Elezioni europee sondaggi vietati. Rumor: chi ottimista e chi trema. Esclusivo

Elezioni europee sondaggi vietati: incubo 26% per FdI. Pd, cauto ottimismo. La Lega vede la doppia cifra. FI...

Di Alberto Maggi
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Elezioni europee sondaggi vietati: ultimissimi rumor. I sentiment nei partiti sul voto dell'8-9 giugno

 

Alle ore 23.59 di venerdì 23 maggio è scattato il black out per la pubblicazione dei sondaggi sulle elezioni europee dell'8-9 giugno. Ma la campagna elettorale è sempre più infuocata, come dimostra ad esempio l'ultimo scontro tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein. I partiti continuano a studiare i trend e a cercare di capire come orientare il messaggio agli elettori negli ultimi giorni prima dell'apertura delle urne sabato 8 giugno alle ore 15.

In casa Fratelli d'Italia è ormai forte la convinzione che il sogno del 30% sia sfumato e la stessa Meloni ha più volte abbassato l'asticella dicendo che l'obiettivo è confermare il 26% ottenuto alle elezioni politiche del settembre 2022. L'impressione è che l'obiettivo sia alla portata anche se negli ultimi giorni, soprattutto dopo la figuraccia del redditometro con la sconfessione del fedelissimo della presidente del Consiglio Maurizio Leo, vice-ministro dell'Economia, inizia a serpeggiare qualche preoccupazione. Se Fratelli d'Italia dovesse restare sotto il 26% o magari scendere al 25 sarebbe certamente una sconfitta per Meloni che renderebbe la premier più debole sia a Roma con gli alleati di Centrodestra sia sui tavoli europei per i futuri equilibri dell'esecutivo a Bruxelles. Insomma, nel partito di maggioranza assoluta si punta a confermare il dato delle Politiche ma qualche timore di restare sotto comincia a serpeggiare.

Restando nella maggioranza di Centrodestra, nella Lega si respira un cauto ottimismo per tre motivi: la candidatura del generale Roberto Vannacci sembra funzionate, soprattutto al Centro-Sud, e potrebbe sottrarre qualche consenso di destra a Fratelli d'Italia. Il secondo motivo è l'approvazione del piano Salva-Casa che abilmente Matteo Salvini si è intestato a due settimane dal voto e che riguarda milioni di italiani e che trova il consenso di molte associazioni di categoria e che nei sondaggi viene vista come una misura apprezzata e apprezzabile. Il terzo motivo è l'imminente via libera all'autonomia regionale differenziata, fondamentale - malgrado le continue critiche della Cei - per recuperare consensi al Nord e in particolare nel Veneto di Luca Zaia, dove alle Politiche Fratelli d'Italia aveva più che doppiato il Carroccio. Non solo, lo slogan leghista 'Meno Europa, più Italia' pare funzionare (nonostante la denuncia di plagio da parte di Cateno De Luca e della Lista Libertà) considerando gli ultimi provvedimenti sulle case green (una mazzata per l'Italia) e sulle auto elettriche. In sostanza in casa Lega 'vedono' la doppia cifra, sono convinti, da Salvini in giù, di poter migliorare il dato delle Politiche e superare il 10% battendo Forza Italia.

Appunto, Forza Italia. Antonio Tajani, concreto e pragmatico, continua a dirsi ottimista e punta come obiettivo al 10% ma la bufera giudiziaria sul presidente della Liguria Giovanni Toti potrebbe in qualche modo incidere negativamente su Noi Moderati che sono alleati del partito fondato da Silvio Berlusconi tanto che nel simbolo c'è proprio la scritta Noi Moderati. Non solo. La concorrenza al centro del voto moderato, con la presenza in campo di Matteo Renzi e Carlo Calenda e delle loro due mini-coalizioni, rende difficile la corsa per gli azzurri. L'impressione in casa Forza Italia è che al Sud il risultato possa essere positivo, come abbiamo visto in Abruzzo e in Molise, ma al Nord potrebbero esserci delle difficoltà.

In casa Partito Democratico regna un cauto ottimismo. Nessuno immagina di diventare il primo partito d'Italia e di superare FdI, ma quel timore di qualche settimana fa di restare sotto il 20% o addirittura intorno al 19 sembra svanito. Schlein e i suoi fedelissimi sono convinti con le battaglie sulle riforme (autonomia e premierato) e soprattutto sui temi economici (salari e sanità) di aver trovato il punto chiave per poter consolidare un risultato soddisfacente, superiore a quello delle Politiche e con il numero due davanti. Anche se restano le contraddizioni per alcune candidature esterne che non sono piaciute a molti big storici Dem.

Nel Movimento 5 Stelle c'è grande ottimismo per il risultato nel Mezzogiorno, dove Giuseppe Conte punta perfino in alcuni casi sul sorpasso del Pd. Ma il problema è che - dicono - al Nord la situazione è più complicata. Diciamo dalla Toscana in su. Dove i temi come la difesa del vecchio reddito di cittadinanza non fanno certo breccia nell'elettorato. I 5 Stelle poi potrebbero pagare anche la difesa del Superbonus perché se da un lato è vero che per alcuni è stata una misura molti utile, dall'altro è passato il messaggio che i tagli e la mancata riduzione della pressione fiscale per molti cittadini (o comunque un taglio delle tasse poco incisivo) è stato proprio causato dai "danni", come dice Giorgetti, del Superbonus tanto caro ai pentastellati. Diciamo che in casa M5S si accontenterebbero del 15% anche se il timore è che alla fine la percentuale possa essere inferiore.

Sulle liste minori, Alleanza Verdi Sinistra è sicura di superare il 4%, la soglia di sbarramento per eleggere deputati al Parlamento europeo. Non tanto per la candidatura di Ilaria Salis ma in quanto unica vera forza a sinistra del Pd. Anche Renzi è ottimista con i suoi Stati Uniti d'Europa, grazie a Emma Bonino e a PiùEuropa, qualche timore in più per Carlo Calenda che però si dice certo di raggiungere il 5% (almeno nelle interviste televisive). La Lista Libertà di De Luca è un po' un'incognita, potrebbe fare il botto ed essere la vera sorpresa ma potrebbe anche restare sotto quota 4%. E comunque un 2,5-3% sarebbe un buon punto di partenza per costruire un'alternativa anti-sistema federata in tutta Italia con tante sigle e tanti movimenti.