Elkann con Mattarella e Giorgetti. 500 mln per salvare Mirafiori e Pomigliano

Elkann ha incontrato Mattarella e Giorgetti. Decisivo il ruolo del Quirinale per l'autorevolezza. Parole d'ordine: rassicurare e trattare

Di Alberto Maggi e Lorenzo Goj
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Elkann vede Giorgetti per capire i margini per un sostegno (incentivi) con la forza e l'autorevolezza politica e istituzionale del faccia a faccia con Mattarella. Nessun ingresso dello Stato in Stellantis

 

Rassicurare e trattare. Sono le due parole chiave per leggere la visita romana di ieri del presidente di Stellantis John Elkann, nipote dell'Avvocato Gianni Agnelli, proprio nel momento di massima tensione tra i vertici della società franco-italiana (più francese che italiana) e con le minacce neanche tanto velate di Carlos Tavares all'Italia e all'esecutivo. Il primo punto - secondo risulta ad Affaritaliani.it sui blindatissimi e riservatissimi incontri di Elkann con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti - è che non ci sarà nessun ingresso dello Stato nel capitale di Stellantis (che costerebbe 4 miliardi di euro).

La proposta del ministro del Made in Italy Adolfo Urso è caduta nel vuoto. Matteo Salvini è stato chiarissimo, "abbiamo già dato". Anche Forza Italia è contraria, come ha spiegato il capogruppo azzurro alla Camera Paolo Barelli ad Affaritaliani.it. Ma perfino Giorgia Meloni, spiegano da Fratelli d'Italia, non è affatto convinta (e nemmeno contenta) dell'uscita di Urso. "Già il fatto di incontrare Mattarella ha un peso politico e mediatico. E' chiaro che il Capo dello Stato non ha poteri esecutivi in queste materie, ma incontrarlo ha un significato politico e istituzionale molto forte in termini di autorevolezza", spiegano fonti qualificate.

Da un lato le rassicurazioni sulla volontà di lottare all'interno del cda di Stellantis per non disimpegnarsi dall'Italia, dall'altro la richiesta - in questo caso al titolare del Mef di maggiori incentivi per la produzione di auto elettriche per incrementare il volume di vetture prodotte (almeno fino a 800mila all'anno, difficile raggiungere quota un milione) e salvare i due principali stabilimenti italiani: Mirafiori e Pomigliano d'Arco.

Le ipotesi, stando a fonti parlamentari ufficiose e tutte da verificare, parlano di un possibile intervento pubblico intorno a 500 milioni di euro per poter agevolare la produzione dell'auto elettriche e/o a bassa emissione di valori inquinanti in modo tale che Elkann possa poi trattare con Tavares per non abbandonare l'Italia a favore della Francia. Una trattativa difficile, i soldi sono pochi, e molto riservata. Infatti non ci sono stati comunicati o veline né dal Colle né dal Mef.

Ma la lettura è questa: Elkann vede Giorgetti per capire i margini per un sostegno (incentivi) con la forza e l'autorevolezza politica e istituzionale del faccia a faccia con Mattarella. Nessun ingresso dello Stato nel capitale, insomma, ma trattative ai massimi livelli e riservatissime per tentare di non far precipitare la situazione e salvare, almeno in parte, l'automotive in Italia. Sempre in attesa di altri player che intendano investire nel nostro Paese. Ma al momento c'è l'ex Fiat, ovvero Stellantis, e quindi la visita a Roma di Elkann va interpretata con queste chiavi di lettura.

Stellantis, per Elkann l'ingresso dello Stato nel capitale di Stellantis è solo un sogno del governo

“Quale sarà il futuro degli stabilimenti di Stellantis in Italia?”. È questo, senza dubbio, il tema protagonista del vertice tra John Elkann, numero uno del gruppo automobilistico, e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella avvenuto ieri, martedì 6 febbraio. Ma siamo sicuri che non ci sia dell’altro?

L’incontro - avvenuto davanti al ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, l'ambasciatore Usa in Italia Jack Markell, il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri Teo Luzi e il governatore di Bankitalia Fabio Panetta - ha destato i sospetti dei più maligni data la straordinaria coincidenza temporale con le polemiche esplose proprio nel corso degli ultimi giorni dopo le parole del Ceo di Stellantis Carlos Tavares sulla fragilità degli impianti italiani.

E senza saper né leggere né scrivere, sempre ai più maligni è venuto da pensare: “Ma non si è trattato, forse, di un tempestivo tentativo di placare gli animi del governo dopo le parole del top manager sui rischi che corrono gli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori stoppato, poi, pochi giorni dopo mettendo i dipendenti in cassa integrazione fino al 30 marzo?”.   

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Ma tralasciando possibili dietrologie dietro il vero motivo dell’incontro, oltre al futuro degli stabilimenti proprio in queste settimane di argomenti “caldi” ne sono emersi a iosa. Ad esempio, l’ingresso del governo nel capitale di Stellantis. L’ipotesi, lanciata dal ministro del made in Italy Adolfo Urso, non troverebbe però riscontri concreti.

Fonti vicino al dossier, interpellate da Affaritaliani.it, hanno categoricamente smontato questa strada, spiegando che il presidente e maggior azionista John Elkann non avrebbe nessuna intenzione di vendere una quota, anche minima, della “sua” creatura allo Stato e che questo, dunque, non sia altro che un “sogno” del governo italiano.

Un altro punto che potrebbe stravolgere gli equilibri dell’intero mercato dell’automobile è, invece, una nuova fusione dopo quella con Psa (l’ex gruppo a capo di Peugeot e Citroen, tra i più noti). Il teatro dove trovare nuovi alleati rimarrebbe la Francia, ma questa volta l’attore lo farebbe Renault. Nonostante l’insistenza delle voci, secondo quanto risulta ad Affari, anche questa pista sarebbe totalmente da dimenticare.

Come spiegano autorevoli fonti vicine a Stellantis, infatti, il gruppo al momento non avrebbe la minima intenzione di eseguire un’altra operazione di questo tipo. Ma il mercato, si sa, è volatile e come successe con Psa, anche il colosso dell’automotive capitanato da Carlos Tavares potrebbe, in futuro, trovarsi nel momento propizio per prendere in considerazione una nuova fusione.

Tornando, invece, all’impianto di Mirafiori, la chiusura delle linee produttive e la cassa integrazione fino a fine marzo, spiegano fonti vicine all’azienda, non sarebbero da identificarsi in alcun modo con la solidità economica del gruppo. Il problema, infatti, sarebbero invece i prezzi troppo elevati delle auto elettriche prodotte. Da qui, dunque, l’importanza fondamentale degli incentivi