La voce dei nostri. Lettera al Generale Vannacci

Il sasso che lei pensava di lanciare in uno stagno sta provocando un maremoto

Di Paolo Diodati
Politica

Il suo caso è così coinvolgente e importante, che si rischia di scrivere un commento lungo quasi come il suo libro. Mi limiterò...

 

Caro Generale Vannacci,

                                        il suo caso è così coinvolgente e importante, che si rischia di scrivere un commento lungo quasi come il suo libro. Mi limiterò, quindi, a pochi aspetti:

  • il caso letterario che è anche il primo affrontato da Belpietro;

Il sasso che lei pensava di lanciare in uno stagno e che sta provocando un maremoto;la notevole e bellissima assonanza (stessi concetti, stesse espressioni) tra il suo amore per certe tradizioni italiane e concetti presenti in un testo dedicato agli isolani di Stromboli, molto apprezzato da Giorgio Napolitano, abituale frequentatore dell'isola nella pausa estiva di luglio e scelto come lettura in varie giornate in difesa della lingua italiana.

Belpietro fa diverse critiche alla sua prosa, sintetizzandole nella previsione che il suo libro non passerà come un classico della nostra letteratura.

Un vero classico come I promessi sposi, dall'incipit melodioso, divenne tale per la perfezione raggiunta in quasi 40 anni di ritocchi. Per la difficoltà delle previsioni, non sottoscriverei le parole di Belpietro. Basti ricordare lo strepitoso successo  del libercolo Porci senza ali che nessuno avrebbe potuto prevedere. Certo, c'era da notare l'eliminazione di un qualsiasi incipit più o meno accattivante, sostituendolo con questo esordio rivoluzionario: “Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo” e giù parolacce d'ogni tipo sul nome del buco paradisiaco e su ogni tipo di masturbazione che la Ravera scriveva al femminile e Lombardo Radice traduceva al maschile. Forse i meriti storici per un libercolo messo in operetta e ispiratore di un film, stanno anche nell'aver dato l'avvio alla dilagante Cazzomania...

Belpietro le rimprovera anche di non essere stato abbastanza diplomatico, dicendo pane al pane e vino al vino. Afferma che motivando adeguatamente certe affermazioni non avrebbe sollevato tanto polverone. Fossi in lei chiederei a Belpietro come avrebbe dovuto dire, per evitare polemiche furibonde “la Egonu è italiana, ma i suoi tratti somatici non lo sono”, così... tanto per imparare.

Penso che lei volesse far discutere su certi problemi e non immaginava che, in un paese in cui vive benissimo, che ama anche perché maestro di civiltà e in cui c'è libertà d'opinione, scendesse in campo, per punirla, addirittura il Ministro della Difesa, diventato, all'occasione e contro lei, il Ministro dell'Offesa. Con la Piaciona e lo Sgarrante della Costituzione che parlano sempre troppo e di tutto, in questa occasione che passerà alla Storia, muti come pesci morti,

La decisione precipitosa di rimuoverla, senza esitazione e senza un procedimento ufficiale con un comunicato che la dice lunga su chi l'ha scritto (Crosetto) “I pregiudizi sono vietati a un soldato”, autentico autogol in quanto è lui ad averne sul suo libro.

Comportamento degno dell'alleato Zelensky che non si sa quanti collaboratori ha rimosso da quando è in guerra.

Crosetto è scivolato su una buccia di banana, Per uno del suo peso, cadere può essere pericoloso. L'improvvisato Ministro forse avrà dalla sua la minoranza chiassosa di una certa sinistra, ma s'è giocato il consenso della maggioranza silenziosa. Ed è a questa maggioranza che ha dato voce il suo libro, Signor Generale.

Ho apprezzato, a differenza di Belpietro, la sua logica cartesiana o scientificamente moderna. Lei osserva, parla di fatti evidentissimi che non dovrebbero suscitare polemiche. Sarei davvero curioso di assistere a un dibattito con lei da una parte, e la Troika (Crosetto, Meloni, Mattarella) dall'altra. Si vedrebbe chi ha pregiudizi.

Non so se il Direttore farà pubblicare il testo de La voce dei nostri, scelto come lettura in diverse giornate ufficiali in difesa della lingua italiana impreziosito dalla ritmica melodica del Genio della musica leggera (Lucio Battisti, chi...se non lui?) e addirittura metterà a disposizione l'audio.

Concludo, caro Generale, ricordando il famoso, brillante e micidiale giudizio su Freud: “Non so se Freud ha capito i complessi del mondo, ma so che il mondo ha capito i complessi di Freud.”

Adattato al suo caso, diventa: “Non sappiamo se Crosetto & C hanno capito le idee del Gen Vannacci, ma il Generale e la maggioranza silenziosa, hanno capito le idee di Crosetto & C.

 

Ad maiora, Signor Generale!

 

La voce dei nostri, testo letto anche alla Giornata della lingua italiana, in totale sintonia con le motivazioni che hanno spinto il Gen  Roberto Vannacci a ficcarsi nei guai.

 

 

LA  VOCE  DEI  NOSTRI

 

Potete pur  privarmi del mio letto, sedia, denti e tetto.

È niente.

Ché il tutto è riposto in tanti dolci suoni.

Lingua che sei straniera,

io sì lo so, vorrei  distinguerti sempre dalla mia,

perché la mia non muoia.

Lingua dove il “sì” suona, con dolci gamme per ogni sfumatura

dei sentimenti  umani.

Lingua che mi sei cara da quando,

appena schiusi gli occhi, 

ascoltavo i miei.

La tua dolcezza è un persuadendo gli infiniti suoni,

nostre bell’espressioni,

a non scordare, a non abbandonare.

La nostra lingua è tutto

e nel momento in cui me la strappate,

la nostra immagine muore allora

e tutto macera, fino alla sparizione.

 

Affiora il remo lasciando gocce sulla sua immagine sull’onda

che si smorza avvicinandoci e spingendoci più a riva.

Portiamo il pesce,

ch’è di questo mare, cioè del Mare Nostrum.

Comprate il nostro pesce, al gusto del sapore antico,

da un viso consumato al sole, al sale, alla sofferenza.

Bevete il nostro vino, comprate il nostro pane,

perché è un tramandare

al mondo questo e quello.

 

È  in quel vociare chiaro, che ascolto al porto,

l’identità isolana.

In quella pace vengo a ritrovare,

casalingo e familiare, l’antico focolare.

Non voglio luci.

Quest’isola superstite ha il suo ritmo che si manifesta

e rispetta l’ordine della natura. 

E, come tutti i perdenti,

tende a scomparire…

cerchiamo di tenerla intatta, rifiutiamo

di globalizzarla, rifiutiamo!

 

 

E la voce dei nostri, ragazzi,

facciamo ricorso ai miracoli,

non facciamo svanire, non uccidiamo

i bei vocaboli,

ché dà vita quella voce ai vostri volti

ed al passato.

Parlami, la nostra lingua, dei nostri avi parla.

Perché non svaniscan le cime,

le vette dei romanzieri, dei poeti.

 

Private un povero del suo letto e tetto,

sempre vive…

Globalizzando il linguaggio, vive il vincitore e stende

un velo, il sudario, sul perdente.

Lui spadroneggia e muore quell’universo che ha cantato

il nostro Dante a Dio.

Muore pure L’Infinito, ché, tradotto, non vive,

non è Infinito, appunto. 

La morte canto io perché, globalizzando,

la morte è il suo riassunto.

 

Et in mercatum animum non potest,

non habuit imperio…

Il cuore sul mercato non ha imperio,

non ha nessun comando…

The heart has no control on market,

no rule of heart exists…

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