Berlusconi, Putin e quella vecchia amicizia ancora molto forte

Ucraina, Berlusconi dalla parte di Putin confondendo chi è l’invasore e chi l’invaso

Di Massimo Falcioni
Silvio Berlusconi e Vladimir Putin: amici da due decenni
Politica
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C’è chi, specie in Italia, crede che Zelensky reciti quando afferma: “E’ iniziata la fase più sanguinosa della guerra”

 

E’ un attimo, quando il cannone tuona lontano, confondere chi in guerra è l’aggressore e chi è l’aggredito. Così, in una Italia dove il 31 maggio verrà posta la fiducia in aula sul ddl concorrenza e, se dovesse mancare, il governo andrà a casa e si tornerà alle urne con la guerra a “un tiro di schioppo”, c’è chi esce dalla maggioranza silenziosa dei finti equilibristi e dei pacifisti di vecchio e nuovo conio schierandosi apertamente dalla parte dell’invasore. Ci riferiamo a Silvio Berlusconi che a Napoli ha detto: “Credo che l’Europa debba fare una proposta comune di pace cercando di far accogliere agli ucraini le domande di Putin”. Ma quali sono le domande di Putin se non quelle annunciate nella notte fra il 23 e il 24 febbraio scorso nel dare via a “un’operazione speciale” in Ucraina per “smilitarizzare il Paese diventato servo dell’Occidente” e “proteggere il Donbass” avvertendo poi che ci saranno “conseguenze mai viste se qualcuno interferisse”? 

Al di là dell’uscita del patron di Forza Italia, che così ha calato la maschera per ragioni elettorali e fors’anche per ragioni di amicizia e di business con il rais russo, c’è però oggi, dopo tre mesi di guerra assassina, l’impotenza della politica, c’è l’assenza che pare affidi alle armi e solo alle armi l’unica possibilità di fermare il conflitto illudendosi di poterlo fare senza affrontare e senza sciogliere i motivi per cui questa guerra è iniziata. C’è chi, specie in Italia, crede che Zelensky reciti quando afferma: “E’ iniziata la fase più sanguinosa della guerra” magari non tanto per dubitare di quel che il presidente ucraino dice ma per ribadire che non c’è differenza con Putin e che quindi i due contendenti “pari sono” dimenticando, o facendo finta di dimenticare, appunto, chi è l’aggressore e chi l’aggredito.

Ciò per superficialità e ingenuità, per malafede o per arroccamento ideologico: non si è oggi pro Russia come ai tempi della guerra fredda si era pro Urss intesa come “paradiso del proletariato” e baluardo della pace nel mondo, di certo si è sempre e comunque contro l’America ritenuta centro del capitalismo e dell’imperialismo e contro la Nato, intesa come braccio armato ad uso e consumo degli Usa. Gli ultimi sondaggi (Ipsos) dicono dell’incertezza e dello smarrimento degli italiani sulla guerra in Ucraina. Gli italiani sono incerti dividendosi quasi a metà: specificatamente sul nodo dell’invio di armi a Kiev il 46% non è d’accordo, mentre lo è il 44% e il 10% non si esprime. Dati che, sostanzialmente, riflettono le posizioni di chi è pro Russia e di chi è pro Ucraina più nella logica dei fan dello sport che dell’analisi politica. Il 64% degli italiani insiste nel chiedere comunque una trattativa con la Russia, unica via per far tacere le armi e arrivare alla pace.

Solo il 25% crede che l’unica possibilità per porre termine al conflitto in corso sia quella della sconfitta militare della Russia. Comunque, stando a questi sondaggi, oggi le maggiori preoccupazioni degli italiani sono l’aumento dei prezzi e la disoccupazione, come se le questioni economiche siano variabili indipendenti dal contesto generale internazionale e non subiscano il rimbalzo negativo dovuto da un terremoto qual è una guerra come quella in corso da oramai tre mesi fra Russia e Ucrainia e di cui nessuno sa quanto e come finirà. Qui siamo. In un ginepraio.



Innanzi tutto, almeno per quel che riguarda l’Italia e gran parte dell’Occidente, perché si fa ancora confusione sulla questione di fondo parlando indistintamente di guerra in Ucraina e non di guerra all’Ucraina da parte di un Paese aggressore ben definito, la Russia di Putin che questa aggressione l’aveva progettata da tempo sul piano ideologico, militare, propagandistico, primo passo per inglobare direttamente e indirettamente i Paesi dell’ex Unione Sovietica puntando di fatto, anche con il supporto della chiesa ortodossa del patriarca di Mosca Kirill, all’egemonia ideologica, politica, culturale, militare, religiosa, a livello mondiale.

Putin rischia, però, di andare al tappeto già al primo round, per i limiti strategici e militari già dimostrati dalla Russia, gigante dai piedi d’argilla, e per come il popolo ucraino si è stretto contro l’invasore, grazie anche al supporto – non solo militare - dell’Occidente, Usa ed Europa in testa. Questa messa in atto dal popolo ucraino è la “legittima difesa” di un popolo aggredito per fermare e respingere l’invasore. I “pacifisti” a senso unico che dai salotti buoni recitano la solita litania spuntata chiedendo la resa degli ucraini evidentemente dimenticano il diritto dei singoli e dei popoli a difendersi contro l’invasore.

Il popolo ucraino che oggi si batte per la propria indipendenza e per la propria libertà è un baluardo sul campo anche per la difesa della nostra indipendenza e della nostra libertà. La richiesta di adesione alla Nato di Svezia e Finlandia alla Nato e l’immediato “sì” ricevuto non è una alzata di testa provocatoria ma una scelta imposta dagli eventi, con la preoccupazione che quel che oggi è toccato all’Ucraina possa domani accadere ad altri Paesi vicini alla Russia imperialista. Questo è l’ultimo rospo che Putin è stato costretto a ingoiare fin qui, a dimostrazione che la sua aggressione all’Ucraina si sta risolvendo in un boomerang.

 

Con la sua ultima sortita, Berlusconi dà spazio a chi “ciurla nel manico”: “E’ Kiev che ha provocato Mosca”, “La Nato non deve allargarsi ma deve essere abolita”, “Non bisogna dare le armi agli ucraini perché così la guerra si prolunga”. Ecco. Anche nella Seconda Guerra mondiale c’era chi non voleva armare i partigiani e diceva che gli americano dovevano starsene a casa loro. Certo che bisogna puntare all’apertura di un vero negoziato, con un ruolo importante dell’Italia, come dimostrato dal premier Draghi nell’incontro con Biden.

Ma quel negoziato è ancora oggi possibile perché l’Occidente ha messo l’Ucraina in condizioni di non essere isolata politicamente e di non essere sconfitta militarmente: una nazione capace di difendersi con le armi sul proprio territorio non lasciando che l’invasore russo la ingoiasse in un sol boccone per avere via libera e fare poi lo stesso con altri Paesi. Insomma, oggi non c’è la guerra in Ucraina ma c’è la guerra della Russia di Putin all’Ucraina, non ci sono due belligeranti ma un aggressore e un aggredito. Non ci può essere pace oggi se l’aggressore non torna a casa propria. Non ci può essere pace senza libertà, senza democrazia. Sarà bene che, anche in Italia, questo sia chiaro. Prima che sia troppo tardi.

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