Commissione Ue, Draghi è ancora un nonno al servizio delle istituzioni
Confermato lo scoop di affaritaliani.it. Ovvia la smentita dell'ex premier dopo l’errore dell’autocandidatura al Quirinale
Commissione europea, Macron spinge per Draghi
Ma che cosa doveva fare Mario Draghi se non smentire ogni tipo di voce dopo il clamoroso errore che gli costò la presidenza della Repubblica nel febbraio del 2022 quando si candidò con quell’affermazione passata ormai alla storia “Sono un nonno al servizio delle istituzioni”? Evidentemente l'ex premier ha imparato la lezione.
Ed è più che normale oggi confutare ogni tipo di ipotesi di una sua investitura alla presidenza della Commissione europea, come scrive Repubblica rilanciando la notizia data da affaritaliani.it qualche settimana fa. Sì, il presidente francese Emmanuel Macron ha scelto il suo cavallo per vincere il grande gioco del prossimo giugno sulle nomine ai vertici delle istituzioni europee, quando la maggioranza Ursula andrà a casa.
Le fonti di altissimo livello istituzionale europeo con cui questo giornale ha avuto modo di parlare nei mesi scorsi attribuiscono il ruolo di king maker a Macron, già protagonista delle nomine della scorsa tornata europea con Ursula von der Leyen (che Antonio Tajani oggi conferma come la candidata ideale per Forza Italia) alla presidenza della Commissione e la francese Christine Lagarde a capo della Banca centrale europea.
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Se valeva per il Quirinale la massima del "nonno al servizio delle istituzioni", vale anche per la presidenza della Commissione europea, poltrona di rilievo dell'Unione. Mai come in questo momento risuonano nella mente gli inviti dell'ex premier, sempre più frequenti negli ultimi tempi, a una maggiore integrazione europea, una sorta di manifesto politico che prelude a un suo incarico.
Così è stata letta la partecipazione di Draghi alla presentazione del libro di Aldo Cazzullo "Quando eravamo padroni del mondo", presso la Chiesa di Sant'Ignazio a Roma dove ha parlato della necessità di uno "Stato europeo".
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Questo è il quadro di partenza. Che uno dei grandi paesi europei come la Francia voglia sostenere l’ex presidente della Bce è un importante garanzia di successo per Draghi e va tenuto conto anche dell’Italia che con Meloni tratterà insieme agli altri capi di governo sul tavolo del Consiglio europeo. Difficile pensare che Giorgia la Patriota bocci un italiano alla guida della Commissione, organo spesso rigido nei confronti di Roma in tema di Bilancio.
Mario Draghi e Giorgia Meloni
Tuttavia, è impossibile escludere quella percentuale di insuccesso del negoziato. Come sempre accade nella logica europea della contrattazione a pacchetto (una lista di profili su cui i leader trovano l’intesa) il nome di Draghi dovrà incastrarsi con gli altri candidati che il Consiglio europeo sceglierà per definire la presidenza del Parlamento europeo, l’Alto rappresentate della politica estera, i commissari del governo continentale, la presidenza del Consiglio europeo medesimo e tanti altri ruoli di minore rilevanza politica ma comunque utili ad accontentare i paesi membri più piccoli.
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Chiaro è che le riflessioni in corso vanno ponderate con i risultati elettorali delle singole famiglie politiche alle prossime elezioni europee. Quanto farà il Partito popolare? Quanti voti prenderanno i Socialisti? I Liberali? I Verdi? Gli euroscettici? E la Meloni con i suoi Conservatori, che farà? Appoggerà la grande coalizione tra Popolari e Socialisti per aver più peso sui dossier che contano o andrà all’opposizione a sbraitare contro i l’Establishment europeo? Serve avere fra le mani i risultati che usciranno dalle urne per imbastire la migliore strategia, è ciò che impone il sistema proporzionale puro, la legge elettorale europea, ma la carta Draghi, Macron, vuole giocarsela.