Politica

Giustizia, si tenta l'ultima mediazione. Convergenza M5s-Lega sui reati gravi

Telefonata Draghi-Salvini: il leader della Lega apre al compromesso, Draghi concede lo stop sulla scuola

La riforma del processo penale deve andare in Aula nei tempi previsti, quindi venerdi', e incassare il via libera di Montecitorio se non proprio entro il week end, comunque al massimo nei primi giorni della prossima settimana. La linea del governo, dunque, non cambia. E su questo punto sono concordi sia il premier Mario Draghi che la Guardasigilli Marta Cartabia, viene spiegato. Quanto al merito delle modifiche, relative alla seconda parte del ddl e, in particolare, al capitolo prescrizione, se si raggiungera' un'intesa - al momento non ve n'e' traccia - con le forze di maggioranza, l'esito della mediazione sara' messo nero su bianco in un maxiemendamento, a quel punto 'blindato' dall'accordo politico. In caso contrario, in Aula sara' portato il testo del ddl con le sole modifiche del governo gia' esaminate e licenziate dal Consiglio dei ministri e su quel testo sara' posta la fiducia, gia' autorizzata dal Cdm.

 

Al termine di un'altra giornata di stallo sulla giustizia, con i vari big di maggioranza che parlavano apertamente di "impasse, nessun passo avanti" dopo la riunione a via Arenula con la stessa Cartabia e i capigruppo in commissione Giustizia, in serata arrivano segnali di apertura, che fanno intravedere un "cauto ottimismo". Tanto che la seduta della commissione, convocata dopo le votazioni dell'Aula, non prende avvio, in attesa dell'arrivo della Guardasigilli. Segnale, secondo i piu', che la mediazione in atto da giorni sarebbe avviata ad un passo dal produrre frutti. Fibrillazioni e conciliaboli nei gruppi, tutti riuniti a margine della commissione.

E c'e' chi nella maggioranza, con insistenza, tiene a sottolineare le dichiarazioni della responsabile Giustizia della Lega, Giulia Bongiorno, ("Per noi la priorita' e' la riduzione dei tempi dei processi, ma al contempo anche il massimo impegno per evitare che, a causa delle disfunzioni della macchina giudiziaria, vadano in fumo processi per reati gravi: quelli per associazione di stampo mafioso, per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e per i reati di violenza sessuale"), interpretate da alcuni come un chiaro segnale di tregua e allentamento della tensione con i 5 stelle. Altri, invece, tra cui anche pentastellati, la lettura e' totalmente opposta: la Lega continua ad alzare l'asticella. Insomma, la tensione e' alta.

Va pero' ricordato che fino a poche ore prima delle parole pronunciate dall'ex ministra leghista, dalla Lega era stata fatta filtrare l'irritazione - manifestata da Matteo Salvini allo stesso Draghi nel faccia a faccia di oggi a palazzo Chigi - per le 'bandierine' M5s. Trascorre poco tempo ed e' Salvini in persona a spiegare: "E' giusto non mandare in prescrizione i processi di mafia, ma per la Lega e' altrettanto doveroso prevedere che anche per i reati di violenza sessuale e traffico di droga i processi vadano fino in fondo". Linea ribadita al presidente del Consiglio, in una telefonata in serata. Fatto sta che si fa insistente l'indiscrezione di un accordo non piu' cosi' lontano, anche se ancora al di la' dall'essere raggiunto.

E cosi' il presidente della commissione, il pentastellato Mario Perantoni, su proposta del relatore, il dem Franco Vazio, ha preferito rinviare a domani mattina la seduta, parlando entrambi di "sintesi vicina". La sintesi, riferiscono fonti di maggioranza, si potrebbe raggiungere, tra gli altri punti, sulla improcedibilita' per i reati mafiosi, una delle richieste dei pentastellati. Forza Italia, spiegano, non avrebbe gradito, non si aspettava l'apertura leghista, mentre tra i dem c'e' chi sottolinea come la soluzione migliore sarebbe stata fissare un tetto ai gradi di giudizio.

La linea del Pd, comunque, e' chiara: la capogruppo Debora Serracchiani ha riunito i deputati, ribadendo che per i dem e' necessario che la riforma vada in Aula rispettando i tempi previsti. Fonti parlamentari di maggioranza osservano come sia stato il presidente del Consiglio in persona ad essersi speso per sminare il terreno, mediando tra le posizioni dei partiti, che rischiavano di irrigidirsi nei veti incrociati, ma ferma restando la priorita' del via libera alla riforma in tempi brevi.