?”

Gomez: "Tutti possono sbagliare, diverso è usare il giornalismo per fare altro"

Secondo Peter Gomez non è così. “Il nostro mestiere non è di cambiare il mondo, ma di raccontarlo” ha evidenziato il direttore de ilfattoquotidiano.it. “Noi normalmente ci occupiamo di personaggi pubblici. E abbiamo a che fare con querele da parte di figure ricche e potenti, alle quali, in genere, non costa nulla sporgere querela, a prescindere da ciò che abbiamo scritto. E quando cominci ad avere 50/60 cause civili te le poni delle domande sul tuo mestiere. Anche i tuoi colleghi si interrogano sulla tua credibilità. Purtroppo per noi giornalisti è meglio una querela penale di una causa civile, perché in quest’ultimo caso spesso non basta aver scritto la verità ed essere stato continente”.

Rispetto alla riforma Cartabia Gomez non si dice preoccupato. “Lo sappiamo tutti che per finire in galera per un articolo bisogna aver scritto qualcosa di falso, sapendo che lo è. Ma in quel caso sei un delinquente. E se finisci in carcere, non sono solidale solo perché sei un collega. Tutti possiamo sbagliare e aver incrociato una fonte che si è rivelata inaffidabile, ma diverso è usare il giornalismo per fare altro”.  Per il direttore del fattoquotidiano.it “la norma che dovremmo avere è quella sulle querele temerarie: e questo non solo a tutela dei giornalisti, ma dei cittadini. Perché il rischio di una stampa troppo servile per evitare denunce, non fa bene nemmeno ai lettori”.

Giornalismo e web: la senatrice Rossomando ed il tema del salario e della giusta retribuzione

Massa ha inoltre ricordato come oggi un redattore, soprattutto per il web, sia chiamato a scrivere fino a 40 pezzi in un solo giorno e una produzione a tali ritmi difficilmente è accompagnata da un’attenta verifica. Oltretutto, se redattori e collaboratori percepiscono compensi irrisori, come 3 o 4 euro a pezzo, la motivazione e l’accuratezza possono venir meno.

“La questione del salario e della giusta retribuzione riguarda la quasi totalità dei lavoratori” ha risposto la senatrice Anna Rossomando “ma a maggior ragione dovrebbe essere posta all’attenzione quando riguarda una professione come quella giornalistica, la cui libertà riguarda tutti noi e determina lo stato di salute della nostra democrazia”.

Riprendendo la provocazione di Massa, la senatrice ha tenuto a precisare: “Le inchieste non hanno esiti politici? Non concordo con questo approccio. Le inchieste non possono essere delegate solo alle procure. L’elettorato può farsi un’opinione, ma la magistratura e il giornalismo devono comunque andare avanti in nome dell’autonomia e del loro ruolo di ‘cane da guardia’ del potere”. Rispetto al decreto sulla presunzione di innocenza Rossomando ha evidenziato come intervenga soprattutto sul tema della spettacolarizzazione della giustizia e della diffamazione. “Le conferenze stampa devono essere più disciplinate e parametrate al loro rilievo pubblico. Riguardo alla lite temeraria, il processo civile può risultare più aggressivo e ‘intimidatorio’. L’intervento che intendiamo fare su questo fronte è importante, ma ricordo che c’è anche la disciplina della rettifica”.

Il ciclo di appuntamenti dedicati ai temi della giustizia, dell'informazione, del fisco, della burocrazia e dei diritti civili promosso dalla Fondazione Stelline e dall’associazione ITALIASTATODIDIRITTO. prosegue lunedì 20 marzo con un nuovo incontro sempre presso la Fondazione Stelline.

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