La Legge sul giorno dell’unità nazionale e la confusione protocollare

Verso una legge per nominare il 4 novembre come “Giorno dell'unità nazionale e delle Forze armate”, ma non c'è novità: quella giornata si celebra da anni

di Enrico Passaro
Politica

Verso la legge sul giorno dell’unità nazionale

Si apprende dalle fonti parlamentari che è in dirittura d’arrivo una legge per nominare il 4 novembre “Giorno dell'unità nazionale e delle Forze armate”. Quale sarebbe la novità? Già da anni la celebrazione del 4 novembre era dedicata, anche protocollarmente ai nostri soldati. Ricostruiamo la storia. La legge 27 maggio 1949, n. 260, aveva già istituito il giorno festivo in quella data, intitolandolo “Giorno dell'unità nazionale”.

La stessa legge stabiliva che “gli edifici pubblici sono imbandierati nei giorni della festa nazionale, delle solennità civili e del 25 aprile, 1 maggio e 4 novembre”. Una successiva legge del 1977, la n. 54, sopprimeva il giorno festivo (non lavorativo) per le date del 2 giugno e del 4 novembre, trasferendo le celebrazioni alla prima domenica dei due mesi. Il provvedimento accompagnava la soppressione di alcune festività religiose (Epifania; S. Giuseppe; Ascensione; Corpus Domini; SS. Apostoli Pietro e Paolo) che pure riempivano il nostro calendario di date in rosso. Quella legge provocò immediata ribellione popolare, non per le festività civili pur molto importanti del 2 giugno e del 4 novembre, bensì per l’abolizione sacrilega della Befana. Cosicché, a seguito del nuovo Concordato con la Santa Sede del 18 febbraio 1984 ed a furor di popolo, l’Epifania del 6 gennaio ritornò in auge con un DPR del 1985, insieme ai SS Pietro e Paolo (ma solo per la città di Roma).

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Si dovette attendere una legge del 2000 (n. 336) e la caparbia attenzione verso i simboli nazionali da parte del Presidente Ciampi, per ripristinare la festa nazionale della Repubblica come giorno festivo del 2 giugno, mentre il 4 novembre rimase lavorativo.

Una circolare del Cerimoniale della Presidenza del Consiglio sottolineò che 2 giugno (Anniversario di fondazione della Repubblica), 4 novembre (Festa dell'Unità nazionale) e 25 aprile (Anniversario della Liberazione) sono celebrate nella capitale ed in tutte le città capoluogo di provincia come “feste nazionali civili”. Giornate importanti, dice il protocollo, nelle quali gli edifici pubblici sono imbandierati, dove possibilmente viene effettuata l’illuminazione di gala, gli insigniti di onorificenze OMRI ne indossano le insegne e anche nelle ambasciate all’estero si svolgono cerimonie ufficiali. Viene sancito che in queste date il Presidente della Repubblica depone una corona d’alloro all’Altare della Patria, presso il sacello del Milite Ignoto.

È lo Stato repubblicano che celebra degnamente la storia patria.

Tornando alla decisione attuale della dedica del 4 novembre alle Forze armate, bisogna precisare che già nel 1946, in un Consiglio dei Ministri del 12 ottobre, il Governo De Gasperi sancì che “il giuramento delle Forze Armate alla Repubblica e al suo Capo si effettui il 4 novembre p.v.”.

Per inciso, nello stesso provvedimento si aggiunse, per rendere onore a quella data “…e che, provvisoriamente, si adotti come inno nazionale l'inno di Mameli”. E sì, perché l’Italia repubblicana uscita dal referendum non aveva ancora un suo inno nazionale e aveva necessità di sostituire immediatamente la Marcia reale di provenienza sabauda. Sempre per inciso, quel “provvisoriamente” riservato al nostro inno di Mameli rimase tale fino alla legge n. 181 del 4 dicembre 2017 che, vivaddio, approvò definitivamente “Il canto degli Italiani”.

Ma non ci distogliamo dal tema “4 novembre”. In sostanza l’evento dell’Altare della Patria in quella data è da anni dedicato anche alle Forze armate. Tanto è vero che (solo gli addetti ai lavori lo sanno) il Capo dello Stato dopo la deposizione si avvicina a salutare prima le autorità militari presenti sul sacello (sul lato sinistro) e poi le autorità civili (sul lato destro) contrariamente alla prassi prevista il 25 aprile e il 2 giugno, proprio per omaggiare specificamente in quella data prima i nostri militari. Inoltre, il nostro Ministero della Difesa è solito organizzare in quel giorno una serie di manifestazioni celebrative in tutto il Paese, tra cui visite di caserme, esecuzioni bandistiche ed altro.

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E allora perché tanto puntigliosamente alcuni parlamentari da tempo stanno lavorando per l’approvazione di una legge che ufficializzi questa soluzione? Difficile spiegarlo e comprenderne l’urgenza, così come è poco spiegabile perché in Italia abbiamo due ricorrenze civili dedicate alla “Unità nazionale”: il 4 novembre, appunto, fin dall’anno 1949, come abbiamo visto; e il 17 marzo, giorno della nascita del Regno d’Italia (1861), a seguito della legge 22 novembre 2012, che ha istituito la “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera”.

Quanto zelo parlamentare, quanto fervore di iniziative intorno ai simboli della nazione, fin da quel “provvisoriamente” riservato al nostro inno. Non si nasconderà qualche senso di colpa dietro tutto ciò? Forse, ma soprattutto si palesa tanta confusione e scarsa attenzione protocollare.

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