Governo Meloni: quale ruolo per Salvini? Il sentiero stretto della Lega

Fervono le trattative per la formazione del nuovo Esecutivo. Il piano per il rilancio del Carroccio nei consensi

di Vincenzo Caccioppoli
Giorgetti e Salvini (Imagoeconomica)
Politica

Salvini vuole tornare al Viminale, ma per rilanciare i consensi alla Lega potrebbe accettare una soluzione diversa
 

Erano davvero tese le facce degli esponenti leghisti che entravano alla chetichella al consiglio federale, convocato dal segretario Salvini ieri pomeriggio (mercoledì 4 ottobre) a Roma, per parlare di governo, nomine, cariche e potenziali ministri e probabilmente non solo di quello. E non poteva essere altrimenti, dal momento che il partito attraversa una delle sue più delicate fasi, forse quella più delicata da quando, nel 2013 ha assunto la carica di segretario, Matteo Salvini (poi riconfermato con un plebiscito nel 2017).

“Ma è proprio nei momenti difficili come questo, che un partito come la Lega, ha saputo sempre ricompattarsi e ripartire più forte di prima, sia nel momento del lungo regno di Bossi e sia in questi quasi dieci anni di leadership salviniana” ha detto un senatore molto vicino a Salvini all’uscita dal consiglio.

Tutti i maggiorenti del partito, malgrado le tante illazioni che vengono fatte, sembrano ancora ben compatti e coesi intorno al segretario, certo pur con alcune legittime critiche che vengono poste al segretario e alla sua politica in questi ultimi due anni. Ma alla fine tutti si ricompattano e restano fedeli al proprio leader, e non potrebbe essere altrimenti, sia perché i tempi per un eventuale congresso sono lunghi ed adesso con la formazione del governo alle porte sarebbe un gesto suicida, e sia perché all’orizzonte non si vede davvero chi possa sostituire l’attuale segretario in un ruolo così difficile e scomodo.

Anche perché malgrado ora sembra che Salvini sia nel mirino di tutti, occorre sottolineare come sia stata sua la felice intuizione di staccare la Lega dai suoi territori storici del nord, per provare ad espandersi anche in zone, come il sud o la Toscana, in cui la Lega raccoglieva percentuali da prefisso telefonico. In pochi anni Salvini è stato in grado di trasformare un partito, prettamente localistico e territoriale, in un grande partito nazionale, capace di superare il 34% dei consensi alle europee del 2019. Ma è proprio guardando a quell’incredibile exploit, che Salvini e la Lega stanno pensando a come uscire dalle secche di una situazione così complicata, come quella uscita fuori dalle urne del 25 settembre scorso.

Quel risultato, probabilmente irripetibile nei numeri, fu il risultato del duro lavoro sul campo del leader e arrivò dopo 11 mesi di governo con i Cinque Stelle, che evidentemente hanno soddisfatto l’elettorato. Perchè in quei mesi l’operato di Salvini al Viminale ha certamente, piaccia o no, ottenuto indiscutibili risultati, sul fronte del blocco degli sbarchi di immigrati, oppure la messa in atto dei decreti sicurezza (poi cancellati dal Conte 2), che da sempre rimane un tema carissimo alla Lega e alla sua base elettorale. Ma anche misure economiche, come la riforma pensionistica di quota 100, o le politiche sul turismo, portate avanti da un altro dei fedelissimi di Salvini, Gian Marco Centinaio, sono state sicuramente il carburante per l’exploit leghista alle europee.

Questo perché, di fronte al populismo e qualunquismo dei Cinque Stelle (come non ricordare l’esultanza di Di Maio & Co dal balcone di Palazzo Chigi o il viaggio sempre di Di Maio a Parigi con i gilet gialli?), che non a caso invece persero la metà dei consensi ottenuti alle politiche del 2018, la Lega era apparsa come la forza di governo più credibile e che tutto sommato aveva mostrato di rispettare, almeno in parte, gli impegni presi in campagna elettorale, e di essere diventato un partito del fare che anche una volta al potere non aveva perso il contatto con la realtà e i suoi problemi.

Non è un caso che i guai della Lega, siano cominciati quando il leader Salvini ha deciso di staccare la spina al governo (decisione che anche lì aveva il favore della grandissima maggioranza degli esponenti leghisti, Giorgetti in testa) gialloverde, per avvitarsi nella gestione di una crisi, che a molti è sembrata a tratti nevrotica (Il discorso di Conte al Senato, seguitissimo in diretta tv, è sembrato come il rimprovero di un maestro all'allievo indisciplinato) con un continuo tira e molla su come procedere, e dando il fianco alle interpretazioni più disparate come quella che Salvini si fosse pentito del gesto commesso e fosse disposto a tutto pur di tornare al governo.

Una impasse che certo ha minato la credibilità del leader e del suo partito e che ha permesso al Pd di arrivare ad un accordo con i Cinque Stelle per formare un nuovo governo, spingendo la Lega nuovamente all’opposizione. Da lì è cominciato un avvitamento del partito dentro ai suoi stessi errori e ai rimpianti di quello che poteva essere ed invece non fu. E questo non ha potuto che determinare una lenta, ma costante erosione dei propri consensi. L'adesione al governo Draghi nel febbraio del 2021 (su cui proprio Salvini aveva manifestato forti dubbi) è stato poi l’ennesimo errore dettato forse dal precedente e dalla volontà di tornare sulla ribalta, ma in realtà si è rivelata come la mazzata finale per il partito.

Ora però con la vittoria del centrodestra (anche se Fdi ha praticamente triplicato i consensi ottenuti dai suoi due alleati) e il nuovo governo a guida Meloni, Salvini e la Lega hanno di fronte due opzioni: o provare a governare, accettando un compromesso con gli alleati e senza peccare di eccessive richieste, per cercare di ottenere risultati nei posti che le verranno affidati, cosi da poter riconquistare una fetta del consenso perduto, oppure continuare ad intestardirsi su piccole rendite di posizione, come quella del Viminale, che rischiano di rendere la Lega ancora meno credibile agli occhi della gente.

Ma questo Salvini lo sa bene, e certamente non farà carte false per avere per sé il posto di ministro degli Interni, che è un posto in cui lui, malgrado le critiche di assenteismo rivolte da più parti, ha certamente ottenuto dei risultati apprezzabili e che ha contribuito a regalare a lui e al partito una crescita considerevole dei consensi. Così come la richiesta del ministero dell'Agricoltura, altro tema assai caro da sempre ai leghisti (come non ricordare la questione delle quote latte di Bruxelles) per il fidatissimo GianMarco Centinaio, nasce dalla consapevolezza che questa è una richiesta che arriva proprio dal mondo dell’agricoltura, che apprezza le sue conoscenze e capacità nel settore.

Solo da una vera azione incisiva in questo governo che nasce, può realizzarsi quella risalita nei consensi della lega e non tanto da un cambio del segretario, che potrebbe avere, come visto per esempio nel caso del Pd, un effetto ancora peggiore. Perchè la gente in un momento così delicato vuole dai politici la concretezza e la responsabilità, e non i capricci e le pretese di usare il bilancino per la formazione del governo. Qualcuno ha voluto, per denotare le crescenti difficoltà del segretario, sottolineare il pittoresco annuncio del vecchio segretario e fondatore Bossi, che proprio Salvini ha voluto candidare nuovamente al Senato, (merce rarissima la riconoscenza in politica) di voler dare vita ad un comitato del nord, che appare più un maldestro tentativo di far tornare indietro le lancette del tempo alla vecchia lega Nord e ai suoi rituali celtici, che una vera e propria iniziativa politica credibile. Ma quella Lega molto difficilmente potrebbe apparire come una forza credibile per contrastare le incredibili sfide che il nostro paese e il mondo intero devono affrontare.

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