25 aprile, il ritorno di Fini è una nuova grana per Meloni. Ecco perchè
L'ex An Fini sta riproponendo una pillola avvelenata alla Meloni che i conti con il fascismo pensava di averli già fatti in Europa e nel mondo...
25 aprile, la stoccata di Fini e la nuova "grana" per Meloni: analisi
Giorgia Meloni ha un nuovo problema. Si chiama Gianfranco Fini, viene da un passato difficile e va verso un futuro incerto. Dopo la vicenda e il processo della casa di Montecarlo si ripresenta in politica. Cosa vuole l’ex delfino di Giorgio Almirante? È la cattiva coscienza della destra fascista ed ex fascista oppure potrebbe essere un valore aggiunto per la nuova destra atlantica meloniana?
Sono tutte domande legittime che si affollano a ridosso di un 25 aprile che per il governo rappresenta una grossa grana da gestire, al di là delle dichiarazioni di circostanza ma che, d’altro canto, ritaglia spazi di visibilità per chi da quel mondo viene, come l’ex Presidente della Camera.
Aveva cominciato timidamente a riapparire subito dopo la vittoria del centro – destra nel settembre scorso. Inizialmente qualche comparsata televisiva, qualche breve intervista, qualche “consiglio” televisivo non richiesto a quella “Signora dei miracoli” che era riuscita là dove tutti –e lui in particolare- avevano fallito e cioè nel trasformare la destra fascista proveniente direttamente dalle nebbie di Salò in un “normale” partito conservatore. Impresa difficilissima, peggio che l’invio di un razzo su Marte.
Ed infatti era riuscita a metà per –potremmo dire- eccesso di zelo. Da un lato la “svolta di Fiuggi” aveva sancito l’abbandono del fascismo, ricordiamo che Giorgio Almirante era stato Capo di Gabinetto del ministro della cultura popolare, il mitico “Minculpop”, diretto da Fernando Mezzasoma appeso a Piazzale Loreto, dall’altro si era spinto troppo oltre per i militanti, definendo il fascismo “male assoluto”. Neppure il suo alter ego di sinistra, Achille Occhetto, era giunto a tanto con il comunismo.
Fini fu sdoganato da Berlusconi ma fu proprio il Cavaliere a giubilarlo, con la famosa risposta “che fai mi cacci?” che Fini aveva pronunciato proprio per sancirne l’impossibilità politica e che invece divenne il suo inizio della fine, con la nascita di Futuro e libertà che poi confluì in un prototipale Terzo Polo con Casini e Rutelli che svanì presto nel nulla.
Intanto Fini era diventato nel Popolo della Libertà Presidente della Camera ed era andato molto oltre il doppiopetto di Almirante approdando ad un intero completo di alta sartoria flirtando pericolosamente, per gli ex camerati, con la sinistra. Così ieri da Lucia Annunziata, ex dalemiana di lungo corso, scaltra navigatrice delle correnti carsiche e non della politica è intervenuto senza mezzi termini:
“Spero che Giorgia Meloni voglia cogliere anche questa occasione (il 25 aprile, ndr) per dire senza ambiguità – lei non è una donna ambigua – e reticenze che la destra i conti con il fascismo li ha fatti in fondo e senza infingimenti quando è nata Alleanza nazionale. An condannò il fascismo, Giorgia Meloni ha questa sensibilità”. Ha poi così continuato l’ultimo segretario del Movimento Sociale Italiano: “Ancora una volta un 25 aprile di divisione, di polemiche e in alcuni casi di risse. Tutti si devono chiedere perché e fare quello che possono per evitare che nei prossimi anni si sia nelle stesse condizioni. E deve farlo soprattutto la destra, che oggi governa forte di un voto indiscutibile e che per alcuni non avrebbe fatto i conti col suo passato”.
E poi la botta finale che mette in difficoltà oggettiva il governo: “Proprio perché conosco Ignazio La Russa da una vita e Giorgia anch’essa da tanto tempo, sono convinto che ne siano consapevoli, ergo, soprattutto la premier, abbiano la determinazione nel dire chiaramente quello che so che ritengono veritiero: libertà, giustizia, solidarietà sono valori antifascisti, perché i sono valori della Costituzione. Non capisco la ritrosia a pronunciare questo aggettivo. O meglio, la capisco ma non la giustifico”.
Insomma, da un certo punto di vista Fini sta riproponendo una pillola avvelenata alla Meloni che i conti col il fascismo pensava di averli già fatti in Europa e nel mondo. La sua scelta atlantica proprio quando due partner, Salvini e Berlusconi, erano amici di Putin e lei stessa lo è di Orban, sta lì a dimostrarlo.
Ora Fini le rompe le uova nel paniere riproponendosi nelle sue vesti di padre nobile. Vuole qualcosa? C’è da chiedersi. Una risposta è che Fini, dopo aver scontato l’embargo monacense vuole tornare alla politica attiva e l’occasione delle Europee del 2024 sono una occasione che pare cadere a pennello. O forse l’ex leader dell’MSI vuole –non richiesto- solo completare l’opera di Fiuggi?
In ogni caso una bella grana per la premier che ha vinto proprio azzeccando la formula magica di allontanamento dal fascismo e di qualche strategica strizzata d’occhio al popolo dei nostalgici. Una risposta viene dal cognato della premier Francesco Lollobrigida: “Non è il suo tempo. L’ex leader di An viene spesso strumentalizzato dalla sinistra. L’unica certezza è che Giorgia è riuscita in quello che lui non è stato in grado di realizzare”.