Fidanza (FdI): "Timmermans talebano sull'ambiente. Cambiamo l'agenda Ue"
"Timmermans è stato non solo il simbolo ma l’animatore di una transizione green imposta a tappe forzate da Bruxelles che sta procurando già molti danni"
Intervista di Affaritaliani.it a Carlo Fidanza, Capodelegazione di Fratelli d’Italia e luogotenente meloniano a Bruxelles, che sarà ospite a La Piazza di Affaritaliani.it a Ceglie Messapica
"Timmermans è stato non solo il simbolo ma l’animatore di una transizione green imposta a tappe forzate da Bruxelles che sta procurando già molti danni". L'Intervista a Carlo Fidanza.
Ieri alla notizia delle dimissioni di Frans Timmermans da Commissario europeo è stato tra i primi a commentare, con malcelato entusiasmo. Davvero le dimissioni del padre del Green Deal (che si candiderà alla guida della sinistra alle elezioni anticipate olandesi di novembre) possono cambiare l’agenda ambientale dell’Ue dei prossimi mesi?
"Noi ce lo auguriamo. Niente di personale ma Timmermans è stato non solo il simbolo ma l’animatore di una transizione green imposta a tappe forzate da Bruxelles che sta procurando già molti danni. Ancor più dopo lo scoppio della guerra, Von der Leyen si è dedicata all’Ucraina e Timmermans al cuore della linea politica della Commissione, spingendo sempre più sulle misure ultra-ecologiche proprio quando la doppia crisi - pandemia e guerra - avrebbe suggerito di rallentare e cambiare priorità. In fondo, ora lui scappa non solo per ambizione ma anche perché ha capito che i numeri in Parlamento non ci sono più. Rimangono sul tavolo i tanti provvedimenti, frutti avvelenati del suo estremismo, che vorrebbero approvare da qui al 2024 prima che cambi il vento e il centrodestra si rafforzi nelle urne delle Europee".
E riuscirete a fermarli o a modificarli?
"Ora, senza l’approccio talebano di Timmermans, speriamo si facciano largo buon senso e pragmatismo. Noi in Parlamento e il governo Meloni in sede di Consiglio spingiamo in questa direzione. Anche tra i rappresentanti di interessi, fino a ieri troppo accomodanti, c’è finalmente autocritica e una richiesta di maggiore gradualità. Nel concreto ci auguriamo che, complice la presidenza di turno spagnola alle prese con la difficile formazione del governo, il provvedimento sugli imballaggi che tanto penalizzerebbe le imprese italiane possa slittare fino alla prossima legislatura. Lo stesso speriamo per le nuove normative sulle auto Euro7 che continuano la folle corsa verso l’elettrico tutto e subito, insostenibile per le tasche di famiglie e imprese, con il rischio di decine di migliaia di nuovi disoccupati. Tra qualche giorno poi ripartiranno i negoziati sulla direttiva “case green”, che imporrebbe costi assurdi ai cittadini senza lo straccio di un incentivo".
E nel 2024 pensate di poter cambiare le cose?
"Sì, le prossime Europee saranno un referendum. Non pro o contro l’ambiente, perché noi conservatori amiamo la natura. Ma tra una transizione ideologica e in-sostenibile e una pragmatica, fatta con i cittadini e le imprese e non contro di loro. Tra chi ci vuole consegnare alla desertificazioni industriale e alla dipendenza dalla Cina e chi, come noi, vuole un’Europa forte con la sua industria e la sua agricoltura competitive".
I ministri Giorgetti e Fitto, dal Meeting di Rimini, hanno suonato il campanello d’allarme sulla necessità di arrivare urgentemente alla riforma del Patto di stabilità, pena conseguenze negative per l’Italia.
"Hanno ragione. Il fallimento delle vecchie regole che tornerebbero in vigore il 1 gennaio 2024 è testimoniato dal dato che mai il Pil europeo era cresciuto così tanto come nel post-pandemia, a Patto sospeso. Ma anche la nuova proposta su cui si sta trattando presenta delle insidie: se da un lato è vero che un approccio più flessibile nei tempi e nella valutazione delle varie situazioni nazionali viene incontro alle nostre necessità, dall’altro il fatto che questo meccanismo venga affidato alla Commissione e sottratto quindi al vaglio più politico del Consiglio è sicuramente un rischio per noi. Può sembrare un tecnicismo ma non lo è: in quella sede un governo italiano stabile e credibile come quello di Giorgia Meloni saprebbe evitare mosse draconiane. E poi rimane il grande tema: si chiede, o meglio si impone, ai governi di investire centinaia di miliardi nella doppia transizione verde e digitale ma non si scorporano quegli investimenti dal deficit. Idem per le spese militari. Inaccettabile".
Insomma, i fronti aperti con l’Ue sono sempre molti. Pare che a Francoforte e a Bruxelles non abbiano gradito le ultime mosse del governo italiano su banche e voli low cost…
"Sulla norma sugli extraprofitti il governo ha regolarmente informato la Bce come previsto dalle norme vigenti. Peraltro è colpa della Bce e della sua pessima scelta di rialzare continuamente i tassi di interesse se ci siamo trovati in questa situazione. Nel percorso parlamentare il testo verrà migliorato ma è giusto chiedere uno sforzo alle banche, soprattutto a quelle più grandi che non hanno adeguato i rendimenti dei conti correnti a fronte dell’aumento dei tassi. Quanto alla polemica con Ryanair e i vettori low cost, da anni ricevono lauti finanziamenti dalle amministrazioni locali per coprire tratte che le compagnie di bandiera non coprivano più. Così facendo abbiamo assistito a un forte smantellamento del trasporto aereo nazionale e ci siamo consegnati mani e piedi a chi ora vorrebbe dettare legge. Proviamo a invertire la rotta, senza intenti punitivi ma senza accettare ricatti. Soprattutto quando di mezzo non ci sono solo i turisti ma anche i cittadini delle nostre isole che hanno diritto di poter tornare a casa senza ipotecarla per pagarsi il biglietto".
Mi tolga una curiosità… a partire da questi provvedimenti si è molto parlato tra gli addetti ai lavori di quanto incida l’eredità della destra sociale in FdI e nel governo. Lei che in quel mondo ci è cresciuto, cosa ne pensa?
"I governi di centrodestra sono sempre stati una sintesi di politiche liberali e sociali. Gli esempi che abbiamo citato dimostrano che l’azione di governo si ispira alla difesa dell’economia reale e dei cittadini e questo per me è destra sociale. Lo è affidare al CNEL, il luogo massimo della rappresentanza sociale, il compito di redigere proposte condivise contro il lavoro povero, tra le quali mi auguro possa trovare spazio una storica proposta della destra come la partecipazione dei lavoratori agli utili. Lo è anche tagliare sussidi improduttivi come il reddito di cittadinanza - avendo sempre cura dei più fragili - per alzare gli stipendi più bassi a chi lavora; oppure chiedere di riequilibrare la NATO verso sud e varare il Piano Mattei per l’Africa. E potrei continuare".
Infine, non posso non chiederle del “caso Vannacci”. Sui social ha pubblicato una sua foto nella quale legge il libro del generale…
"Passato il polverone, il “caso Vannacci” ci da due indicazioni per il futuro: uno, che siamo
figli di una straordinaria cultura nazionale che evidentemente dobbiamo valorizzare di più e che non merita di essere ridotta alle considerazioni, in qualche caso volutamente grezze e persino banali, del generale; due, che i nostri non sopportano la cappa di conformismo politicamente corretto della sinistra e si schierano spontaneamente con chi la sfida. È principalmente una questione di narrazione perché, se andiamo a vedere l’azione di governo, sui temi importanti non ricordo un solo cedimento al mainstream. E lo dimostrano gli attacchi quotidiani della sinistra".