Benifei (Pd) ad Affari: "Su Fitto nessuna preclusione, ma deve dimostrare di avere a cuore l'Italia"

L'esponente dem racconta al nostro giornale quali sono le criticità che si stanno delineando alla vigilia della definizione dei membri della Commissione von der Leyen. E sulle nuove destre...

di Marco Scotti
Politica

Benifei (Pd): "Ascolteremo Fitto con attenzione, nessuna preclusione" 

“Lo ascolteremo senza pregiudizi, ma Fitto dovrà dimostrare di voler davvero un’Europa più forte, altrimenti continuerà a sostenere una visione che indebolisce il nostro Paese.”

L’onorevole Brando Benifei, presidente della delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti del Parlamento Europeo e coordinatore per il commercio internazionale dei Socialisti e Democratici, è chiaro e deciso.

Mentre le audizioni dei commissari europei si avvicinano, la sua attenzione è rivolta a temi centrali come il futuro dei diritti dei lavoratori, la transizione ecologica e il ruolo sempre più fragile dell’Italia sotto il governo Meloni.

Onorevole Benifei, le audizioni dei commissari europei si avvicinano. Quali sono le vostre priorità come gruppo politico e come vi approccerete, ad esempio, a un commissario come Fitto?

Le audizioni rappresentano un momento cruciale per mettere nero su bianco gli impegni su temi fondamentali come i diritti dei lavoratori, l’accesso alla casa, la tutela dei servizi pubblici, e soprattutto la transizione ecologica e digitale.

Ascolteremo Fitto con attenzione, ma la verità è che il suo gruppo politico ha sempre sostenuto un’Europa fragile, con il diritto di veto che depotenzia le capacità comunitarie.

Noi, invece, vogliamo un’Europa più forte, capace di affrontare sfide globali. Fitto dovrà chiarire se intende sostenere questa visione o continuare sulla linea dei conservatori, che va contro gli interessi italiani.

Lei ha parlato di un’Italia declassata sotto la guida Meloni. Cosa significa esattamente?

Sotto il governo Meloni, l’Italia ha perso peso politico in Europa. La delega assegnata a Fitto, per quanto importante per la coesione territoriale, è meno rilevante rispetto a quelle del passato.

Non è un’opinione, è un fatto. Questa delega è stata in passato di paesi come la Grecia o la Polonia, e Meloni è stata l’unica premier nella storia italiana a non votare per la Presidenza della Commissione, in questo caso Ursula von der Leyen, un errore strategico che oggi paghiamo caro.

Un tema caldo in Italia e in Europa è la gestione della migrazione. Come valuta l’operato del governo italiano?

La gestione migratoria del governo Meloni è, per dirla chiaramente, fallimentare. Si buttano milioni di euro per operazioni di propaganda, come l’invio di una nave con 16 persone a bordo in Albania.

È uno spreco insostenibile, tanto che anche il cancelliere tedesco Scholz ha detto chiaramente che questi approcci sono inutili. Si sta cercando di criminalizzare le ONG e creare un clima di emergenza costante, ma la realtà è che la gestione delle migrazioni in Italia manca di visione e strategia.

Le leggi, ovviamente, vanno fatte rispettare. Chi non ha diritto di restare in Italia deve essere rimpatriato, e su questo siamo tutti d’accordo. Ma continuare a utilizzare il tema migratorio per pura propaganda non risolve i problemi.

Dobbiamo puntare su un sistema di rimpatri efficiente, basato su accordi comunitari e rispettosi dei diritti umani con i paesi di origine, e su politiche di integrazione per chi invece ha diritto a restare. Purtroppo, il governo attuale preferisce concentrarsi su iniziative di facciata per accontentare la sua base elettorale piuttosto che affrontare il problema con serietà.

Inoltre, è necessario superare la legge Bossi-Fini. Questa legge ha dimostrato di essere inefficace nel rispondere ai problemi reali legati all’immigrazione, eppure il governo continua a difenderla.

Noi proponiamo una riforma che renda più facile l’integrazione per chi ha diritto a restare e allo stesso tempo garantisca rimpatri più rapidi e sicuri per chi non ha i requisiti. Ma serve una politica che guardi alla realtà e non solo al consenso immediato.

Molti osservatori dicono che l’ascesa delle destre stia modificando gli equilibri in Europa. Come risponde a questa affermazione?

È vero che la destra ha guadagnato terreno in molti governi europei, e questo riflette un certo spostamento dell’opinione pubblica verso politiche più conservatrici e, in alcuni casi, nazionaliste.

Tuttavia, bisogna essere chiari: in Parlamento Europeo gli equilibri non sono stati stravolti. Se guardiamo i numeri, vediamo che la maggioranza che ha sostenuto finora Ursula von der Leyen è ampia e comprende liberali, popolari e socialisti. Questo dimostra che l’Europa rimane, nel suo nucleo orientata verso il compromesso fra le principali forze politiche.

La destra, per quanto più forte rispetto a cinque anni fa, non è riuscita a prendere il controllo delle istituzioni europee. Certo, i movimenti di estrema destra hanno fatto sentire la loro voce, ma non hanno stravolto gli equilibri di potere.

Von der Leyen è stata eletta con una maggioranza più ampia rispetto al passato, e il suo programma, che include questioni come il Green Deal e la transizione digitale, è il risultato di un accordo tra forze politiche diverse: socialisti, verdi, liberali e popolari.

Questo è il vero cuore dell’Europa: la capacità di costruire consenso attraverso il dialogo. Certo, dobbiamo essere vigili: l’ascesa delle forze estreme, sia a destra ma anche a sinistra come abbiamo visto in Germania col partito BSW, può creare problemi se non vengono isolate.

Ma finché ci sarà spazio per il compromesso tra le forze democratiche, l’Europa rimarrà un progetto solido, anche se tante cose vanno cambiate e migliorate.

Per concludere, la transizione ecologica resta uno dei temi più dibattuti. Anche Mario Draghi ha sottolineato l’importanza di sostenere l’industria europea. Cosa ne pensa?

Draghi ha ragione: non possiamo affrontare la transizione ecologica regredendo sull’innovazione. L’Europa deve continuare a investire nelle nuove tecnologie e nel settore industriale. Altrimenti, non saremo in grado di competere con giganti come Cina e Stati Uniti.

Dobbiamo sfruttare al meglio strumenti come il Next Generation EU e i fondi europei, ma non dobbiamo essere ingenui: la concorrenza sleale della Cina va affrontata con decisione, anche attraverso dazi mirati per portare il gigante asiatico ad accordi più ragionevoli con noi.

Non possiamo permettere che l’Europa diventi frammentata se si vuole vincere questa sfida, dobbiamo avere una strategia chiara per competere a livello globale.

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