"I fascisti volevano uccidere Meloni": ma la premier non era il loro capo, secondo i radical chic?

Le parole hanno un peso e spesso di questo non ci si rende conto

di Lisa Imparato*
Politica

"I fascisti volevano uccidere Meloni", ma per i radical chic la premier non dovrebbe essere il loro capo?

Quest’oggi la Nostra Nazione si è svegliata con una notizia: “I Fascisti volevano uccidere il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni!”. Questo sarà un problema per molti radical chic dei salotti televisivi, sì perché avendo questi ultimi sempre accusato il Presidente per un presunto credo, risulterà piuttosto difficile sostenere che coloro i quali avrebbero dovuto sostenere la stessa, in realtà, la vogliano ammazzare.

Le parole hanno un peso e spesso di questo non ci si rende conto, un accanimento di questo tipo non lo si era mai visto prima, una Donna non libera di postare una foto mentre accompagna la propria bimba a scuola, non libera di scambiare un gesto di amicizia in pubblico, non libera di vestire, non libera neanche più di restare in vita.

LEGGI ANCHE: I limiti delle Autorità di Vigilanza: il dossier Signa Group (un esempio emblematico degli alti e bassi del mercato immobiliare)

 

Siamo in una nazione ancora in cui per essere ritenuti credibili è necessario farsi ammazzare? La storia ha insegnato con il passar del tempo che grandi uomini uccisi, di molteplici settori, erano stati volontariamente isolati, lasciati soli dagli stessi colleghi/amici che forse di quelle morti ne hanno in parte anche beneficiato e goduto per avere una credibilità di categoria.

Questa vicenda deve far riflettere ed insegnare anche un altro aspetto. Coloro i quali per ruolo hanno la possibilità di parlare tramite i mezzi di comunicazione di massa hanno un potere di influenza, spesso, molto più ampio di quello che gli stessi possono pensare. Nelle trasmissioni televisive emerge chiaramente che, per realizzare una contrapposizione che possa creare audience o andare in hype sui social network, gli ospiti di alcuni programmi televisivi usino artatamente espressioni più che mai forti, al fine di essere “scelti” dalle redazioni giornalistiche quali residents.

Questi ultimi dovrebbero però conoscere un minimo di criminologia spicciola per comprendere un concetto semplice. Tra i milioni di telespettatori esiste una piccolissima percentuale che è affetta da forme di devianza, pertanto, alcune parole “trigger” possono innescare delle reazioni spropositate o sproporzionate.

Il soggetto patologico si crea una rappresentazione interiore della realtà che non corrisponde al contesto ambientale e che, per questo motivo, lo stesso risponde “alla chiamata” che reputa di aver ricevuto come un atto obbligato, un ordine, che si deve compiere a qualsiasi costo, anche a rischio della propria incolumità personale. In sintesi, un soggetto normale ha i filtri per razionalizzare la rabbia, una persona affetta da devianza non sempre.

Per cui tutti, coralmente, dovrebbero esprimere una solidarietà al Nostro Presidente, perché si è superato qualsiasi limite, perché quando si vuole toccare un Presidente del Consiglio, non si tocca soltanto la persona, ma si tocca l’intera Nazione.

*Sostituto procuratore della Repubblica e consulente giuridico per la formazione del Ministero della Difesa

Tags: