Assalto alla CGIL e lobby nera: serve un taglio netto con il passato
Vanno accolte con favore le parole di Giorgia Meloni sull'incompatibilità tra FDI e fascismo. Il problema non può essere sottovalutato, nemmeno dalla destra
La drammatica gravità degli assalti alla CGIL ha un riverbero anche simbolico, visto che richiama a un secolo di distanza quello che fu uno dei primi passi del fascismo. Anche per questo, è necessario guardare la realtà in faccia, sgombrando il campo da minimizzazioni rassicuranti che sentiamo da troppo tempo.
Esattamente come in altri Paesi europei come la Francia e la Germania, che pure hanno saputo fare i conti con la storia meglio di noi, il neofascismo non è appannaggio di sparute e innocue minoranze e nemmeno di improbabili cospiratori da operetta. Eppure, abbiamo sentito benaltrismi del genere anche in occasione del dibattito suscitato dall'inchiesta “lobby nera”, che si è tentato di derubricare a mera didascalia di una realtà già conosciuta.
Fa bene il direttore di Fanpage Francesco Cancellato a respingere questa critica, perché se da un lato è vero che chi conosce veramente la politica milanese non può dirsi troppo sorpreso da certi comportamenti, dall'altro è stato fondamentale portare a conoscenza dell'opinione pubblica fatti non scontati, ovvero che dietro alla faccia presentabile e istituzionale di alcune forze politiche talvolta si nascondono nostalgie che non possono fare parte del dibattito democratico.
Chi entra nelle istituzioni pubbliche deve riconoscersi nella Costituzione, nata dalla lotta antifascista. Un taglio netto col passato è necessario perché nel nostro Paese vi possa essere una sana dialettica tra forze con idee contrapposte, ma che si riconoscano nel perimetro comune della democrazia nata dalla sconfitta del fascismo. La denuncia del pericolo squadrista non può essere considerata come un'iniziativa di parte o, peggio, come una caccia ai fantasmi, bensì deve essere il minimo comune denominatore per chiunque si affacci alla vita pubblica.
Per questo sono molto importanti le parole con cui Giorgia Meloni ha dichiarato incompatibili con FDI le pulsioni neofasciste: il messaggio è stato chiarissimo sia nei confronti dell'elettorato, sia verso chi può pensare di giocare sull'ambiguità per ritagliarsi un posto al sole. Poi bisognerà far seguire alle parole ai fatti, agendo in maniera consequenziale e cercando – per quanto possibile – di mantenere la vigilanza sulla correttezza dei comportamenti nei gangli locali del partito. Però si tratta di un passo nella direzione giusta ed è auspicabile che anche Matteo Salvini faccia una mossa analoga, visto che la seconda puntata dell'inchiesta ha puntato il dito su alcuni esponenti della Lega.
I fatti di cronaca e la capacità giornalistica di raccontarli hanno portato alla luce la vera dimensione del problema, che va finalmente affrontato senza mistificazioni. Compresa quella, sentita ancora di recente, che all'abiura del fascismo dovrebbe corrispondere quella del comunismo che, almeno in Italia, ha avuto una storia che nulla ha a che fare con il totalitarismo. La risoluzione UE che nel 2019 ha condannato tutti i totalirismi, pur partendo da nobili intenzioni, ha contribuito alla confusione, facendo di tutta l'erba un fascio.