Caso Borghi, Meloni non ha chiamato Salvini. Sovranità, la premier d'accordo

Per la premier Meloni è un errore la richiesta di dimissioni di Mattarella, ma nella sostanza la posizione è molto simile a quella della Lega

Di Alberto Maggi
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Politica

Meloni ha parlato di una nuova Europa che valorizzi e metta insieme le varie sovranità nazionali

 

Giorgia Meloni non è mai stata una fan di Sergio Mattarella. Non è un mistero. Quando Matteo Salvini nella passata legislatura decise di optare per la riconferma dell'attuale Capo dello Stato, la leader di Fratelli d'Italia, allora all'opposizione, twittò stupita: "Non credo alle mie orecchie (sentendo in tv le parole del segretario del Carroccio, ndr)". E infatti FdI non votò per il bis di Mattarella.

E' chiaro che oggi lo scenario è totalmente diverso. Meloni è presidente del Consiglio e siamo a cinque giorni dalle elezioni europee. Ma sul caso dell'attacco del senatore Claudio Borghi al presidente della Repubblica, poi mitigato da Salvini, fonti ai massimi livelli di Fratelli d'Italia confermano che non c'è stata alcuna telefonata di Meloni al suo vicepremier leghista dopo le parole di Borghi. Esattamente come ha spiegato il titolare dei Trasporti e delle Infrastrutture.

D'altronde a fine pomeriggio ci pensa la stessa Meloni a mettere la parola fine al caso. La 'querelle' sulla sovranità europea aperta dalla Lega nei confronti del Capo dello Stato Sergio Mattarella? "Siamo in campagna elettorale, è abbastanza normale", tutto diventa "polemica politica. Io sono stata contenta che Salvini abbia chiarito", ha detto la premier nell'intervista a Quarta Repubblica in onda su Rete 4 questa sera. "Era importante farlo particolarmente nella giornata del 2 giugno, secondo me una giornata nella quale bisogna evitare il più possibile le polemiche", ha osservato la premier. "Non ci sembrava bello fare una manifestazione di partito di chiusura di campagna elettorale" il 2 giugno, ha ricordato Meloni riferendosi alla kermesse del 1 giugno di FdI a piazza del Popolo, mentre "il Pd lo ha fatto tranquillamente, tra l'altro - osserva Meloni - nella parata non ho visto alcun leader di partito della sinistra". 

"Sbagliato continuare ad andare dietro a Repubblica, che tra l'altro oggi ha preso anche la cantonata delle imminenti e fantasiose dimissioni di Giorgetti", fanno sapere da FdI e Lega. E' del tutto evidente che la premier considera un errore quel post su X (ex Twitter) di Borghi con il quale invitava alle dimissioni il Presidente, ma nel merito, nella sostanza - come spiega perfettamente su affaritaliani.it Manlio Messina, vicecapogruppo vicario alla Camera del partito di maggioranza assoluta - Meloni condivide le parole di Salvini sulla sovranità nazionale.

D'altronde è stata lei stessa sabato scorso, a margine della parata ai Fori Imperiali del 2 Giugno, a parlare di una nuova Europa che dopo le elezioni di sabato e domenica che valorizzi e metta insieme le varie sovranità nazionali. La Lega spinge sull'acceleratore e come slogan elettorale ha scelto 'meno Europa, più Italia' ma nella sostanza il messaggio non è affatto diverso: l'Italia non deve cedere altra sovranità a Bruxelles e l'Ue deve occuparsi dei veri, grandi temi comuni e lasciare agli Stati la libertà di legiferare.

Per questo l'impegno sull'immigrazione, tema europeo, sul Pnrr e sulle regole di Bilancio che siano le meno restrittive possibili, senza considerare la mancata ratifica del Mes che non è affatto piaciuta ai partner europei (Germania in testa). D'altronde se non fosse così la premier e il ministro Raffaele Fitto non avrebbero rivisto e riscritto quasi interamente il Pnrr. In sostanza, il messaggio che arriva da Palazzo Chigi è: errore chiedere le dimissioni di Mattarella ma sostanziale unità di vedute con la Lega sulla difesa della sovranità nazionale. E soprattutto nessuna telefonata a Salvini dopo l'uscita di Borghi.

Il fatto incredibile, e per certi versi preoccupante, è che su questa presunta, poi smentita e non avvenuta telefonata di Meloni a Salvini dopo il post del senatore Borghi, si sia scatenato un lungo dibattito politico e mediatico. Praticamente sul nulla. Una sorta di maionese politica e mediatica impazzita.