Fioroni seppellisce il Pd: "Ormai è ridotto a... 100 sfumature di rosso"

Il padre nobile della Margherita ad Affari: "Vanno recuperati i moderati"

di Paola Alagia
Politica

Fioroni demolisce il Pd: "Ormai è cento sfumature di rosso"

Non c’è dubbio che il terremoto in casa Terzo polo costituisca una freccia in più nell’arco degli sponsor del bipolarismo, a destra come a sinistra. A cavalcare subito l’onda, naturalmente, è stata Forza Italia, dopo aver accusato il colpo di addii eccellenti quali Gelmini e Carfagna verso il partito di Calenda. Ma, in realtà, un tentativo di serrare i ranghi lo si può leggere anche nelle parole del ministro della Difesa Guido Crosetto (“Non c'è bisogno di un nuovo centro. Fratelli d'Italia deve occupare, dimostrandosi sempre più aperto e inclusivo, anche il centro”, ha detto di recente al Corsera). E che dire del consiglio di Romano Prodi alla nuova inquilina del Nazareno? “Per vincere – ha detto senza giri di parole l’ex premier il 12 aprile scorso ad Avvenire - una coalizione è vitale, i moderati vanno recuperati”.

Posizioni che non preoccupano affatto Beppe Fioroni, l’ex ministro dell’Istruzione che, dopo l’incoronazione di Schlein alle primarie, ha abbandonato il Pd ed è tra i promotori della piattaforma popolare online “Tempi nuovi”. L’ex dem -  con realtà quali ‘Popolari in rete’ (di cui fa parte Giuseppe De Mita), ‘Insieme’ di Stefano Zamagni o il Centro studi Aldo Moro - è impegnato nella costruzione di una rete in grado di riunire, come spiega Fioroni stesso intervistato da Affaritaliani.it, “i popolari che dal ’94 in poi si sono divisi a causa dei meccanismi elettorali e che ora sono delusi da destra e da sinistra”. “Il bipolarismo e in generale le polarizzazioni sono un falso problema. La questione vera è la disaffezione al voto che sta indebolendo la nostra democrazia. Ma quando la gente non si reca alle urne – punge – è perché ritiene poco interessanti e coinvolgenti le proposte politiche”. 

Fioroni non si scompone di fronte alle parole di Prodi o a quelle pronunciata stamani da Luciano Violante (“Il Pd ha dentro di sé i cattolici democratici. Se non ci fossero non sarebbe più il Pd”, ha detto ad Agorà su Rai3): “Tentano di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. Entrambi hanno memoria di ciò che era il Partito democratico quando lo abbiamo fondato come sintesi delle migliori culture politiche. Tuttavia, adesso parlano di una formazione politica che non solo non c’è più, ma non è neppure recuperabile”.  Secondo l’ex responsabile Organizzazione della Margherita, infatti, “con l’elezione di Schlein e l’apertura a movimenti di sinistra radicali c’è stata una mutazione genetica del Pd che si è trasformato nel partito delle 100 sfumature di rosso. Per carità – aggiunge – tutto legittimo. Questo, però, fa sentire estranei i popolari, i cattolici democratici, i liberaldemocratici”.

Che tradotto significa nuovi abbandoni dalla casa dem verso il progetto popolare? Su questo Fioroni non si sbottona: “Il problema non è far spostare i pochi deputati cattolici rimasti nel Pd. La questione sono i tanti abbandoni che quotidianamente si registrano sui territori e che noi vogliamo intercettare.  Il nostro scopo è appunto riunire e ricomporre. Perché la cultura cattolica, democratica popolare e liberal-democratica nel nostro Paese vive un profondo disagio”. Stesso atteggiamento di understatement che l’ex inquilino di viale Trastevere riserva a eventuali diaspore da Azione e Italia viva: “Ci dispiace per il Terzo polo, speriamo ritrovino un modo di stare insieme”. Salvo poi rilanciare subito: “La nostra priorità adesso è prepararci a una grande aggregazione in vista delle elezioni europee”. Va in questa direzione, per esempio, l’attenzione al “lavoro di Letizia Moratti con le liste civiche o a quello di Cateno De Luca con il Sud”. 

Non è escluso che si arrivi a una lista unitaria. Fioroni stesso ci spera, ma predica prudenza: “Dopo settembre, sceglieremo insieme il percorso”. Prudenza di cui si spoglia quando si tratta di definire l’obiettivo del progetto popolare: “Noi vogliamo che gli elettori credano in qualcosa, riscoprano identità e appartenenza. Tutte questioni chiave per le quali, è evidente, le figure dei leader non bastano”. Proprio guardando alle leadership attuali, il politico cattolico non si presta al famoso gioco della torre, ma dice ugualmente la sua: “Meloni caratterizza bene il suo campo. Anche Schlein a suo modo lo fa. Bisogna prendere atto che rispetto a queste due new entry, invece, Renzi e Calenda non rappresentano una novità”. Morale? “Tocca fare uno sforzo per trovare una nuova classe dirigente. Ecco perché - conclude – noi guardiamo ai 30-40enni. Anche se la nostra caratteristica sarà ripristinare una dirigenza plurale in cui gli italiani possano riconoscersi”.

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