Omessa dichiarazione e autoriciclaggio: prosciolti i vertici di Boggi
Il gup proscioglie i fratelli Zaccardi proprietari del marchio Boggi dall'accusa di esterovestizione
Omessa dichiarazione dei redditi e autoriciclaggio: prosciolti i vertici di Boggi
Fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società in un altro Paese attrattivo per il trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, in modo da sottrarsi agli adempimenti previsti dall’ordinamento tributario del Paese di reale appartenenza: questa la definizione di esterovestizione. Il reato per il quale sono finiti a processo i vertici del brand di vestiti Boggi. Come riferisce il Corriere, i tre fratelli Zaccardi proprietari del marchio dal 2003 sono stati prosciolti in udienza preliminare dall'accusa di omessa dichiarazione dei redditi ed autoriciclaggio. Mentre la manager Alice Perestrello Marques, legale rappresentante della società portoghese Fontwell e della statunitense Darwell, ha patteggiato sei mesi convertiti in pena pecuniaria di 45mila euro.
La vicenda giudiziaria che ha coinvolto il marchio Boggi
Complessa la vicenda giudiziaria. Secondo il pm Maurizio Ascione tra il 2010 ed il 2015 Boggi avrebbe dichairato i propri introiti italiani in Portogallo e negli Usa tramite due società. L'autoriciclaggio? L'ipotesi era che i soldi risparmiati finissero in alcuni trust riferibili ai fratelli Zaccardi e ad un socio, Fabrizio Fassino. Non solo beneficiari ma anche presunti ideatori del meccanismo. Ma nel 2019 Boggi si è accordata con il fisco per pagare le tasse arretrate, riportando in Italia tutta la fiscalità (40 milioni di euro versati, metà in relazione all’inchiesta penale, e metà nel contenzioso su altre società e altre annualità). E la Procura ha optato per una richiesta di archiviazione delle accuse penali non accolta tuttavia dal gip Daniela Cardamone. Si è così giunti martedì 16 gennaio davanti al gup Roberto Crepaldi. Che ha prosciolti i fratelli Zaccardi "per non aver commesso il fatto".