Gianluigi Paragone: "Mario Draghi fa quello che vuole, ai partiti le briciole"

Intervista di Affari al senatore e fondatore di Italexit: "Il M5s è già all'inferno". E Salvini? "E' vittima della sua comunicazione"

di Paola Alagia
Gianluigi Paragone
Lapresse
Politica
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Mentre i partiti che sostengono il governo sono impegnati a capofitto nella ricerca di un accordo sulla riforma della giustizia, con i rispettivi leader nei panni dei mediatori, l’ex senatore del M5s e fondatore del partito Italexit Gianluigi Paragone non ha dubbi su come andrà a finire: “Non saranno certo loro a trovare il punto di caduta – dice intervistato da Affaritaliani.it -. Si potranno accontentare del contorno, contando quante patatine riusciranno a mettere nel piatto. Ma nulla di più. E questo vale per la giustizia come per tutte le altre questioni”. Paragone, che è anche candidato a sindaco di Milano, ne ha per tutti. Per il M5s, che “non c’è più. Ma già dalle scorse regionali”, per la Lega “che cerca invano di recitare tutte le parti in commedia”. E non risparmia critiche neppure alle parole pronunciate dal Capo dello Stato Sergio Mattarella: “Quando afferma che la vaccinazione è un dovere morale sta dicendo che siamo moralmente obbligati a fare il vaccino e chi non lo fa scivola nel degrado morale. Ma io mi domando: chi difende il mio diritto di cittadino che deve concedere una malleva a multinazionali del farmaco che non saranno mai responsabili delle conseguenze del vaccino?”. Non senza aggiungere: “Sono interrogativi e riflessioni legittime. Peccato che nel maledetto imbuto delle etichettature ‘si-vax e no-vax’ manchi quella di ‘uomo libero’ e quindi io mi ritrovi automaticamente nel girone dei cattivi”.

Paragone, partiamo dalla riforma della giustizia. Il Movimento cinque stelle si gioca molto su questa partita e in tanti sostengono che rischi di vendere l’anima al diavolo. E’ così?
Il Movimento è già all’inferno, il problema è che a ogni nuovo passaggio delicato guadagna un girone infernale in più. Ormai il M5s esiste nominalmente e basta.

E se nella sintesi del governo fossero accolte le richieste dei Cinque stelle?
Non so quanto si potranno trovare punti di mediazione. La verità è che dentro il Pnrr c’è il cavallo di Troia di tante riforme, ma non sono i partiti a trovare il punto di caduta, sia chiaro. Potranno accontentarsi del contorno. Questo è agli atti ed è il motivo per cui alla fine Draghi farà quello che vuole. Perché il presidente del Consiglio non è coperto da partiti. Le forze politiche si stanno baccando come i capponi di Renzo ma non contano nulla.

Vale anche per la Lega, dunque?
La Lega vorrebbe recitare tutte le parti in commedia. Salvini è quello che si agita di più nel dire giù le mani da questo e giù le mani da quello, ma poi arriva Draghi e decide. Il leader del Carroccio è vittima della sua comunicazione. Io gli darei il consiglio di starsene zitto. Ha deciso di immolarsi per Draghi, ma almeno non lo faccia vedere troppo.



In realtà, sta emergendo una doppia Lega su vaccinazioni e Green pass.
È la stessa Lega che fa il gioco di sempre: recitare, appunto, tutte le parti in commedia. Alla fine, però, sul Green pass come sulle cartelle esattoriali si arriverà ad una decisione.

E allora?

 

Prendiamo il Green pass: se passerà con tutte le limitazioni anche per i ragazzini la Lega sarà colpevole. Poi vedremo anche cosa accadrà sulla scuola. Quando gli italiani si accorgeranno di chi è la colpa - e cioè di tutti i partiti che sostengono il governo - daranno le pagelle. La Lega, ma questo vale anche per il M5s, non potrà tirarsi fuori dal gabinetto Draghi dove rispuntano persino Arcuri e Fornero. E pensare che doveva essere una legislatura sovranista…

L’ultima nomina riguarda il figlio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tabacci in Leonardo. Anche se l’azienda ha spiegato in una nota che la selezione è stata affidata ad una società di recruiting.
Non mi frega niente dell’iter seguito. Questa è la meritocrazia anche nel governo Draghi. Punto. Centrodestra e centrosinistra sono dentro la rete di Finmeccanica. Adesso anche l’ex portavoce del ministro Di Maio è entrato nelle Relazioni internazionali. Sono tutti dentro, insomma.

 


Torniamo alla Lega. Secondo lei, sulle scelte del partito di Salvini pesa anche il controcanto di Fratelli d’Italia che all’opposizione sta crescendo nei consensi?
FdI è il gruppo parlamentare più evidente nel racconto dell’opposizione, ma ci sono altre forze - e Italexit è una di queste - che stanno crescendo anche nel Paese.

A proposito di Italexit, lei si candida a sindaco di Milano.
Mi candido perché bisogna guadagnare un centimetro alla volta, citando Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”. Perché sono proprio quei centimetri che alla fine fanno la differenza. Se Italexit dovesse entrare, come mi auguro e sono convinto, a Palazzo Marino la rivoluzione comincerà da Milano.

E in caso di ballottaggio Sala-Bernardo Italexit come si schiererà?
Non ce n’è per nessuno perché anche Luca Bernardo alla fine è appoggiato da un centrodestra che non ha fatto assolutamente opposizione a Sala in consiglio comunale. Tant’è che in questi anni non è cresciuto nessun candidato in seno al centrodestra.

Intanto, mentre si cerca di chiudere la partita giustizia, c’è quella del lavoro - con la riforma degli ammortizzatori sociali destinata a slittare a settembre - che rischia di avere un impatto pesante su lavoratori e disoccupati. Il Governo sta sottovalutando la questione?
Anche qui è da decenni che viviamo dentro la bolla emergenziale. Prima quella finanziaria, poi quella economica, quindi la bolla occupazionale e infine sanitaria. Ogni volta fanno le riforme che vogliono e che sono sempre opposte a ciò che garantisce la Costituzione. L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, non sull’occupazione, che è un dato statistico. Il lavoro, dunque, è equilibrio dei diritti e dei doveri del lavoratore e del datore, ma noi ormai siamo schiacciati dallo strapotere delle multinazionali che licenziano addirittura via mail. Pure la vicenda della sanità e del vaccino è dentro la stessa cornice. Ecco perché trovo criticabilissime le parole del Capo dello Stato.

Si spieghi.
Quando Mattarella afferma che la vaccinazione è un dovere morale sta dicendo che siamo moralmente obbligati a fare il vaccino e chi non lo fa scivola nel degrado morale. Ma io mi domando: chi difende il mio diritto di cittadino che deve concedere una malleva a multinazionali del farmaco che non saranno mai responsabili delle conseguenze del vaccino? Il paradosso è che la gente deve vaccinarsi per un bene superiore, ma è sguarnita di diritti. E sa qual è la conclusione?

No, qual è?
Che siamo dentro un grande imbroglio. Con un Parlamento depotenziato e con un presidente del Consiglio che considera quello a non vaccinarsi un appello a morire. Una corbelleria o una falsità - scegliete il termine che volete – così plateale era da tempo che non sentiva. Ma poi, siccome sono parole di Draghi ovviamente diventano subito celestiali…