Ue, la politica di coesione ha favorito i Paesi dell'Est ma non il Sud Italia. La vera sfida di Fitto

L'esperienza del commissario italiano fondamentale per arrivare ad un nuova e più efficiente politica di coesione

di Vincenzo Caccioppoli
Politica

I fondi della politica di coesione sono pianificati su periodi di sette anni, ma l'utilizzo dei fondi è rallentato

 

Quando Jacques Delors delineò la sua visione del Mercato unico, predisse correttamente che l'efficienza economica non avrebbe beneficiato tutte le regioni d'Europa in egual modo. Così, nel 1993, la Politica di coesione venne creata insieme al Mercato unico per garantire un'equa partecipazione alla crescita e alla prosperità in tutta Europa. Il suo obiettivo era quello di creare condizioni di parità affrontando le disparità nello sviluppo economico, nelle strutture e nelle condizioni geografiche.

Questa ambizione politica era chiaramente affermata e incontestata nei trattati dell'UE (articolo 174 TFUE e articolo 130d Trattato CE). In sostanza, la Politica di coesione cerca di riequilibrare lo squilibrio tra efficienza ed equità all'interno del Mercato unico. Un mercato efficiente porta potenzialmente a un'ulteriore concentrazione dell'attività economica in una manciata di regioni urbane, lasciando indietro molti luoghi in periferia. Ma adesso la politica di coesione europea è di fronte a un bivio, e deve affrontare un esame e un dibattito senza precedenti sulla sua pertinenza e direzione in un mondo in rapido cambiamento.

Progettata per migliorare le condizioni economiche, sociali e territoriali in tutta Europa, questa politica si confronta ora con nuove priorità globali e vincoli fiscali. La Commissione europea sta discutendo proprio in queste settimane di come riformulare il programma di coesione per il periodo 2028- 2034. Lo strumento della coesione, che rappresenta un terzo del bilancio europeo, ha certamente giocato un ruolo fondamentale per lo sviluppo di determinati territori svantaggiati, soprattutto se si guarda ad alcuni paesi dell’est, Polonia in testa. Ma allo stesso tempo ha mostrato tutti i suoi limiti in altre zone europee, mezzogiorno italiano in primis.

Mentre la politica di coesione ha dimostrato la sua adattabilità alle esigenze immediate, questa flessibilità ha compromesso i suoi obiettivi a lungo termine. Occorre infatti precisare come dal 2007, la politica di coesione abbia in realtà abbracciato tutte le regioni europee, e non solo quelle svantaggiate, consentendo alle regioni più ricche di trarne grande beneficio. L’interrogativo cruciale cui occorre rispondere è: la politica di coesione ha favorito la convergenza economica tra Stati membri e tra regioni europee?

Gli studi mostrano che ciò è vero soprattutto per i Paesi del Centro ed Est Europa entrati nella Ue durante gli anni Duemila. Questi Paesi, partendo da livelli di ricchezza pro-capite inferiori, hanno sperimentato tassi di crescita del reddito più elevati dei “vecchi” paesi membri. Per contro, i Paesi del Sud Europa tra cui l’Italia sono cresciuti nello stesso periodo a tassi decisamente più moderati. Va ricordato che con l’ingresso dei Paesi dell’Est una parte considerevole dei fondi strutturali sono stati loro destinati, in competizione con le aree meno sviluppate degli altri Paesi, incluse le regioni del Mezzogiorno.

Emerge qui la prima contraddizione della politica di coesione che ha avuto un impatto significativo nelle regioni dei nuovi Paesi membri, ma non è riuscita a far decollare le regioni meno avanzate dei Paesi del Sud, tra cui l’Italia. La seconda contraddizione è che all’interno dei nuovi Paesi membri dell'Ue si stanno paradossalmente acuendo le disparità regionali. Come una delle componenti più grandi della spesa dell'UE, la politica di coesione è profondamente intrecciata con il quadro finanziario pluriennale (QFP), il piano di bilancio settennale dell'UE. Le prossime negoziazioni per il periodo successivo al 2027 saranno cruciali per determinare il futuro finanziamento della politica.

L'UE deve affrontare crescenti richieste finanziarie. Le attuali priorità, come la neutralità climatica, richiedono più fondi, mentre le nuove priorità, come la sicurezza, necessitano di investimenti significativi. Con i rimborsi del Recovery and Resilience Facility (RRF) a partire dal 2028, mantenere lo status quo del bilancio dell'UE non è sostenibile. La politica di coesione deve competere per risorse limitate, concentrandosi sul più alto ritorno sugli investimenti.

I fondi della politica di coesione sono pianificati su periodi di sette anni, ma l'utilizzo dei fondi è rallentato. Ciò riflette un processo decisionale più lento a livello europeo e le sfide nell'utilizzo efficace dei fondi da parte delle regioni. La capacità di assorbimento è particolarmente bassa nelle regioni meno sviluppate con carenze multidimensionali. Migliorare la capacità regionale di assorbire i fondi è essenziale per il successo della politica.

Ecco allora che adottare un approccio più centralizzato, come nel caso del next Generation Eu, potrebbe essere maggiormente efficace, diminuendo le inefficienze burocratiche evidenziate nella gestione a livello locale della spesa dei fondi di coesioni in questi anni. Questo permette anche di collegare i fondi della politica di coesione alle riforme strutturali, simile al cosiddetto approccio cash-for-reforms della RRF, può migliorare l'efficacia.

Tuttavia, allineare le condizioni con il livello di governo appropriato è difficile. Le regioni, spesso i principali obiettivi della politica di coesione, potrebbero non avere l'autorità per attuare le riforme necessarie, che sono in genere di competenza dei governi nazionali. Ecco allora che l’esperienza di Raffaele Fitto, il nuovo commissario preposto al tema della coesione, maturato nella ottima gestione del NGEU italiano, potrebbe essere fondamentale per arrivare ad un nuova e più efficiente politica di coesione, in grado di affrontare le importanti nuove sfide che attendono l’Europa nei prossimi anni.
 



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