Stipendi e pensioni indicizzati all'inflazione. Il progetto. Esclusivo
Il governo Meloni lavora a un ritorno della scala mobile
Serve uno strumento che tuteli lavoratori e pensionati. Il progetto allo studio di Mef e Palazzo Chigi. Esclusiva Affaritaliani.it
Un progetto ancora allo studio. Riservatissimo. Il ministero dell'Economia e delle Finanze in stretta collaborazione con Palazzo Chigi sta valutando dal punto di vista tecnico la fattibilità di una misura, da introdurre eventualmente il prossimo anno laddove l'inflazione non dovesse dare segnali di discesa, davvero rivoluzionaria. Una sorta, per certi versi, di ritorno al passato.
Si tratta dell'indicizzazione di stipendi e pensioni - almeno entro una certa cifra di reddito annuo, non per i più ricchi - al costo della vita e alla corsa dei prezzi. In sostanza, anche se con modalità differenti, sarebbe un ritorno alla storica scala mobile che nel 1975 venne unificata agli altri settori (fino ad allora era applicata solo al comparto bancario) con un accordo stipulato tra la Confindustria e le tre maggiori organizzazioni sindacali: CGIL, CISL e UIL. La scala mobile fu abrogata nel 1985 con un referendum popolare e cancellata definitivamente con la firma del protocollo triangolare di intesa tra il Governo Amato I e le parti sociali avvenuta il 31 luglio 1992.
Il governo Meloni non sta pensando di riproporre esattamente il provvedimento storico delle battaglie sindacali e della sinistra comunista, ma di fronte a un'inflazione ormai stabilmente sopra il 10% (inflazione importata da cause esterne, come la guerra in Ucraina e il boom dei prezzi di gas e luce, e non da una forte crescita economica) serve uno strumento che tuteli lavoratori e pensionati, sicuramente delle classe più disagiate ma anche della cosiddetta classe media (i dirigenti, i manager e chi percepisce pensioni d'oro verrebbe escluso dalla misura).
Le prime ipotesi sono quelle di una indicizzazione bimestrale al costo della vita, che non sarà esattamente pari al tasso di inflazione ufficiale comunicato dall'Istat ma che comunque aiuterà una gran parte di cittadini. D'altronde, per le pensioni, oggi l'indicizzazione, annuale, è pari al 7,3% per il 2023 a fronte di un'inflazione oltre il 12%. Ovviamente, come sempre in questi casi, il problema è quello delle coperture finanziarie.
Escluso un altro scostamento di bilancio, che l'Europa non accetterebbe e che farebbe crescere immediatamente lo spread tra Btp e Bund tedeschi, il lavoro è concretato soprattutto sul taglio o sull'eliminazione dei tantissimi incentivi e bonus che sono stati introdotti negli anni. Più verranno trovate risorse e più potrà essere amplia la platea di chi beneficerà del provvedimento.
Probabile anche diverse percentuali di indicizzazione (che sarebbe quindi graduale), più alte per chi percepisce salari e pensioni più bassi e meno elevate man mano che il reddito sale. Come detto, siamo ancora allo studio della misura che non sarà nella Legge di Bilancio ma che potrebbe prendere corpo nel corso del 2023, sempre che non ci sia un'improvvisa discesa dell'inflazione e dei prezzi dell'energia (ad esempio se si arrivasse alla fine, al momento difficile, del conflitto Mosca-Kiev).