Tangentopoli 30 anni dopo, il suicidio di Cagliari e il carcere come tortura

Anche Borrelli e Di Pietro bocciarono il pm De Pasquale

Di Pietro Mancini
Politica
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Mani Pulite, il suicidio di Cagliari e le missive del San Vittore nel libro del figlio "Storia di mio padre"

Tutto iniziò, nel 1992, con l’arresto del Presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, Mario Chiesa, mentre intascava una mazzetta. Craxi, che lo aveva nominato, lo liquidò : “È solo un mariuolo”.

Chiesa - che ha 75 anni, mentre Bettino è morto, 22 anni fa, ad Hammamet - si offese. E vuotò il sacco.

In un sacchetto di plastica Gabriele Cagliari, Presidente socialista di ENI, infilò la sua testa, suicidandosi, dopo 4 mesi di detenzione preventiva a San Vittore.

Il 14 luglio 1993, Cagliari aveva reso una confessione, che incontrò le attese del pm, Fabio De Pasquale (ossia: menzionò Craxi) e il magistrato - che ha oggi 63 anni anni, messinese, in magistratura dal 1984, inviso a Di Pietro - spiegò ai legali che il detenuto, presto, avrebbe lasciato il carcere. Il magistrato cambiò idea, il giorno dopo, ma non avvertì neppure la difesa. Si limitò a passare al gip un parere, ancora una volta negativo, e qualcuno avverti i giornalisti. Il giorno dopo, l'avvocato di Cagliari apprese dalla radio che il pm si era rimangiato la promessa e che l'indomani sarebbe partito per le vacanze, a Taormina.

La notizia del suicidio di Cagliari sconvolse il Palazzo di giustizia milanese. 

Le ispezioni del ministero della Giustizia, prima, e i procedimenti, penali e disciplinari, poi, esclusero condotte illecite, da parte di De Pasquale, nei confronti di Cagliari. Quest’ultimo, però, in una delle lettere d’addio scritte alla moglie, prima di uccidersi, utilizzò parole durissime nei confronti dell’operato della magistratura inquirente: “La convinzione, che mi sono fatto, è che i magistrati considerano il carcere nient’altro che uno strumento di lavoro, di tortura psicologica, dove le pratiche possono venire a maturazione o ammuffire, indifferentemente, anche se si tratta della pelle della gente”.

(segue)

“Siamo cani in un canile – aggiunse il numero uno di Eni – dal quale ogni procuratore può prelevarci per fare la sua propria esercitazione e dimostrare che è più bravo o più severo di quello che aveva fatto un’analoga esercitazione, alcuni giorni prima, o alcune ore prima”.

Stefano Cagliari, figlio del Presidente Eni, ha pubblicato, per Longanesi, il libro, “Storia di mio padre”, scritto con Costanza Rizzacasa d’Orsogna, inserendo le lettere vergate dal  padre a San Vittore.

“Leggendo le ultime missive di Cagliari, il sentimento dominante, oltre a una sincera compassione, è il rammarico per una grande occasione perduta”, ha rilevato Carlo Nordio, già Procuratore generale di Venezia, candidato dalla Meloni al Quirinale.

In un’altra vicenda, bocciata anche da Borrelli, allora Capo della Procura, tenne De Pasquale tenne 9 mesi in cella Michele Colucci, socialista, poi prosciolto in Cassazione.

Anche Colucci, per il giudice Davigo, non era un innocente, ma un colpevole, che l’ha fatta franca. E le assoluzioni ? Di solito, sono degli “errori giudiziari”

Nulla da eccepire sul trattamento riservato all’ex assessore che, malfermo sulle gambe, fu trascinato a braccia nella calca dei cronisti. E, appena entrato in caserma, crollò a terra, per un edema polmonare. Venne a prenderlo un'ambulanza e il poveretto venne fatto ripassare, in barella, tra le forche caudine della stampa. La folla si strinse attorno a un corpo, privo di sensi, coperto da un lenzuolo, e un giornalista gli piazzò il microfono, davanti alla mascherina dell'ossigeno. 

In precedenza, De Pasquale aveva ottenuto, per Colucci, il provvedimento del confino, soluzione adottata, di norma, per i mafiosi. Dopo l’arresto, le sue condizioni si fecero molto gravi, ma l'atteggiamento della toga messinese rimase inflessibile, tanto che fece di tutto per spedirlo, comunque, in una cella di San Vittore, anziché in ospedale….

 

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