Governo, unità nazionale sull'Ucraina? Una finzione, è scontro su tutto

Dal catasto agli appalti, dal green pass al fine vita: non c'è un dossier che metta d'accordo la maggioranza. E adesso ritorna in scena anche il Mes...

di Paola Alagia
Mario Draghi Senato (fonte Lapresse )
Politica
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Governo, dietro il paravento del conflitto in Ucraina volano gli stracci

Ultimatum e ricatti. Non parliamo del conflitto in Ucraina, però. Ma della sempre più complessa dinamica Governo-Parlamento in cui, appunto, fa capolino un lessico da guerra. Il casus belli? Le riforme da portare avanti, catasto e delega sugli appalti in primis. Al punto che oggi stesso il segretario del Pd Enrico Letta, quasi a voler scacciare infausti presagi, ha voluto chiarire di non essere preoccupato “per la tenuta dell’esecutivo”. Ma il solo tentativo di allontanare lo spauracchio di una crisi di governo, vuol dire che di fatto un rischio esista.

Insomma, dietro il paravento del conflitto in Ucraina e una parvenza di unità nazionale quasi obbligata dai venti di guerra che spirano alle porte dell’Unione europea, nella compagine che sostiene Draghi continuano a volare gli stracci. Al netto del fatto che pure il via libera in Parlamento alla risoluzione di maggioranza sulla crisi ucraina (con annesso ok all’invio di armi) ha lasciato sul campo pesanti distinguo, assenze strategiche e diffusi mal di pancia. Come leggere, ad esempio, se non come un segno di forte imbarazzo quel sostegno al Governo "con un grande dolore nel cuore” espresso dal capogruppo M5s al Senato Mariolina Castellone? Per tacere del voto addirittura contrario del presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, il Cinque stelle Vito Petrocelli.

Governo: dal catasto alla legge delega sugli appalti, ecco i fronti caldi

Comunque, se sulla guerra tutto sommato l’unità ha prevalso, è sul resto che l'esecutivo Draghi appare sempre più un gigante dai piedi d’argilla. Si è visto ieri con la riforma del catasto. Su questo dossier si è consumato, infatti, lo scontro con l’aut aut di Palazzo Chigi, piombato in commissione Finanze attraverso le parole del sottosegretario al Mef Cecilia Guerra, e l’altolà in primis della Lega che ha bollato come irresponsabile “minacciare la crisi di governo qualora non si approvasse così com'è la riforma”.

La legge delega sugli appalti, però, non è da meno. Su quest’altro fronte, in effetti, non è che si registri un livello di tensione più bassa. Stavolta a menare le danze è soprattutto Forza Italia che, dopo il muro dell’esecutivo agli emendamenti di maggioranza in commissione Lavori pubblici del Senato, ha minacciato addirittura, come ricostruisce oggi La Repubblica, di non prendere più parte ai lavori.

Intanto, proprio sul provvedimento il tempo stringe, tant’è che è atteso in Aula il prossimo 9 marzo. E non depone bene il nuovo slittamento della seduta di Commissione, inizialmente previsto per questa mattina alle ore 8.30. Tra i gruppi, come scrive l’agenzia Public Policy, era circolato nervosismo per i troppi pareri negativi del Mims o per riformulazioni non in linea con le richieste iniziali. Malumori anche per i troppi paletti posti dalla commissione Bilancio. In particolare, i gruppi hanno chiesto garanzie per un intervento sulla revisione dei prezzi per far fronte a eventi particolari e non prevedibili e un maggior coinvolgimento delle Pmi o delle imprese di prossimità per i lavori di più piccola entità. Sul tavolo, infine, rimane anche la richiesta dei Cinque stelle di ridimensionare il ruolo del Consiglio di Stato nel redigere il nuovo Codice.

E che dire del ddl Concorrenza? Draghi, è vero, il 15 febbraio scorso ha incassato in Cdm il via libera alla modifica delle concessioni balneari. Ma la Lega comunque non molla la presa. A gettare ombre sull’ok unanime in Consiglio dei ministri, infatti, i leghisti avevano subito messo in chiaro la necessità di intervenire sul testo in Parlamento. Non a caso, appena cinque giorni fa, il leader Matteo Salvini ha incontrato a Roma alcuni rappresentanti dei balneari. Obiettivo del colloquio? Migliorare il provvedimento approvato "con la determinazione di tutelare il lavoro, gli investimenti e i sacrifici di migliaia di famiglie italiane".

E pensare che proprio delega fiscale, ddl Concorrenza e riforma del Codice appalti, nei piani del presidente del Consiglio, rappresentano proprio “il blocco dei provvedimenti principali” per l’attuazione del Recovery plan. Lo charì in conferenza stampa il 19 febbraio scorso, tracciando un cronoprogramma che, a giudicare da umori, veti e paletti, non pare facile da portare a casa.

Governo: il green pass sarà il prossimo terreno di scontro

Di scintille pronte a innescare nuovi scontri e a far vacillare il già fragile Governo - come succede sempre per gli esecutivi a fine legislatura, inevitabilmente risucchiati nel fisiologico clima da campagna elettorale -, tuttavia, ce ne sono anche delle altre. Il Green pass è una di queste. La dead line per Salvini rimane il 31 marzo. E la linea è chiara: se la situazione migliora, basta restrizioni per chi lavora. Ma il tema è molto sensibile pure in casa M5s. Lo sa bene Giuseppe Conte che il 16 febbraio è stato inghiottito in un’animata assemblea dei gruppi proprio sulla carta verde.

Governo, sul fine vita la maggioranza che sostiene Draghi si è già liquefatta. Ma la vera mina è il Mes che sta per riprendersi la scena

Che dire, inoltre, della legge sul fine vita? Su questo fronte si sta addirittura riproponendo l’antica contrapposizione centrodestra versus centrosinistra. E la maggioranza che sostiene il Governo che fine farebbe? Non c’è dubbio, insomma, che il crinale possa diventare pericoloso soprattutto perché rischia di mandare in frantumi l’esecutivo.  Il campo, dunque, è abbastanza minato. Ma la mina più grossa deve ancora arrivare concretamente sul tavolo e si chiama Mes. Sì, proprio l’ex fondo salva Stati che diede il tormento all’ex presidente del Consiglio Conte.

A distanza di due anni, il Meccanismo europeo di stabilità è destinato a riprendersi la scena e forse a far naufragare la maggioranza. Da Bruxelles il richiamo all’Italia perché proceda alla ratifica del Trattato di riforma è già arrivato. E a Palazzo Chigi si è sentito. Tant’è che la settimana scorsa il ministro Daniele Franco spiegava: “Il Governo conferma l'intenzione di presentare il disegno di legge di ratifica". Un cerchio che si chiude o una voragine che si apre? Lo scopriremo presto.

 

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