Elezioni: mollato da Calenda, ora Letta deve per forza tornare da Conte

Il segretario Dem aveva detto che senza Azione si sarebbe sicuramente perso. Ora può solo rilanciare, riaprendo al M5S

Di Lorenzo Zacchetti
Politica
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Il bivio di Letta: accettare una sconfitta sicura o ricucire lo strappo con Conte

 

La marcia sbilenca di questo centrosinistra verso le elezioni del 25 settembre è più ricca di colpi di scena di una telenovela, senza essere altrettanto entusiasmante. Forte è la tentazione di non commentarla più fino a liste ed alleanze depositate, nella consapevolezza di essere esposti alla bufera dell'improvvisazione continua, come quella che ha portato Calenda a stracciare l'accordo che Letta aveva cercato di intessere con una pazienza degna di Giobbe. 

Tuttavia, anche in questa tempesta di nonsense, il fil rouge non era impossibile da individuare e infatti lo avevamo anticipato proprio ieri, prevedendo che non sarebbe stato semplice gestire il rapporto tra il Pd e un alleato davvero sui generis come Azione, che se lo inviti a cena si infila le tue ciabatte e la tua giacca da camera e pretende pure di scegliere menù o commensali. Con l'ennesimo colpo di testa di una traiettoria politica in stile yo-yo, Calenda ributta la palla nel campo di Letta, il quale – a maggior ragione – deve scegliere che strada prendere di fronte al bivio che gli si delinea di fronte.

Senza il corpo estraneo rappresentato da Calenda, la squadra progressista ora è legata da una logica più identitaria e basata sui valori della sinistra, con una spruzzata di ambientalismo. Il feeling con Fratoianni e Bonelli è naturale, mentre Di Maio lo consideriamo per il momento una sorta di oriundo, visto che è ancora all'inizio del suo noviziato neodemocristiano alla scuola di Tabacci (sempre che non litighino anche loro, ma questa è un'altra storia). Le possibilità di rimontare lo svantaggio nei confronti del centrodestra, però, sono decisamente basse.

L'idea di un Pd che accetta di andare all'opposizione per ricostruire le fondamenta del campo progressista sta ampiamente nelle cose, l'abbiamo già esaminata, ma lo strappo di Calenda costringe Letta al rilancio. Era stato lo stesso segretario Dem a spiegare le enormi (per alcuni, eccessive) concessioni al capriccioso leader di Azione con il fatto che, senza il suo appoggio, “la partita non sarebbe nemmeno cominciata”.

Ecco, per non contraddire se stesso e ammettere la sconfitta con oltre un mese e mezzo di anticipo, Letta deve cambiare le carte in tavola, con un “rinforzo” dell'ultima ora. Le opzioni in campo non sono poi moltissime. Una sarebbe Renzi, digerendo il boccone amarissimo dei rapporti personali tra i due, ma ormai Italia Viva pare intenzionata ad andare per la sua strada. Che semmai potrebbe incrociarsi con quella dello stesso Calenda.

L'altra è Conte, rivedendo il diktat nei confronti del Movimento Cinque Stelle sia per tutte le ragioni che abbiamo già esposto nel succitato articolo di ieri, sia perché il venir meno di Azione lo rende un passo necessario. A meno che non si voglia alzare bandiera bianca fin da ora, con gli elettori di centrosinistra che guardano attoniti questo spettacolo.