Governo Meloni, Giovanni Donzelli è in pole position per la guida di FdI

Secondo Donzelli gestire il partito attualmente è fondamentale, perché il consenso non si guadagna per diritto divino

di Vincenzo Caccioppoli
Politica

Chi è Giovanni Donzelli, il deus ex machina di Fdi in corsa per la guida del partito 

E’ da sempre uno dei più fedeli ed ascoltati collaboratori di Giorgia Meloni fin dalla fondazione del partito. A lui ha affidato il delicato ruolo di capo dell’organizzazione del partito sui territori. Il Donze, così lo chiamano gli amici più stretti, è stato il deus ex machina di campagne elettorali, eventi, kermesse (come quella riuscitissima di Atreju) e ha curato i legami tra il partito nazionale e le sue diramazioni locali.

47 anni (è nato il 28 novembre del 1975), sposato, due figli, ha cominciato giovanissimo a fare politica in Azione giovani. E da subito si è distinto per la sua coerenza, la sua capacità oratoria e la sua tenacia. Doti che evidentemente Giorgia Meloni, anche lei cresciuta in Azione Giovani, di cui è stata presidente nel congresso di Viterbo del 2004, deve aver subito notato e di cui ne ha fatto tesoro, quando si è trattato di fondare il suo nuovo partito nel 2012.

Di lui tutti elogiano la sua intraprendenza, il suo infaticabile attivismo, la sua capacità di mediazione e di sintesi, tutte doti che lo rendono inevitabilmente in pole position per una prossima nuova guida del partito di maggioranza relativa.

E lui certo non si tirerà indietro, come non ha mai fatto nella sua lunga carriera politica, iniziata in Toscana, la sua terra di nascita, come consigliere comunale a firenze prima nel 2004 e nel 2009 e poi come consigliere regionale nel 2015, Qui si distingue per alcune importanti denunce che coinvolgono il Pd toscano nei suoi vertici locali. Lo scandalo urbanistico di Firenze sui favoritismi urbanistici alla società di progettazione “Quadra” tra il 2007 e il 2009, che lui ha contribuito a fare venire a galla con le sue denunce, ha comportato condanne per esponenti di rilievo del Pd toscano, tra cui il capogruppo del Pd a Palazzo vecchio di quegli anni.

E’ un lavoratore instancabile, quasi come la leader, ma anche un attento studioso dei dossier che gli capitano, è preparatissimo sulla macchina burocratica locale e statale. Ed è per questo che sui giornali, nella convulsa e confusa lotteria dei lista dei ministeri, molti erano certo che proprio a lui fosse affidato il ministero per i rapporti con il parlamento, finito poi al capogruppo al Senato Luca Ciriani. Ma lui ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nel governo. Per lui, proprio ora, è altrettanto importante occuparsi del partito.

Ed è quello che con tutta probabilità accadrà dal momento che la cosa “mi diverte e mi appassiona”, ma anche perchè “lo reputo necessario”, come ha detto di recente. Secondo lui gestire il partito attualmente è fondamentale, perché il consenso non si guadagna per diritto divino.

"Oggi Giorgia è amata da tutti. Ma in questi anni abbiamo visto quanto sono volatili i consensi. I partiti, le leadership che si basano sul consenso raccolto con gli slogan sui social quando vanno al governo non scelgono per il bene dell’Italia, scelgono per il bene dei click. Noi vogliamo farlo per il bene dell’Italia e per questo motivo serve quel partito forte che abbiamo ricostruito in questi dieci anni”, spiega.

Tutto ciò nella piena consapevolezza che un partito forte è una esigenza necessaria più che mai adesso che è impegnato a guidare il paese. E lui è certamente la persona più indicata a svolgere un ruolo che già sta facendo egregiamente da anni. Ed è proprio dalle battaglie perseguite dal partito, che è riuscito a crescere dal 1,9% degli esordi al 26% delle ultime elezioni, che è iniziata la rincorsa a quel sogno che ora sta prendendo forma e corpo. E Donzelli è stato sicuramente uno dei cardini di questa incredibile rincorsa.

E’ da anni uno dei volti di Fratelli d’Italia che più di frequente compare nei salotti televisivi e nei talk show, ed è rarissimo vederlo in difficoltà con qualsiasi interlocutore gli si pari davanti. Ed adesso sembra quasi inevitabile che sia lui ad assumersi l'onore e l’onere di consolidare questo exploit del partito che in pochi anni è diventato il primo partito italiano. Il suo sforzo dovrà mirare a mantenere unita e compatta la squadra che compone il partito a livello nazionale e locale, per evitare che si possano verificare casi come quelli recenti della Lega o quello dei cinque stelle, che hanno più che in pochi anni hanno dimezzato le vette di consenso raggiunto. Sarebbe delittuoso sprecare i duri e lunghi anni di battaglie all’opposizione, gli ultimi in solitaria, che hanno permesso alla Meloni di diventare la prima donna presidente della storia repubblicana italiana.

Quel sogno che viene da lontano e che non può non partire dall’ormai celeberrimo congresso di Viterbo nel 2004, che ha visto la Meloni conquistare per soli 4 voti la presidenza, contro l'uomo appoggiato da Fini e da buona parte della nomenclatura di allora di An, Carlo Fidanza. In quel congresso lui fu uno degli indiscussi protagonisti e da lì è nata quella generazione di dirigenti, che oggi è chiamato a governare il paese: Andrea del Mastro delle Vedove, Nicola Procaccini, Fabio Rampelli, Francesco Lollobrigida, Adolfo Urso, il braccio destro della leader, Giovan Battista Fazzolari ed appunto lui, Giovanni Donzelli. Persone che smentiscono con i fatti, la solita storiella che il partito non abbia una classe dirigente all'altezza.

I bene informati raccontano che durante le convulse giornate di preparazione del governo nella stanza al sesto piano di Montecitorio, scelta come quartier generale dalla premier in pectore, lui, insieme a Lollobrigida e naturalmente il fidatissimo Fazzolari, fosse uno dei pochissimi ad avere libero accesso, oltre chiaramente alla fidatissima portavoce Giovanna Ianniello e alla sua assistente personale Patrizia Scurti.

Ma la fiducia che hanno in lui la Meloni e tutto il partito, Donzelli se l'è costruita, con il suo duro lavoro senza sosta per il partito, la costanza e la tenacia, che a volte lo hanno portato anche ad avere memorabili ed accese discussioni con i vertici, per difendere le proprie ragioni, da buon toscano verace qual’è, ma anche con la forza e l’autorevolezza conquistata sul campo in tanti anni di militanza attiva.

E adesso la Meloni sembra davvero intenzionata ad affidare a lui le chiavi del partito, a cui ha dedicato buona parte degli ultimi dieci anni della sua vita, certa che le metterà molto probabilmente nelle mani più sicure ed affidabili.

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