M. Il figlio del secolo al Piccolo: un'opera brechtiana

Al teatro Piccolo di Milano in scena M. Il figlio del secolo, di e con Massimo Popolizio, tratto dall'omonimo romanzo storico di Antonio Scurati

Di Francesco Bogliari
Tags:
benito mussolinifrancesco bogliarim. il figlio del secolomilanoteatro piccolo
Milano

M. Il figlio del secolo al Piccolo: un'opera brechtiana

Mussolini come lo avrebbe raccontato, forse, Bertolt Brecht. In questi giorni sta andando in scena al Piccolo Teatro Strehler di Milano M. Il figlio del secolo, di e con Massimo Popolizio (con la collaborazione di Lorenzo Pavolini), tratto dall'omonimo romanzo storico di Antonio Scurati, che racconta l'ascesa al potere di Benito Mussolini dal 1919 al 3 gennaio 1925, attraverso il “biennio rosso” 1919-20, il “biennio nero” 1921-22 e l'assassinio di Matteotti del 1924.

M. al Piccolo, l'intuizione del "doppio Mussolini"

Grottesco, cabaret, circo, avanspettacolo, parodia, trash: tutto questo in tre ore di spettacolo, tanta roba, 31 quadri recitati da 18 attori che impersonano ciascuno più personaggi. Geniale l'idea del “doppio” Mussolini, quello “teatrante” e domatore da circo recitato da un istrionico Popolizio, e quello “reale”, colto anche nelle sue numerose debolezze umane, magistralmente interpretato da un Tommaso Ragno in stato di grazia.  Scenografia (Marco Rossi) essenziale e mobile, sapiente gioco di luci (Luigi Biondi), costumi (Gianluigi Sbicca) modellati su quelli dell'epoca, con ghette, panciotti, Borsalino, bombette e occhiali da motociclista.

Molti i personaggi, noti e meno noti, che emergono dai brevi quadri. Fra tutti D'Annunzio – Riccardo Bocci (qui presentato forse un po' troppo rottame umano rispetto a quanto il Vate fosse nella realtà in quegli anni); Margherita Sarfatti-Sandra Toffolatti (probabilmente esagerato il ruolo della amante intellettuale nell'ascesa al potere dell'ex direttore dell'Avanti!); Nicola Bombacci-Tommaso Cardarelli (prima socialista, poi comunista, poi fascista, finito appeso in piazzale Loreto insieme al vecchio compagno di gioventù); Giacomo Matteotti-Raffaele Esposito (emerge tutta la nobiltà morale del politico polesano, qui accentuata con tratti di romanticismo nella relazione con la moglie Vera).

M. allo Strehler, spettacolo di scenografie e musiche

Dal punto di vista visivo, le scene più belle sono a mio parere quelle della pioggia che cade incessante sui fascisti durante la marcia su Roma; e quella del trenino giocattolo che simula il vagone letto con cui il futuro Duce scese da Milano a Roma il 30 ottobre 1922 per ricevere da Vittorio Emanuele III l'incarico di formare il governo.

Per la musica si è puntato su fox-trot, tango e valzer e, per la scena finale, sul Battiato di “Bandiera bianca”. Forse, vista l'impostazione brechtiana del lavoro, si poteva anche osare qualche citazione di Kurt Weill, che in quegli anni era già attivo e di parodia grottesca se ne intendeva.

M., una piccola pecca in quell'errore sulla data

Una sola pecca. Lo spettacolo si chiude sul discorso di Mussolini alla Camera del 3 gennaio 1925, nel quale il capo del fascismo si assume la responsabilità politica e morale del delitto Matteotti. Da lì inizia la dittatura. Il discorso fu pronunciato il 3 gennaio, non il 23 come scritto nella didascalia proiettata sopra il palcoscenico. Errore che non inficia la qualità dello spettacolo, ma è poco accettabile in una produzione di questo livello.