Il Pd cambia nome. Letta si riprende Mdp e unisce Conte, Calenda e Renzi

Primo step le Amministrative, obiettivo le Politiche per battere le destre di Salvini e Meloni

Di Alberto Maggi
Enrico Letta
Lapresse
Politica
Condividi su:

Tutto ruota attorno al progetto delle "Agorà democratiche", nato quasi in sordina come se fosse il solito tentativo del Partito Democratico di apparire meno elitario e meno da salotti buoni e maggiormente legato al territorio, alla base e al popolo. Poi con l'estate le Agorà hanno iniziato a lavorare da Nord a Sud, spinte da Nicola Oddati, ex coordinatore della segreteria di Nicola Zingaretti e al quale Enrico Letta ha affidato la guida del progetto, per preparare il terreno in vista delle elezioni amministrative e con il voto dello scorso 3-4 ottobre i risultati si sono visti.

La vittoria del Centrosinistra, che Enrico Letta ha ribattezzato "nuovo Ulivo" anche per un legame storico ed emotivo con un passato non lontano di successi, nasce proprio da questo lungo cammino, un percorso che riportato il Pd a essere la prima forza politica del Paese e nel quale, in sordina, ha giocato e sta giocando un ruolo fondamentale anche Zingaretti.

L'obiettivo, ovviamente, sono le elezioni politiche del 2023 e la sconfitta della destra di Salvini e Meloni. Il primo banco di prova, superato brillantemente, sono state le Amministrative e i sentiment sui ballottaggi sono ottimi. La strategia, il progetto, è quello di includere e ampliare il fronte riformista e progressista, proprio come sta accadendo in queste settimane con esperimenti interessanti ad esempio in Sicilia e in Calabria.

Il primo step, dato ormai quasi per scontato, è il rientro all'interno del Pd di Articolo-Mdp, ovvero del ministro Roberto Speranza, dell'ex presidente del Senato Piero Grasso e di altri big di sinistra tra i quali Pierluigi Bersani, che ha annunciato di non volersi ricandidare alle prossime elezioni, ma che sicuramente insieme a Letta (storica e vera la loro amicizia) è artefice di questo ritorno a casa. Si vedrà che cosa vorrà fare l'altra metà di LeU ovvero Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni, mentre il loro deputato Palazzotto è già rientrato nel Pd proprio attraverso Oddati. Le porte certamente non sono chiuse.



Nel rassemblement neo-ulivista certamente ci saranno anche i 5 Stelle di Giuseppe Conte, come ha spiegato Michele Emiliano ad Affaritaliani.it, che queste elezioni hanno dimostrato come non possano più svolgere il ruolo del terzo polo. Il cammino è tutto da costruire, ma il modello Napoli con l'elezione di Gaetano Manfredi, ex ministro del governo Conte II, con percentuali bulgare è la strada da seguire. Non solo rose, ma anche spine.

Nel raggruppamento, oltre ai Socialisti ed Europa Verde, dovrebbe entrare anche l'ala moderata e liberale, rappresentata da Azione di Carlo Calenda e da Italia Viva di Matteo Renzi, oltre a Più Europa, che, a differenza di Articolo 1-Mdp, manterranno la loro autonomia, magari unendosi tra loro, pur nella coalizione, ma senza tornare nel Pd. Il problema è che praticamente tutti i giorni sia Calenda sia Renzi sparano alzo zero sui 5 Stelle in particolare sull'ex presidente del Consiglio, creando non pochi problemi a Letta nelle vesti di costruttore del nuovo rassemblement.

Ma la strada è segnata e, come dimostrano le elezioni amministrative, per battere le destre serve anche l'area del civismo di centro, oltre a quello che resta dei pentastellati e alla sinistra. Un minimo comun denominatore dovrà essere trovato per forza. E, ultimo tassello non affatto banale, un congresso del Partito Democratico che potrebbe tenersi dopo l'elezione del presidente della Repubblica e prima che si inizi a ragionare sulle liste per le Politiche, non è escluso che decida di cambiare il nome del Pd, proprio per proseguire nel percorso iniziato con le "Agorà democratiche" e che sfocerà nel nuovo, ampio, fronte riformista, progressista e liberale.