Cgil, successo di Meloni: c’è chi dice che le ha fruttato fino a 200mila voti
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L'impatto potenziale dell'intervento di Meloni al congresso della Cgil
A cura di Alessandro Amadori, politologo e sondaggista
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Il fatto che Giorgia Meloni, presidente del Consiglio ma anche leader di un partito dichiaratamente di destra come Fratelli d’Italia, abbia tenuto un discorso sul palco del congresso nazionale della CGIL, grande e storico sindacato “di sinistra”, è di per sé un evento rimarchevole. Proprio per questo, ci possiamo porre la seguente domanda: al di là della “storicità” dell’evento, che conseguenze ne possono derivare, sul piano politologico?
La prima considerazione da fare è che, nel complesso, Giorgia Meloni ha performato molto bene davanti a un pubblico che, di partenza, non era certo “amico” (per comprensibili motivi di reciproco posizionamento politico). L’essere riuscita a strappare ai delegati persino un applauso finale, non solo di cortesia, è appunto la dimostrazione che la performance di Giorgia Meloni è stata sicuramente positiva. Per una serie di fattori.
Perché ha ricordato un giuslavorista di valore come Marco Biagi e perché si è dichiarata più volte d’accordo con il segretario Maurizio Landini. Perché ha voluto parlare di contenuti concreti come le questioni del reddito di cittadinanza e del salario minimo. Perché ha valorizzato il ruolo dei sindacati, dando particolare rilievo all’istituto della contrattazione. Perché ha saputo usare bene alcuni strumenti retorici, come ad esempio l’ironia, per coinvolgere un pubblico che era partito con un atteggiamento di distanza e di freddezza.
Perché ha condannato a chiare lettere l’assalto subito dalla sede della CGIL, a inizio ottobre 2021, ad opera di militanti di estrema destra. Perché ha dimostrato coraggio, entrando non dall’ingresso laterale ma direttamente dalla porta principale, non temendo la protesta organizzata contro di lei da alcuni esponenti della minoranza del sindacato. Che ci si stata un’ottima interpretazione di comunicazione politica da parte di Meloni, dunque, non c’è dubbio. Ma che ricadute potrà avere questa ragguardevole performance?
Tenendo sempre conto del fatto che esistono, per l’uno e per l’altro schieramento, quote di elettorato appunto “schierato”, che molto difficilmente possono spostarsi da uno schieramento elettorale all’altro, l’ipotesi politologica più ragionevole è che Giorgia Meloni da un lato avrà sicuramente consolidato in chiave di auto-percezione di reputazione e di adeguatezza il proprio elettorato di riferimento; ma dall’altro avrà anche ottenuto un effetto positivo su un elettorato potenzialmente propenso verso il centro-destra, però al momento presente ancora incerto. Avrà cioè aumentato di una qualche misura la capacità di attrazione del suo partito e dell’intera alleanza di centro-destra, agendo sugli incerti.
E’ possibile quantificare l’entità di questo effetto? Rispondere a una simile domanda è difficile e anche un po’ azzardato, ma con le dovute cautele potremmo appunto azzardare, sul breve termine, un effetto attorno allo 0,5% in più. Diciamo qualcosa come 200 mila voti “probabili”. Non male, per una semplice partecipazione al congresso dei “nemici per antonomasia”. A dimostrazione che, Giorgia Meloni, sia come premier che come leader di partito, non va mai sottovalutata.